Portineria MilanoMuore un ragazzo, ma «la piramide» del Cocoricò «non si tocca»

Muore un ragazzo, ma «la piramide» del Cocoricò «non si tocca»

C’è una foto nera che fa da profilo all’account ufficiale di Facebook del Cocoricò, la storica discoteca romagnola dove questo fine settimana è morto un ragazzo di 16 anni, Lamberto Lucaccioni, dopo aver consumato ecstasy sulla pista da ballo. Polemiche a più non posso, richieste di chiusura del locale, dibattito sulla droga, dibattito sul divieto di far entrare i minorenni, critiche al sistema, l’arresto del pusher e l’intervento sul web persino di una infermiera che ha scritto che bisognerebbe «sganciare una bomba» sulla discoteca. Non è la prima volta che il Cocoricò finisce al centro delle polemiche. Non sarà l’ultima

E’ capitato spesso negli ultimi anni, persino per presunti casi di stupro che costrinsero l’amministrazione a chiudere per tre settimane. Anche adesso c’è il rischio dei sigilli. Ma il Cocco, per chi lo conosce, è sempre stato il Cocco. Sin dalla sua data di nascita, fine anni ’80, con un’apertura e chiusura lampo nel 1989 e poi la vera riapertura nel 1990. Si ricorda ancora di un Capodanno con Gigi Sabani in diretta su Raiuno nel 1991. E tra i tanti aneddoti che circondano il locale ce ne sono due degli anni ’90 da far rizzare i capelli agli amanti della musica elettronica. Alla console di questo locale furono interrotti gruppi storici come i Daft Punk (era il 1997 ndr) – bloccò i dischi per protesta Dj Cirillo -, e persino quel geniaccio di Aphex Twin, la gente non lo apprezzava allora come adesso. Altri tempi. Quando in pista a ballare ci andavano pure Grace Jones e Lucio Dalla o stilisti come Jean Paul Gaultier o Franco Moschino.

Non è la prima volta che il Cocoricò finisce al centro delle polemiche. Non sarà l’ultima  

Già all’epoca le cronache lo descrivevano così, su La Repubblica del 5 maggio: «il più affollato fra i locali di tendenza, gigantesca piramide in vetro e plexiglass copiata a un night di Ibiza, luogo deputato della trasgressione, dei creativi, dei pubblicitari, dei consulenti di cromologia persuasiva (sic), delle ragazze in velo da suora, minitonaca e guepière, dei dark, degli skinheads che si stonano col Fernet, dei voguers, dei rappers, tutti insieme assordati dalla musica house, acid e techno, così convulsa bombardante martellante che se sei accanto a un amplificatore lo spostamento d’ aria quasi ti butta per terra, e se sei nel centro della pista ti sembra di volare via».  I tempi, appunto, sono cambiati. Ora ci sono i dj internazionali che riempiono le sale, come Marco Carola, Maceo PlexCarl Cox, star della techno internazionali, capaci di riempire le piste dal Sud America fino alla Russia. La trasgressione di una volta è diventata un ricordo, di scenografie ce ne sono di meno, di «ragazzini molti» invece e spesso l’unica modo per evadere si racchiude in una pastiglia di ecstasy. A volte mortale.

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MESSAGGIO PROMOZIONALE

Il Cocoricò, lo scrive Dj Mag, rivista specializzata nel mondo del clubbing, è tra le venti discoteche più importanti nel mondo, al livello di quelle di Ibiza o Miami. E se dovessimo ricordare come l’ex premier Romano Prodi criticò la riviera romagnola dieci anni fa – dicendo che non era stata al passo delle Baleari anzi si era fatta superare – viene da dire che in realtà il Cocco non è mai sceso di un centimetro nel gradimento dei giovani. Sarà anche per questo che in pochi protestano, persino tra i ranghi di una politica spesso avvezza a criticare il mondo delle droghe. Tra gli unici a prendere posizione si segnala il Codacons: «Se la morte del sedicenne è avvenuta a causa di ecstasy assunta all’interno della discoteca, ciò significa che i controlli da parte della struttura sono stati inidonei, e pertanto chiederemo la chiusura del Cocoricò». 

«Se la morte del sedicenne è avvenuta a causa di ecstasy assunta all’interno della discoteca, ciò significa che i controlli da parte della struttura sono stati inidonei, e pertanto chiederemo la chiusura del Cocoricò» scrive il Codacons

Ma sul profilo Facebook sono in tanti a difendere la Piramide – sala storica insieme con la Titilla –  attaccando persino il giovane morto in pista. E alcuni non condividono la scelta della proprietà di piazzare una foto nera in segno di lutto. «Ma perché dovete mettere sta copertina? Voi cosa centrate con questa storia? Se un ragazzino va alle poste sotto effetto di droghe e muore è colpa delle poste italiane? No». La risposta del Cocco è secca: «Rispetto per la morte di un ragazzo di 16 anni». Ma ce ne sono molti altri che difendono il Cocoricò. «Drogarsi è una scelta, morire per una pasticca una fatalità». E c’è pure una mamma che scrive: «Ho frequentato anche io da giovane il locale ma adesso da mamma vi assicuro che se mio figlio a 16 anni mi chiederà di andarci, mi verrà male e farò di tutto per non farlo entrare. Non è colpa del locale ma purtroppo il sistema e il non voler essere da meno ti portano a fare queste grosse cazzate, non si può direa un ragazzino di 16 anni che è lui il responsabile delle sue azioni». C’è di tutto e di più. Pure chi scrive quasi a spregio «Rip: riposa in pasta». 

Del resto i vertici della discoteca che sorge sulle colline romagnole hanno organizzato una conferenza stampa per spiegare la loro posizione. Fabrizio De Meis, che è pure patron del Rimini Calcio, ha fatto mea culpa («una sconfitta per tutto il lavoro che è stato fatto») e ha spiegato che la lotta allo spaccio continua da anni. E che il Cocoricò spende all’anno circa 150mila euro per la prevenzione e la vigilanza all’interno del locale: campagne informative, oltre 30 telecamere di sicurezza posizionate all’interno e all’esterno, una cinquantina di persone tra steward e vigilanza, infine un presidio medico esterno al locale. Eppure non è bastato. Ma non si può dire neppure qualcosa a una discoteca che scrive nella sua bio di non essere «rassicurante». Anzi si legge «Puoi anche divertirti molto, a passare una “serata normale in un posto qualsiasi”, sia chiaro. Fallo. Fai bene. Ma quando entri al Cocoricò sai che ti prendi la responsabilità (e la gioia, e il brivido) di dover assaporare una notte di intensità rara. Sai che la Piramide è un’astronave che decolla, è una fabbrica magica di empatie».

Ma quando entri al Cocoricò sai che ti prendi la responsabilità (e la gioia, e il brivido) di dover assaporare una notte di intensità rara

E allora la questione ritorna alle droghe. E soprattutto alla cultura in Italia che ci gira intorno. Forse vale la pena rileggere Pierpaolo Pasolini, nelle parole di Massimo Recalcati: «Pasolini diceva che c’è droga, cioè uso strumentale e dissipativo del corpo, dove non c’è cultura. La droga viene al posto della cultura, la droga è l’esito di un “desiderio di morte” che si afferma sullo sfondo di un grande “vuoto di cultura”. Quando non c’è cultura, non c’è linguaggio, non c’è parola, non c’è insegnamento, noi abbiamo la droga. La droga come simbolo di una relazione con il corpo orientata solo dal godimento dissipativo. La funzione della scuola allora è mettere la cultura sopra la droga». Ecco forse si potrebbe partire da qui, più che dal Cocoricò.

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