C’è una data cerchiata con un pennarello rosso sul calendario della politica italiana. È quella del 1° dicembre 2015, tra meno di due mesi, quando Roberto Maroni, attuale governatore della Lombardia, andrà a giudizio immediato nel tribunale di Milano nel processo sulle presunte pressioni esercitate per far ottenere un lavoro e un viaggio a Tokyo a due ex collaboratrici. E un procedimento dove la difesa stessa del governatore, indagato per turbata libertà nel procedimento di scelta del contraente e induzione indebita, ha chiesto il giudizio immediato «per avere il prima possibile una pronunzia nel merito», come ha spiegato l’avvocato Domenico Aiello.
Il governatore continua a definirsi tranquillo, ma l’esito del processo pende come una mannaia sulle prossime elezioni comunali di Milano, sugli assetti del centrodestra e sul futuro stesso del governo di Matteo Renzi. Sembra incredibile, ma in caso di condanna l’ex ministro dell’Interno rischia la sospensione per la legge Severino che annovera tra i reati appunto l’induzione indebita. Se Maroni appare tranquillo, meno tranquilli sembrano gli alleanti di governo in Lombardia, in particolare il Nuovo Centrodestra di Angelino Alfano, ai minimi termini dal punto di vista elettorale, che in caso di caduta della giunta perderebbe un avamposto importante e un’alleanza decisiva in vista appunto delle amministrative del 2016.
E un procedimento dove la difesa stessa del governatore, indagato per turbata libertà nel procedimento di scelta del contraente e induzione indebita, ha chiesto il giudizio immediato «per avere il prima possibile una pronunzia nel merito», come ha spiegato l’avvocato Domenico Aiello.
Dentro il Partito Democratico non sembrano fare molto caso alla situazione, anche perché con tutta probabilità Maroni potrebbe essere subito reintegrato come successo a Vincenzo De Luca in Campania, dopo il ricorso in tribunale. Ma il colpo sarebbe comunque pesante. E c’è caso e caso. In sostanza, questo processo per un viaggio a Tokyo rientra tra le varie problematiche che caratterizzano in questi giorni il centrodestra lombardo ancora indeciso su cosa fare in vista delle elezioni di Milano. Il leader di Forza Italia Silvio Berlusconi, al momento, resta alla finestra. Non si sbilancia. Non ha ancora dato un appuntamento a Matteo Salvini. E sembra trovarsi a suo agio in questa fase politica renziana, considerato anche l’affare appena andato in porto dell’acquisto di Rcs Libri da parte del gruppo Mondadori.
Per questo motivo sta continuando a girare l’ipotesi che una sconfitta a Milano, nel caso in cui fosse Giuseppe Sala il candidato sindaco del centrosinistra, potrebbe non dispiacere al Cav. Del resto, Sala ha governato con la vecchia giunta di Letizia Moratti targata Popolo della Libertà, Berlusconi lo conosce bene. La stessa posizione di Denis Verdini, collettore di nuovi senatori per rassicurare la durata del governo Renzi, appare funzionale a Berlusconi, nonostante i rapporti turbolenti che compaiono a volte sui giornali. Quasi come se il Cavaliere avesse due partiti. A rendere ancora più intricata la situazione è la voce secondo cui Verdini potrebbe pescare persino alcuni senatori lombardi eletti nel 2013 con il Pdl.
A rendere ancora più intricata la situazione è la voce secondo cui Verdini potrebbe pescare persino alcuni senatori lombardi eletti nel 2013 con il Pdl
Anche nella Lega Nord non corre buon sangue tra Salvini e Maroni, anche se i due pare che stiano cercando di ricucire lo strappo dei giorni scorsi. O meglio, il leader della Lega Nord sembra aver deciso di sposare la linea di Bobo, chiedendo un incontro al premier Matteo Renzi (lo ha fatto a Porta a Porta ndr), per trattare con Roma. Il punto su cui i due leghisti, uno di governo e uno di lotta, sembrano trovarsi è sempre la posizione di Nuovo Centrodestra. A Milano ne sono tutti convinti: senza il centro non si vince. Le truppe di Comunione e Liberazione contano ancora nel tessuto economico e politico lombardo. Potrebbero essere decisive nel caso si spostassero a destra o a sinistra.
Ma c’è un problema. C’è chi vorrebbe da Ncd, lo chiedono in Lega come nella stessa Forza Italia, almeno un segnale di discontinuità, per un partito che a Roma governa con il centrosinistra e in Lombardia vuole fare accordi con il centrodestra in vista delle amministrative. Forse basterebbe che gli alfaniani si spostassero direttamente nel Pd, o che uno come Maurizio Lupi prendesse in mano la segreteria del partito. Ma se il governo di centrodestra in regione non ci fosse più? Sono tutte ipotesi per un quadro che è ancora difficile da definire. E dove svolazzano come colori troppe variabili difficili da prevedere.