Natalino Balasso: «La satira non esiste più da millenni»

Natalino Balasso: «La satira non esiste più da millenni»

Se gli chiedete cosa ne pensa della satira, Natalino Balasso ha le idee molto chiare: «non esiste da millenni, o se esiste è completamente ininfluente, non cambia una coscienza che sia una». Ormai sono più di dieci anni che il comico veneto non partecipa non frequenta studi televisivi — gli ultimi sono stati quelli di Zelig e di Mai dire gol, all’inizio degli anni Duemila. La sua carriera l’ha fatta in teatro, ed è di quello che vive. Negli ultimi anni però ha provato una strada nuova — più per divertimento, che altro — è la strada del web. Ha aperto un canale YouTube, rigorosamente senza pubblicità, e anima ogni giorno il proprio profilo di Facebook con una cosa che neanche lui chiama satira, ma che forse, in fondo, lo è. «Prendersela con i politici non serve a niente», dice lui, «anche perché non mi sembra che la satira abbia mandato in pensione Berlusconi, anzi, forse è quasi vero il contrario».

Partiamo dalla televisione: Zelig è in declino da anni, la banda Guzzanti non si vede quasi più, così come la Gialappa’s e Luttazzi. Soltanto Crozza resiste. È un problema della comicità italiana o della televisione?
Non valuterei i periodi della comicità dal numero dei comici che ci sono in circolazione, anche perché puoi avere quanti comici vuoi, ma se fanno tutti lo stesso tipo di comicità, quella resta una. Dopodiché in televisione è vero che c’è e c’è sempre stata poca varietà comica. In fin dei conti tutta la comicità che si fa in Italia negli ultimi trent’anni è figlia di quella dei Grillo, dei Verdone, di Non Stop; e a sua volta questo tipo di comicità attinge a piene mani a Dario Fo, già loro erano figli di una comicità precedente.

È il bisogno di novità continua che ha abbassato il livello, anche perché poi di vera novità non si tratta quasi mai, si tratta di sempre di variazioni sul tema della battuta secca

Ma perché in televisione ci sono sempre meno programmi comici ?
Perché la televisione ha puntato sulla quantità, sparando decine di comici a sera, tutti nuovi, senza troppa selezione. Ed è impossibile che in una generazione emergano cento comici nuovi di vero talento, tuttalpiù ne possono emergere tre o quattro ed è già tanto. È questo bisogno di novità continua che ha abbassato il livello, anche perché poi di vera novità non si tratta quasi mai, si tratta di sempre di variazioni sul tema della battuta secca.

Cosa ha portato a questo appiattimento?
Io credo che una parte della responsabilità sia stato l’aderire anche da parte della Rai alla logica della pubblicità per inseguire Mediaset. Perché quando devi imbottire un programma di pubblicità, i tempi per i contenuti diminuiscono e ti servono comici veloci, che lavorino su tempi stretti, e quindi che facciano battute o al massimo sketch. E questo ha portato la comicità in una direzione sola. Le poche trasmissioni che hanno potuto permettersi di approfondire, di provare tempi diversi, di concentrare l’attenzione del pubblico su pochi autori sono state quelle dei Guzzanti e, per certi versi, quello che fa Crozza. È lì che abbiamo visto qualche prova di comicità diversa dal solito format della battuta istantanea.

L’avvento del web ha aperto spazi nuovi anche per i comici. Si è formato una nuova scena?
È difficile inquadrare una vera scena comica sul web. E io credo che a questo riguardo si debba stare molto attenti nel parlare di comicità “via web”. Perché è un discorso che si fa complesso. Prima di tutto perché anche la comicità televisiva viene fruita dal pubblico — sempre di più tra l’altro — via web, che siano i canali stessi a diffonderla o che sia youtube. Ma in seconda battuta c’è un altro elemento decisivo: la gran parte della comicità via web che vedo è in realtà comicità televisiva messa sul web. Non vedo la differenza: non usa un altro linguaggio o altri tempi comici, è semplicemente il tentativo di autori sconosciuti o autori giovani che stanno crescendo di farsi notare dalla televisione. Per finirci, in televisione.

