L’Isis produce una serie tv animata e prende in giro Obama

L’Isis produce una serie tv animata e prende in giro Obama

La battaglia – quella mediatica – dell’Isis contro l’Occidente non si ferma. Il bersaglio preferito è, come è ovvio, l’America. E al centro c’è, come è ancora più ovvio, Barack Obama. Tra le varie forme di attacchi, c’è anche una serie di cartoni animati contro di lui. Si intitola “Il diario di John il Jihadista”, e nella prima puntata, diffusa ad aprile 2015, si mostra la decapitazione di Obama.

La seconda puntata, invece, lo riporta in vita (non c’è una grande attenzione alla trama, si deduce). Si intitola “Obama e Twitter”, e si vede il presidente Usa alle prese con il problema degli account gestiti dagli utenti Isis su Twitter. Come fare per fermarli? La risposta è semplice: basta chiedere aiuto agli amici sauditi, che si occuperanno di lanciare una fatwa, e incoraggeranno il bombardamento di Twitter. Solo che, ricorda lo stesso Obama, Twitter non è un luogo e non vi si possono lanciare bombe. Il problema, insomma, è più complesso.

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La clip, di cui si possono vedere alcuni estratti qui, tradotti da Memri.tv a, prosegue al quartier generale di Twitter, dove il presidente Usa si mette in contatto con Hani al Sibai’i – a sua volta al telefono con Tarek Fatah “il Canadese”. Si tratta di figure controverse: il primo è l’ex maestro di Jihadi John, predicatore islamico della Gran Bretagna. Su di lui, a quanto pare, cade l’accusa dello Stato Islamico di essere una spia, o un doppiogiochista. Il secondo, invece, è un attivista islamico che si batte contro l’Isis. La conversazione tra i due è significativa.

La qualità del cartone è pessima. I dialoghi sono doppiati e sottotitolati (qui sono anche tradotti in inglese), ma il messaggio di base è chiaro. È una condanna di Obama, e una presa in giro della sua inettitudine contro l’Isis (non a caso comincia con “abbiamo fallito”). Ma è anche una velenosa serie di insinuazioni contro altri nemici dello Stato Islamico, più insidiosi perché nascosti. E soprattutto, perché islamici.