Teacherpreneur, così gli insegnanti diventano milionari

Teacherpreneur, così gli insegnanti diventano milionari

La piattaforma di sharing economy TeachersPayTeachers è stata fondata a New York nel 2006 da Paul Edelman, un insegnante della scuola pubblica con il fiuto per gli affari e un orecchio attento alle nuove potenzialità offerte dal web e dal digitale. Il concetto che sta alla base è semplice e segue da vicino la stessa logica di aziende come Airbnb o BlaBlaCar: mettere in condivisione le risorse, in questo caso intellettuali, delle persone. In particolare, TeachersPayTeachers permette a insegnanti ed educatori di vendere e scambiarsi lezioni, consigli e metodi nell’intento di coinvolgere al massimo i propri studenti. A seconda dell’età degli allievi e delle discipline, sul sito si può accedere a materiali didattici fortemente innovativi, frutto unicamente della capacità e dell’immaginazione di chi li ha ideati. In questo modo, l’esperienza e i metodi di un ottimo insegnante norvegese possono essere riutilizzati da chiunque in ogni parte del globo: quelle che gli americani chiamano good practice diventano immediatamente alla portata di tutti.

Il sito viaggia ormai a pieni giri, con quasi 3 milioni e mezzo di utenti raggiunti nel 2015. Per dare un’idea della validità economica del progetto, il New York Times ha in questi giorni riportato, fra le altre, la storia di Laura Randazzo, un’insegnante d’inglese residente in California. Laura ha iniziato a utilizzare TeachersPayTeachers vendendo le proprie idee e i propri esercizi a un dollaro ciascuno. A oggi, il suo “‘Whose Cell Phone Is This?’ fictional character work sheet” (un metodo attraverso cui gli studenti utilizzano i loro smartphone al posto del solito quaderno) ha venduto ben 4.000 copie, mentre una sua raccolta di quattro anni di grammatiche ed esercizi di letteratura ha generato un flusso di denaro pari a 100mila dollari. Come lei stessa afferma, «quello che era un hobby è diventato un’attività remunerativa». Ecco perché è stato coniato il termine “teacherpreneur”, ovvero teacher (insegnanti) che allo stesso tempo sono anche enterpreneur (imprenditori).

Stessa storia, sempre riportata dal quotidiano newyorkese, è quella di Erin Cobb, insegnante delle medie residente anch’egli in California. Grazie a TeachersPayTeachers, i suoi materiali didattici gli hanno fatto guadagnare più di 1 milione di dollari.

Il chief executive di Teacher Synergy, l’azienda promotrice della piattaforma, Adam Freed, già dirigente di Google, rivela che la compagnia ha promosso dall’anno della sua fondazione un giro d’affari pari a 175 milioni di dollari. Sempre Freed sostiene inoltre le grandi opportunità che le nuove tecnologie digitali possono offrire all’interno del sistema scolastico. Evidentemente, si vuol fare leva sul fascino che apparecchi quali iPhone, tablet ecc. esercitano sui più giovani. Tale fascino, soprattutto nell’ottica degli imprenditori californiani, la cui regione è regina nel campo dell’innovazione digitale, rappresenta non tanto un pericolo per chi sta studiando e deve quindi essere molto concentrato sui programmi scolastici, quanto la possibilità di rendere gli allievi più coinvolti e partecipi nelle materie che si trovano ad affrontare. Perciò, ammette Freed, «stiamo cercando di percorrere entrambe le strade, quella che si occupa di insegnamento e quella relativa al digitale». Dunque, schermi, app e internet come promotori di efficienza e produttività scolastiche.

La California ha imposto e continua a imporre a tutto il mondo strumenti tecnologici e sistemi di comunicazione che indubbiamente hanno sconvolto vecchie abitudini e inaugurato nuovi modelli di business. Chissà, magari anche la ben nota insofferenza di molti studenti di fronte a voluminosi testi scolastici e noiosi esercizi aritmetici sarà costretta a lasciare il passo all’eccitazione di trovarsi di fronte a una storia o a un racconto interattivi e decisamente smart. In America, senza dubbio, questo è già qualcosa di più che un auspicio.