Uno dei cambiamenti che ha portato il web, soprattutto YouTube, è l’aver dato la possibilità a gente sconosciuta di accedere a un pubblico anche molto vasto senza dover passare da intermediari, quindi senza passare dai casting o dal meccanismo televisivo

Non c’è niente di nuovo quindi?
Uno dei cambiamenti che ha portato il web, soprattutto YouTube, è l’aver dato la possibilità a gente sconosciuta di accedere a un pubblico anche molto vasto senza dover passare da intermediari, quindi senza passare dai casting o dal meccanismo televisivo. Questa nuova dinamica ha portato qualche piccola novità, però mi sembra che si tratti sempre di tecniche per arrivare al mainstream, per farsi notare, e non tanto per cambiare o proporre qualcosa di nuovo dal punto di vista del prodotto, del tipo di comicità e dal punto di vista del linguaggio. È così che spesso internet sembra essere una variante della televisione generalista, piuttosto che un contenitore aperto a tutto.

E dal punto di vista del pubblico?
Dal punto di vista del pubblico il web ha avuto sicuramente effetti benefici, soprattutto perché ha fatto scoprire a una parte degli italiani i comici americani, che prima ci erano assolutamente preclusi dalla televisione, perché sono portatori di un pensiero non comune che tende a ribaltare il pensiero dominante. Non dimentichiamo però che quando parliamo di internet e di televisione stiamo escludendo una parte molto viva e forte della comicità italiana, quella sì con un linguaggio e dei tempi peculiari: la comicità dal vivo, quella nei teatri. Quella non la puoi vedere su internet, non la puoi filmare e mettere in televisione. In teatro è un’altra cosa, e ha un grande seguito in Italia.

Quel che faccio su Youtube non si può fare in televisione, non si può usare il linguaggio che uso e nemmeno questo tipo di scorrettezza

Tu da anni sei molto attivo sul web, sia su YouTube che su Facebook. Cosa ti dà il web che non ti dà la televisione?
Premettendo che di lavoro io faccio il teatro, per quanto mi riguarda pubblicare le mie cose su Facebook e Youtube, per il tipo di contenuti che produco è un obbligo. Perché quel che faccio su Youtube non si può fare in televisione, non si può usare il linguaggio che uso e nemmeno questo tipo di scorrettezza.

Perché?
Semplice, perché in televisione non si può ribaltare la realtà, la comicità televisiva serve al più per farci il solletico, per fare il clown o il giullare. Mentre sul web c’è spazio anche per i comici vagabondi, quelli che la realtà la ribaltano. Anche in teatro è la stessa cosa, e infatti c’è tanta gente — e c’era anche 10-12 anni fa — che veniva a vedere i miei spettacoli in teatro e poi si stupiva perché non erano le stesse cose che facevo in televisione.

Che differenze ci sono?
Sono molto diverse. Se dovessi tornare in televisione dovrei riadattare il mio linguaggio e i miei tempi ai loro, e francamente non mi interessa, a me interessa il contenuto e la forma di quello che faccio. Per questo Youtube e Facebook mi sono congeniali, perché non ci sono intermediari che non siano i lettori/spettatori. Senza dover interfacciarsi con dirigenti, produttori, presentatori eccetera. Ma non dimentichiamoci una cosa: su Youtube le cose che hanno fatto più successo sono state le scoreggie in faccia alla gente. Come a dire che la libertà e la democraticità del web alla fine vengono macchiate con ciò che il pubblico ha imparato dalla televisione.

La satira non esiste più da decenni. Quella cosa che in Italia si chiama satira non so esattamente cosa sia e a cosa serva

E dal punto di vista della satira? Cosa è cambiato negli ultimi anni, diciamo dal declino di Berlusconi in poi?
Secondo me la satira non esiste più da decenni. Quella cosa che in Italia si chiama satira non so esattamente cosa sia e a cosa serva. Anche perché, se è vero che il declino di Berlusconi ha mandato in crisi quel tipo di satira, non è mai stato vero che quel tipo di satira abbia infastidito o accelerato il declino di Berlusconi. Quella satira era ininfluente, non ha mai svegliato una coscienza. Perché se vuoi risvegliare le coscienze o fare della controinformazione e ti rivolgi a gente che le cose che dici le sa già stai facendo un lavoro abbastanza inutile . Li diverti, sei anche tu un giullare, a tuo modo. Io questa definizione di satira non la considero molto.

