La data decisiva dovrebbe essere quella del 27 agosto, in occasione del Consiglio dei Ministri. Anche se i ben informati fanno sapere che prima di settembre nessuna decisione sarà presa per quanto riguarda lo scioglimento del Comune di Roma dopo i fatti di mafia Capitale. La decisione spetta infatti al ministro dell’Interno Angelino Alfano che in questi mesi, da quando ha ricevuto la relazione del prefetto Franco Gabrielli all’inizio di luglio, ha fatto da subito sapere che non avrebbe utilizzato i tre mesi che la legge concede al ministro per assumere un parere.
C’è stato spazio anche per una delle uscite inopportune che hanno costellato la carriera del ministro: il 6 agosto scorso, secondo quanto riportato dal Messaggero, il leader di Ncd è arrivato a dichiarare «potrei fare la relazione anche nel Consiglio dei ministri di questo pomeriggio». A stretto giro la smentita: non se ne fa niente e appuntamento rimandato, sembra al Consiglio dei Ministri del prossimo 27 agosto, Alfano lo ha sottolineato in questi giorni.
Le date sono importanti in questa partita e c’è da riavvolgere il nastro. Siamo all’8 luglio. La relazione della commissione d’accesso sul comune di Roma, voluta dallo stesso ministro e istituita dall’ex prefetto Giuseppe Pecoraro, fa sapere chi l’ha letta, non è stata tenera nemmeno con l’amministrazione di Ignazio Marino. La commissione era incaricata, come sempre in questi casi, di verificare la presenza di infiltrazioni mafiose nella gestione del Comune e sul condizionamento riguardante l’amministrazione e la regolarità della gestione dei servizi.
In questo ambito, la commissione, si è potuto leggere da quello che è filtrato, ha messo nero su bianco che «il condizionamento si è realizzato secondo schemi e copioni non intaccati dal cambio di amministrazione determinato dalla Giunta, e avrebbe portato non solo a determinare l’esito delle procedure di appalto, ma anche orientando le scelte di vertici di società partecipate di Roma Capitale».
La commissione d’accesso: “il condizionamento si è realizzato secondo schemi e copioni non intaccati dal cambio di amministrazione determinato dalla Giunta, e avrebbe portato non solo a determinare l’esito delle procedure di appalto, ma anche orientando le scelte di vertici di società partecipate di Roma Capitale”
La relazione di Gabrielli sembra essere più blanda e in alcuni punti addirittura discordante con quanto riportato dai commissari prefettizi, che nel corso della riunione del comitato provinciale per l’ordine e la sicurezza dello scorso 8 luglio hanno ribadito più volte come le indagini dell’Antimafia abbiano dimostrato l’attivismo di Buzzi e Carminati sia durante il mandato della giunta Alemanno, sia con Marino. La commissione ha infatti sottolineato l’opportunità dello scioglimento del Comune, mentre Gabrielli, e i fatti lo stanno già dimostrando , ha preferito intervenire col bisturi intervenendo sui responsabili a livello tecnico lasciando fuori sindaco e assessori.
In parte si può dire che il piano di Gabrielli sia già in fase di attuazione con il blitz di Ferragosto con cui l’amministrazione capitolina ha predisposto la rotazione di 40 funzionari in applicazione della normativa anticorruzione, che non permette alle figure apicali di rimanere sulla stessa poltrona per un tempo indefinito. Allo stesso modo tra le carte consegnate al ministro dal prefetto Franco Gabrielli a luglio sono indicati una ventina di dirigenti a rischio rimozione.
Sempre nel mese di luglio le carte arrivano sul tavolo della commissione parlamentare Antimafia, che il primo del mese aveva ascoltato sulle indagini anche il procuratore capo di Roma Giuseppe Pignatone, il quale aveva salvato in qualche modo in calcio d’angolo non tanto l’amministrazione Marino, quanto il buon nome del sindaco. E le parole di Pignatone potrebbero avere un peso non indifferente ai fini della decisione di Alfano.
