«Stiamo cercando in tutti i modi di non finire a fare una battaglia in tribunale». È questa la frase che circola negli ambienti di Fondazione Fiera Milano, dopo l’annuncio, ormai ufficiale, che il Milan rinuncerà a costruire il proprio stadio sui terreni della Fondazione, in zona Portello, a Milano. Nelle ultime ore, Silvio Berlusconi ha dichiarato: «Io sono innamorato di San Siro, me lo tengo stretto», smentendo, con queste parole, mesi di speranze e annunci della figlia, Barbara Berlusconi, a favore del nuovo Milan Stadium.
«L’obiettivo è a tutti i costi non intraprendere azioni legali. Non abbiamo intenzione di infilarci in una causa che potrebbe durare dieci anni, ma è chiaro che bisogna trovare una soluzione di compromesso», fanno sapere da Fondazione Fiera Milano. Il punto è che con la retromarcia del Milan, ci si trova già a partire dal prossimo anno, con mancati introiti economici per la Fondazione che gestisce le strutture espositive del capoluogo lombardo. «Dal primo gennaio del 2016 i padiglioni resteranno vuoti, poi ci saranno le elezioni comunali a Milano, che rischiano di far slittare l’assegnazione dei terreni al giorno in cui si sarà formata una nuova giunta».
Intanto, lunedì 28 settembre, si riunisce il comitato esecutivo. Entro quella data, il presidente di Fiera Milano spa, Benito Benedini – amico personale dell’ex premier –, deve incontrare nuovamente la famiglia Berlusconi per trovare un accordo, una transazione. In caso contrario, il rischio di dover mettere mano agli avvocati si fa elevato. La proposta che circola è quella di una penale per il Milan, pari a 4 milioni di euro: esattamente un anno del canone d’affitto concordato in precedenza, per dare tempo a Fiera Milano di indire un nuovo bando sui terreni. Oppure di contattare i secondi arrivati del vecchio bando, i bergamaschi di Vitali spa, che volevano edificare nell’area una ciclopedonale sopraelevata, che collegasse il Portello con CityLife. È chiaro che, a questo punto, la nuova offerta del gruppo Vitali sarebbe al ribasso.
La saga che da mesi appassiona tifosi e addetti ai lavori è fatta di tappe: il 7 luglio il Milan vince il bando, aperto sei mesi prima da Fondazione Fiera, per l’abbattimento degli ex padiglioni, la bonifica dei terreni e la costruzione del nuovo stadio. Batte in volata il progetto di Vitali spa, nelle ultime 24 ore disponibili, quando tutti davano il progetto del Milan come lo sconfitto annunciato. Lo fa rilanciando sull’offerta iniziale, passando da un canone annuo di 2,5 milioni di euro a 4 milioni. Il club promette inoltre di caricarsi i costi di bonifica, inizialmente stimati in 15-20 milioni di euro.
«Il problema è che nei terreni dell’area Portello si deve scavare fino a 20 metri di profondità per costruire uno stadio – contro i 12 metri, per esempio, di CityLife – e nessuno ha idea di cosa si possa trovare là sotto: residui, scarti industriali, bombe», dichiarano fonti interne a Fondazione Fiera. «Adesso però il Milan lamenta di non aver potuto effettuare né analisi né carotaggi dei terreni, oltre a una lievitazione dei costi di bonifica fino a 35 milioni di euro». Ciò che non torna, nel ragionamento del club di via Aldo Rossi, è che senza aver prelevato campioni di sottosuolo – come lo stesso Milan ammette – è impossibile sapere a quanto ammontano i costi di bonifica. Non si capisce, dunque, da dove esca la cifra di 35 milioni di euro.
Dopo il dietrofront improvviso dei rossoneri, comunicato il 3 agosto, comincia un’estenuante battaglia a mezzo stampa, fatta di comunicati al vetriolo e scambi di accuse reciproche fra Milan e Fondazione Fiera. Fino alle parole dell’altro giorno di Berlusconi senior, che suonano definitive: di lasciare la Scala del calcio, non se ne parla nemmeno. Un tradimento nei confronti dell’amico Benedini e della Fondazione Fiera tutta, dove nel comitato esecutivo siede anche Licia Ronzulli, donna di fiducia del Cavaliere ed ex parlamentare europea con il Pdl, poi ricandidata con Forza Italia a maggio del 2014, senza essere rieletta.
I maligni parlano di una trattativa estenuante, portata avanti per mesi dai rossoneri, sapendo in anticipo che si sarebbe conclusa con una ritirata. Lo scopo sarebbe stato solo quello di far crescere il valore di mercato della società e gli appetiti di mr. Bee Taechaubol – il broker thailandese interessato a rilevare il 48% delle azioni – al momento della quotazione in Borsa. Solo che dei 480 milioni di euro promessi dall’estremo Oriente, per il momento, non ne è arrivato nemmeno uno . E adesso il Milan rischia di dover pagare Fondazione Fiera per non costruire lo stadio.
Nelle ultime ore, arrivano anche le dichiarazioni del Comune di Milano a complicare ulteriormente la situazione: in un’intervista al Corriere della Sera , l’assessore allo Sport, Chiara Bisconti, lancia l’idea di vendere l’impianto esistente – il Meazza di San Siro – ai due club meneghini, Milan e Inter. Cifra stimata dall’assessorato: 100 milioni di euro, 50 a testa. Molto meno di quanto sarebbe costato edificare da zero uno stadio di proprietà. O, in alternativa, Chiara Bisconti propone alle due sponde del calcio milanese una negoziazione del diritto di superficie su San Siro, per un periodo pari a novant’anni, e con la possibilità di ammodernare l’impianto a proprio piacimento. Il contratto d’affitto attuale è valido invece fino al 2030, con un costo annuo di 4,5 milioni di euro.
Proposte forti, soprattutto se si pensa che fino a questo momento, la giunta, il consiglio comunale e anche la Commissione urbanistica, si erano ben guardati dal prendere posizione sulla vicenda stadio del Milan. Hanno sempre parlato di ‘‘trattativa fra privati’’.