«Va fermata, fatta fuori. Come suo padre». Il soggetto è Lucia Borsellino, figlia di Paolo ed ex assessore alla Sanità di Regione Sicilia, mentre a pronunciare questa frase è il chirurgo Matteo Tutino. Dall’altro capo del filo c’è l’attuale presidente della Regione Rosario Crocetta che ascolta e rimane in silenzio. A rivelare l’intercettazione è il settimanale L’Espresso. Tutino è stato accusato dalla magistratura palermitana di falso, abuso d’ufficio, truffa e peculato, contestando allo stesso un intreccio per nulla limpido tra incarichi pubblici e affari privati. Attualmente si trova agli arresti domiciliari. Tuttavia la procura fa sapere che agli atti dell’indagine in cui Tutino è stato arrestato «non risulta trascritta alcuna telefonata tra il Tutino e il Crocetta del tenore sopra indicato. Analogamente, i carabinieri del Nas, che hanno condotto le indagini nel suindicato procedimento, hanno escluso – prosegue la nota della procura – che una conversazione del suddetto tenore, tra i predetti, sia contenuta tra quelle registrate nel corso delle operazioni di intercettazione nei confronti del Tutino».
Quella della procura però non è una vera e propria smentita, anche perché in una nota il settimanale ha specificato come l’intercettazione «tra il presidente della Regione siciliana Rosario Crocetta e il primario Matteo Tutino risale al 2013 e fa parte dei fascicoli secretati di uno dei tre filoni di indagine in corso sull’ospedale Villa Sofia di Palermo». Ciò significa che sicuramente l’intercettazione non è entrata nell’ordinanza di arresto per Tutino, ma potrebbe entrare agli atti di altre indagini al momento in corso. D’altronde già il quotidiano La Sicilia nell’edizione del primo luglio scorso, dava conto di alcune “voci” molto simili all’intercettazione pubblicata da L’Espresso. All’epoca nessuno tra procura e diretti interessati smentì o fece richieste di rettifica.
Crocetta dal canto suo, che dell’antimafia ha sempre fatto una bandiera, e che probabilmente ha utilizzato la figura di Lucia Borsellino come una medaglia da esibire, si difende dicendo di non aver sentito la frase del proprio chirurgo estetico personale. Dovrà comunque renderne conto nelle prossime settimane in Commissione Antimafia alla Camera. E come fa notare Lirio Abbate su L’Espresso, esperto di cose palermitane, quando non si capisce una frase si chiede di ripetere. Ma da Crocetta, nel corso della conversazione, solo silenzio. Doveva rivoluzionare la classe politica siciliana, il governatore. E in questi anni si è sempre professato un eroe dell’antimafia, sin dai tempi in cui era sindaco di Gela. Ma per Crocetta, presidente sempre più traballante dopo l’uscita delle intercettazioni, a breve si chiuderanno per sempre le porte della politica italiana. Ne sono convinti a Roma, dove il Partito Democratico di Matteo Renzi attende solo che il governatore dia le dimissioni. Vogliono la sua testa. Troppo pesanti le frasi del medico Matteo Tutino, per di più a pochi giorni dall’anniversario della morte di Paolo Borsellino.
Tutino è stato accusato dalla magistratura palermitana di falso, abuso d’ufficio, truffa e peculato
Crocetta al momento si è autosospeso. Si tratta di una mossa politica per prendere un po’ di tempo e difendersi dalle accuse pesantissime che gli stanno arrivando in queste ore. D’altra parte dal punto di vista tecnico e amministrativo non esiste neppure nello statuto dell’Ars “l’autosospensione”. Eppure a ben guardare, il governatore siciliano dovrebbe dare le dimissioni per molte altre cose, non tanto per questa frase che lo stesso Tutino dice di non aver mai pronunciato.