Pignatone: «con la giunta Alemanno, si registra l’esplosione del fatturato delle cooperative di Buzzi e la nomina di alcuni partecipi all’associazione mafiosa al vertice di società partecipate dal comune»
Lo scorso cinque agosto tocca invece allo stesso Gabrielli sedersi davanti alla commissione Antimafia, esattamente un giorno prima del retroscena del Messaggero secondo cui Alfano avrebbe potuto prendere una decisione nel corso del Consiglio dei Ministri del 6 agosto. La decisione slitterà, intanto l’audizione di Gabrielli viene totalmente secretata. Anche all’interno della commissione Antimafia c’è chi non ha potuto fare a meno di notare le discrepanze tra la relazione dei commissari prefettizi e quella dello stesso prefetto Gabrielli, su cui si baserà la decisione del ministro Angelino Alfano, come ha più volte sottolineato lo stesso ministro. Era stata secretata anche l’audizione della presidente della commissione di accesso al Comune di Roma Marilisa Magno, ascoltata il 12 maggio scorso per quasi due ore.
Secondo quanto rivelato dal sito Dagospia la relazione dei commissari spiegherebbe, con una certa chiarezza, come facevano le cooperative di Buzzi e Carminati a fare il pieno di soldi pubblici: con il frazionamento delle commesse, in modo da evitare il più possibile le gare.
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L’aspetto più grave – riporta ancora Dagospia – è che il metodo dei frazionamenti coinvolgerebbe anche alcuni assessori in carica e questo comporterebbe lo scioglimento del Comune. Vero è che la procura di Roma indaga esplicitamente per mafia e che una manica larga potrebbe costituire un precedente a livello nazionale, ma un commissariamento soft sembra essere al momento la pista più praticabile: rimozione di funzionari, dirigenti e dipendenti che occupavano posizioni di rilievo durante la cavalcata del duo Buzzi-Carminati. Con ogni probabilità sindaco e assessori rimarranno al loro posto, anche perché tra di loro, al momento, non si trovano papabili all’ingresso nelle prossime puntate di mafia Capitale. A rimanere invece sotto la lente d’ingrandimento della procura per il reato di associazione mafiosa è ancora l’ex sindaco Gianni Alemanno, per cui, dice qualcuno ironicamente, il rischio sarebbe quello di sciogliere l’amministrazione sbagliata e in ritardo di qualche anno.
Il prossimo 5 novembre inizierà davanti al tribunale di Roma il processo scaturito dalle operazioni che hanno scoperchiato una parte del vaso di Pandora di mafia Capitale
Intanto il prossimo 5 novembre inizierà davanti al tribunale di Roma il processo scaturito dalle operazioni che hanno scoperchiato una parte del vaso di Pandora di mafia Capitale. Alla sbarra 59 indagati tra cui Buzzi e Carminati considerati vertici dell’organizzazione. Il rinvio a giudizio è arrivato anche per l’ex capogruppo di Forza Italia al consiglio regionale, Luca Gramazio, e l’ex presidente del consiglio comunale di Roma, Mirko Corattidel Pd. A processo anche i consiglieri comunali Massimo Caprari e Giordano Tredicine, l’ex presidente del Municipio di Ostia Andrea Tassone, Guido Magrini, direttore del dipartimento delle Politiche Sociali della regione Lazio, l’ex assessore comunale Daniele Ozzimo. Con loro ci saranno anche l’imprenditore Daniele Pulcini e i dirigenti della cooperativa La Cascina Francesco Ferrara, Salvatore Menolascina, Carmelo Parabita e Domenico Cammisa. Tutti gli imputati sono accusati a vario titolo di associazione per delinquere di stampo mafioso, corruzione, turbativa d’asta, estorsione, riciclaggio e usura. Si costituiranno parte civile al processo il Comune di Roma, la Regione e, stando a un tweet di Matteo Orfini anche il Partito Democratico.