La battaglia del vino continua e, a quanto pare, quest’anno vinceremo noi. Secondo le stime effettuate dall’Unione Italiana Vini e Ismea (Istituto di servizi per il mercato agricolo alimentare), in collaborazione del ministero delle Politiche Agricole e Forestali, l’Italia avrà una vendemmia record che ci permetterà di superare in quantità la Francia, storica rivale. La ricognizione è stata fatta tra la fine di agosto e la prima decade di settembre sul territorio. Le stime parlano di una produzione di vino a livello nazionale attorno a 47 milioni di ettolitri, il 12% in più rispetto ai 42 milioni dello scorso anno, quando l’uva era stata particolarmente scarsa.
Le stime sono di una crescita del 12% rispetto allo scorso anno in quantità, mentre in Francia la produzione scenderà dell’1%
La previsione, se confermata, farebbe quindi riguadagnare all’Italia la leadership mondiale grazie al sorpasso sui “cugini” che valutano il raccolto in calo dell’uno per cento e che non andrebbe oltre i 46,5 milioni di ettolitri. E anche l’emergente Spagna non supererebbe i 43 milioni, con un calo del 3 per cento. Altri numeri importanti, forniti da Coldiretti, partendo dalla stima Ismea-Uiv: se non ci saranno sconvolgimenti, la produzione made in Italy sarà destinata per oltre il 40 per cento ai 332 vini Doc e ai 73 vini Docg mentre il 30 per cento sarà per i 118 vini Igt. Solo il restante 30 per cento finirà ai vini da tavola. In Italia la vendemmia è partita con le uve Pinot e Chardonnay in un percorso che sta proseguendo con la raccolta delle uve rosse autoctone Sangiovese, Montepulciano, Nebbiolo e che si concluderà addirittura a novembre con le uve di Aglianico e Nebbiolo e Nerello. Molto del risultato dipende dalle prossime settimane in cui si inizierà a raccogliere la maggioranza delle uve e dall’andamento climatico del settimane precedenti la raccolta.
Inverno piovoso, primavera mite ed estate calda: la ricetta per ampia produzione e ottima qualità
In ogni caso, sempre secondo Coldiretti, lo stato fitosanitario dei vigneti è in tutta Italia molto buono con assenza di criticità e la qualità attesa è ottima. Del resto, l’incremento è stato favorito dall’inverno piovoso seguito da una primavera mite e poi da una calda estate sopra la media. Nonostante questo, ci sono grandi esperti che predicano cautela, vedi il guru Riccardo Cotarella, presidente di Assoenologi che a Il Corriere della Sera ha detto: «Impossibile fare ipotesi che valgano per tutte le zone e le singole microzone, dalla Valtellina all’Etna, troppo diversi gli effetti del clima. E poi la raccolta delle uve si protrae fino a novembre. Per alcuni vini sarà un’annata eccezionale, per altri media. Nessun problema per i bianchi, per i rossi si vedrà». Va detto che non si tratta di un aumento di produzione indiscriminato: tre regioni (Toscana, Lombardia e Sardegna) segneranno un calo – strategico in alcune realtà locali – ma le altre sono in crescita. In qualche caso con aumenti formidabili – vedi il 25% della Puglia, anche se in alcune zone le ultime piogge potrebbero aver lasciato il segno – e con incrementi sul 10% nelle regioni storicamente “pesanti” per il mondo vinicolo: Piemonte, Friuli Venezia Giulia e Veneto, quest’ultima candidata a restare la numero uno per quantità, visti gli oltre 9 milioni di ettolitri, in buona parte Prosecco.
MESSAGGIO PROMOZIONALE
Il 70% dell’uva da vino sarà indirizzata verso Doc, Dogc e Igt
Vinta la battaglia sulla produzione, ora la guerra si sposterà su un altro campo. Se è vero che non c’è match nell’esportazione (anche lo scorso anno, il confronto fu 20,5 milioni di ettolitri per noi contro i 14,4 milioni dei francesi), non si può subire una forbice così elevata nei fatturati globali: il nostro export enoico nel 2014 ha superato i 5,1 miliardi di euro ma resta lontano dai 7,7 dei cugini. E visto che il mercato interno fa acqua – scusate la battuta – con un consumo procapite sui 36 litri all’anno (nell 2007, si era sui 45), l’unica speranza è vendere meglio, oltre che tanto. Il pensiero di Angelo Gaja, uno dei maestri del vino, è chiarissimo. «Parecchi paesi riescono a piazzare i loro vini a prezzi più alti dei nostri. E non va bene, perché il livello medio italiano si è alzato notevolmente e dobbiamo trovare in un superiore margine della vendita, il sistema per alimentare l’intera filiera». In questo senso, la sensazione è che ci sia ancora molto da fare. Con umiltà e spirito di squadra.