È difficile parlare male del pubblico che ti sta ascoltando. Bisogna inventarsi cuna satira sociale più sottile, capace di parlare dei vizi della gente facendo finta di non parlare dei vizi della gente

Qual è la vera satira per te?
Non credo che parlare male di Berlusconi o di Renzi abbia qualche valore di sommovimento delle coscienze. Se questo è lo scopo e l’intendimento della satira allora è proprio vero che la satira non esiste più da millenni. La satira vera, oggi, è quella contro la gente, quella che ha come obiettivi i lettori e gli spettatori. E non i potenti, che poi alla fine sono osannati da quella stessa gente. Niente come la democrazia ci fa capire quanto il popolo abbia bisogno di leader. E se hai bisogno di un leader per me hai uno spirito poco democratico. Il fenomeno di Beppe Grillo, che non è stato compreso fino in fondo, tant’è che anche in molti aderenti al Movimento 5 Stelle non hanno capito qual era il discorso e infatti anche loro adesso cominciano ad avere dei leader. Eppure lo stesso Grillo diceva tempo che fa che se fai politica e parli ancora di leader sei morto. Questo secondo me dimostra che quando la gente diventa massa va naturalmente a cercarsi delle guide, sempre con dei criteri abbastanza confusi. Su queste dinamiche bisognerebbe fare satira, che poi è quello che faccio io anche se non la chiamo satira. Anche perché è difficile parlare male del pubblico che ti sta ascoltando. Bisogna inventarsi cuna satira sociale più sottile, capace di parlare dei vizi della gente facendo finta di non parlare dei vizi della gente, ma è complesso.

Nel passato era diverso?
In realtà non molto. Ricordo che Dario Fo lo ascoltava anche la gente di destra, che si divertiva, anche se lo odiava perché lui si definiva di sinistra. Però, a parte qualcuno, la maggior parte della gente che seguiva Dario Fo era di sinistra, era gente che le cose che lui diceva le sapeva già. E torniamo a quel che dicevamo prima, ovvero che se la satira conferma e non ribalta è un lavoro un po’ inutile. Comunque, dopo Dario Fo — che è la vera fonte di tutta la comicità italiana degli ultimi decenni, anche per chi non ci è cresciuto e magari non l’ha mai visto — e dopo Beppe Grillo non credo che ci siano stati più dei momenti di grande satira in Italia.

E i Guzzanti?
Li adoro, li ho sempre trovati geniali, da Corrado a Sabina a Caterina, ma dobbiamo ammettere che tutto il loro lavoro, per quanto di altissima qualità, non è servito a nulla. Grillo — quando faceva ancora il comico — è l’ultimo che ha provato e che forse ha trovato un modo per fare vera satira attaccando i produttori di merce, le industrie. E lui lo faceva sull’onda di quel che succedeva in America, sull’esempio degli stand up comedian americani.

Il Male lo compravamo andando a scuola, alle superiori, e lo amavamo perché era un giornale molto scorretto

Per quanto riguarda la satira scritta, come le avventure del Male e di Cuore non hanno lasciato una vera e propria eredità in altre riviste?
Ricordo che Il Male lo compravamo andando a scuola, alle superiori, e lo amavamo perché era un giornale molto scorretto. Però eravamo negli anni Settanta, e c’era molto attrazione per quel tipo di scrittura e comicità, perché il mainstream era molto più dominante di ora. Pensa alla politica: c’erano soltanto due fronti, la DC e il PCI. E allora si faceva strada questo nuovo pensiero che diceva «attenzione, perché non vi accorgete che vi stanno raccontando entrambi la stessa favola». Cuore è stato un fenomeno molto particolare, perché era nato come inserto e poi si è staccato con polemica, avendo una vita propria. Da quel che mi è sembrato di capire con le chiacchierate che ho avuto nel tempo con Michele Serra e Claudio Sabelli Fioretti, che sono stati i due direttori di Cuore, in realtà il boom di Cuore c’è stato quando hanno iniziato a parlare male di Craxi e il giornale lo hanno cominciato a comprare i leghisti. Perché all’epoca la Lega stava nascendo ed era contro il potere dominante del PSI. Finita l’epoca di Craxi, ovvero quando Cuore non aveva un nemico chiaro e preciso, ha cominciato a vendere meno, anche facendo numeri di qualità. Quindi, se dobbiamo tirarne fuori una lezione, direi che la satira funziona sul grande pubblico, ovvero vende, quando ha un nemico chiaro. Ecco perché quando c’è Berlusconi la satira funzionava. Adesso potrebbe essere Renzi, ma per me è passato ancora troppo poco tempo per parlare di un’epoca renziana, anche se in molti lo dicono.

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