Crocetta ha portato avanti poche riforme di quelle che aveva promesso all’inizio della legislatura. Nel 2013 disse che avrebbe abolito le province, non ci è mai riuscito. Nel frattempo ha cambiato 37 assessori in due anni. E allo stesso tempo l’amministrazione regionale siciliana ha un buco di svariati miliardi di euro, quasi otto per la precisione. Come ha rivelato la Corte dei Conti a inizio giugno ammontano a cinque miliardi e mezzo di euro i debiti residui complessivi al 31 dicembre del 2014, ma la cifra crescerà fino a sette miliardi e novecento milioni entro il 2015. Colpa del peso della gestione di palazzo D’Orleans e di una sanità pubblica che fa acqua da tutte le parti.
MESSAGGIO PROMOZIONALE
Alla fine è sulla sanità che la storia di Crocetta è andata a sbattere. Dietro la frase di Tutino si nascondono mesi di lavoro ai fianchi di Lucia Borsellino, che aveva compreso l’intreccio perverso di incarichi e affari privati del chirurgo personale di Crocetta. Borsellino viene tirata in mezzo dopo alcuni casi di malasanità che si sono verificati negli ospedali siciliani, e che lo stesso Osservatorio per i Diritti del Malato aveva inquadrato in una «malapolitica che per decenni ha allungato le mani su un settore importante come la sanità».
L’amministrazione regionale siciliana ha un buco di svariati miliardi di euro, quasi otto. Come ha rivelato la Corte dei Conti a inizio giugno sono cinque miliardi e mezzo di euro i debiti residui complessivi al 31 dicembre del 2014, ma la cifra crescerà fino a sette miliardi e novecento milioni entro il 2015
Incolpare Lucia Borsellino, come qualcuno ha fatto della malasanità siciliana, è parso da subito un pretesto per far fuori l’assessore alla sanità. Il dossier più caldo però, e quello che incrina definitivamente i rapporti tra il presidente Rosario Crocetta e la Borsellino è proprio quello riguardante “Villa Sofia-Cervello”, clinica in cui nel reparto di chirurgia plastica il primario è proprio Matteo Tutino. Che nel viavai dei suoi clienti riceve notabili siciliani come l’ex presidente della Regione Totò Cuffaro e Antonio Ingroia, giusto per citarne qualcuno. In quel contesto matura evidentemente l’astio del medico nei confronti della Borsellino: tra marzo e aprile 2015 Nas e Digos frequentano la clinica dopo l’avvio delle indagini nel 2013.
Nel mirino degli investigatori sono finiti numerosi interventi chirurgici eseguiti dal professionista che dissimulava l’attivita libero professionale di natura estetica, non consentita presso le strutture ospedaliere pubbliche. Secondo le indagini il medico si faceva dunque pagare un compenso non dovuto dai pazienti, facendo passare le prestazioni come post operatorie chiedendone poi il rimborso al Servizio Sanitario Regionale. In passato Tutino è già stato nel mirino degli investigatori, dal concorso contestato per l’affidamento del posto di primario al Villa Sofia al buco di 13 milioni dello stesso reparto di chirurgia. Scriveva L’Espresso prima dell’arresto che c’erano anche casi di diffamazioni, episodi di spreco e presunte corruzioni.
Inoltre sul tavolo prima dell’arresto di Tutino, e questo ha pesato nei rapporti con la Borsellino, c’è un progetto per fecondazione assistita e raccolta tessuti. La pratica va ad una velocità che in Sicilia non si è mai vista, e il progetto sulla banca dei tessuti arriva negli uffici dell’assessore Borsellino, che constatando il coinvolgimento di un istituto privato, fa sapere come quello stesso coinvolgimento dovrebbe essere oggetto di gare pubbliche e non di affidamenti diretti. Qui l’ultima schermaglia. Il 29 giugno scorso arriva l’arresto di Tutino e le dimissioni della Borsellino. Che oggi all’Ansa ha commentato: «Non posso che sentirmi intimamente offesa e provare un senso di vergogna per loro».