«Con l’acqua e i pesci l’agricoltura è più sana e redditizia»

«Con l’acqua e i pesci l’agricoltura è più sana e redditizia»

In alcune vasche ci sono i pesci, in altre le piante. In mezzo, un sistema di filtraggio e pompe che depura l’acqua dei pesci e utilizza gli scarti per fertilizzare le piante. La tecnica dell’agricoltura acquaponica (crasi tra acquacoltura e agricoltura idroponica), ridotta all’osso, è tutta qui, con l’aggiunta dell’energia. La tecnica ha utilizzi antichi, anche se è stata perfezionata agli standard attuali negli anni Novanta del Novecento. Proprio su questa tecnologia ha deciso di puntare un’impresa italiana ospitata da Alimenta, l’incubatore tecnologico del Parco Tecnologico Padano, dopo aver vinto una selezione. L’impresa si chiama Mondo Migliore e opera da anni nel mondo delle energie rinnovabili. Da un anno, però, ha deciso dedicarsi all’acquaponica, con una divisione – Agricoltura 2.0 – destinata a diventare un’azienda autonoma. Che ha ambizioni alte: «Contiamo di avere, tra cinque anni, un fatturato di 10 milioni di euro», dice il “team leader” Davide Balbi.

Davide Balbi: «La gente vuole cibo vero, organico al 100%, e noi siamo in grado di creare uno standard puro»

Il motivo della fiducia deriva innanzitutto dalle caratteristiche degli alimenti. «Abbiamo in programma una serie di test, sarà l’operazione più importante nel genere a livello mondiale – racconta -. La gente vuole cibo vero, organico al 100%, e noi siamo in grado di creare uno standard puro». Gli effetti si avranno, spiega, sul gusto dei prodotti agricoli e soprattutto sulla salute. Ma anche sul portafoglio degli agricoltori, a causa del maggior numero di raccolti che si possono realizzare durante l’anno, e quindi, grazie alla possibilità di vendere i prodotti fuori stagione. Sul sito della società si fanno anche esempi concreti: nel caso dei pomodori, con l’agricoltura convenzionale (intensiva) in 36 metri quadrati si ottengono 600 kg all’anno; con la tecnica dell’acquaponica in 24 metri quadrati, considerando cinque cicli di raccolto, i kg arrivano a 1.920. Per la lattuga, invece, la resa è pari a circa il doppio. La simulazione di Agricoltura 2.0 considera il caso di una coltivazione particolarmente redditizia, quella dello zafferano, unita a quella della lattuga (per 233 mq coltivabili) e all’allevamento di pesci (trotelle), su 117 mq. In quel caso il costo, pari a poco meno di 50mila euro per una serra da 500 mq, si ripagherebbe addirittura in 36 mesi, grazie ai 33mila euro che deriverebbero all’anno dallo zafferano. 

«C’è un risparmio dell’80% rispetto all’agricoltura convenzionale, grazie al riciclo e alla depurazione dell’acqua utilizzata»

I frutti e la verdura fuori stagione non sanno di eresia, dopo le lezioni impartite da Slow Food? «Noi siamo in grado di far crescere prodotti in serra in tutti i mesi. In questo modo evitiamo l’impatto ambientale dei trasporti, che nel caso di frutta come le fragole avvengono in aereo, che è molto inquinante», rispende Balbi. Uno degli slogan della società è “Il mango in montagna”, a sottolineare che si può produrre di tutto ovunque. E i consumi di energia per riscaldare le serre e alimentare gli impianti? Ci sono, risponde il titolare di Mondo Migliore, ma si possono abbattere con l’installazione di impianti di energia solare. Rimane l’acqua: è un sistema che ne richiede molta? «Al contrario, c’è un risparmio dell’80% rispetto all’agricoltura convenzionale, grazie al riciclo e alla depurazione dell’acqua utilizzata», spiega Balbi.

MESSAGGIO PROMOZIONALE

Il modello di business dell’impresa prevede un primo passaggio da grossista tradizionale. Ma il secondo step è innovativo. «Vogliamo creare un sistema di franchising. Metteremo a disposizione le tecnologie e l’assistenza». Il franchisee, cioè l’agricoltore che sottoscriverà il contratto, curerà il rapporto con il cliente. Ma anche in questo caso in modo innovativo. «Vogliamo creare un’app, attraverso la quale i clienti finali decideranno che tipo di biodiversità vogliono. Potranno chiedere specifici prodotti agricoli agli agricoltori e monitorare la produzione». Oggi sembra molto lontano dalla vita reale, ma Balbi non ha dubbi sulla possibilità di un utilizzo diffuso: «Un ragazzino di 14 anni, responsabile, può fare girare un impianto, perché i sensori danno tutte le informazioni che servono». 

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