La fusione Mondadori-RizzoliRcs prende tempo, il colosso “Mondazzoli” è ancora in forse

Rinviata la decisione di Rcs sulla proposta di acquisto da parte di Mondadori, che intanto vende la sua quota di Harlequin a HarperCollins e affronta la questione interna dei suoi precari

Si allungano ancora i tempi di chiusura dell’affare che potrebbe cambiare completamente gli assetti dell’editoria italiana. La proposta di acquisto per 135 milioni di euro di Rcs Libri da parte di Mondadori, infatti, non è ancora stata formalmente accettata dal consiglio di amministrazione di Rcs, che ieri sera, allo scadere dell’esclusività dell’offerta, ha preso ancora tempo.

«Alla luce dell’attuale stato delle trattative e del permanere di punti ancora aperti», si legge nel comunicato diffuso da Rcs alle otto del mattino di giovedì 1° ottobre, «il Consiglio ha dato mandato all’Amministratore Delegato di verificare la possibilità di finalizzare entro i prossimi giorni l’operazione con Arnoldo Mondadori Editore S.p.A. in merito alla partecipazione in Rcs Libri S.p.A».

I punti ancora aperti sarebbero molteplici e riguarderebbero soprattutto la questione Antitrust. Come ampiamente ripetuto negli ultimi mesi, a partire proprio dai giorni di febbraio in cui fu annunciato il tentativo di acquisto da parte di Mondadori, l’operazione di acquisizione di Rcs libri da parte del gruppo di Segrate aprirebbe la strada a una concentrazione editoriale inedita in Italia e in Europa.

L’operazione di acquisizione di Rcs libri da parte del gruppo di Segrate aprirebbe la strada a una concentrazione editoriale inedita in Italia e in Europa

Una potenziale “Mondazzoli” rappresenterebbe, secondo le stime, tra il 35 e il 40 per cento del mercato editoriale italiano. Un blocco che, proprio per la sua dimensione inedita e colossale, dovrà passare per il vaglio dell’Antitrust, la cui analisi potrebbe durare 2 o 3 mesi, se non di più. Tempi allungati che, secondo quanto scrive Milano Finanza, potrebbero mettere in difficoltà il board di Rcs sull’indebitamento del gruppo, spingendolo nel caso a una ricapitalizzazione che se non è forzata è sicuramente ben poco voluta dai soci.

Ma mentre la colossale operazione Mondazzoli rallenta ancora una volta il suo corso, nel mondo editoriale italiano succede molto altro. La notizia fresca di questo inizio ottobre, infatti, riguarda ancora una volta il gruppo editoriale di Segrate, ma questa volta è una notizia che viene dal ramo cessioni. Mondadori ha infatti appena ceduto ad HarperCollins — proprietà del gruppo News Corp di Rupert Murdoch — la sua parte della joint venture Harlequin Mondadori S.p.A. per circa 45 milioni di euro, aprendo la strada alla nuova HarperCollins Italia, che sarà dunque il primo editore straniero a giocare nel campionato italiano.

È un’operazione, questa di HarperCollins, che ne richiama un’altra, per ora soltanto ipotizzata e sussurrata nei corridoi di qualche casa editrice e nelle piazze di qualche festival e di qualche fiera. La voce che circola da qualche mese, infatti, è che l’operazione di acquisizione di Rcs Libri da parte di Mondadori non si la schiacciata che chiude il match a favore di Segrate, ma che sia al contrario un’alzata. Non l’ultima tappa di un percorso di allargamento di Mondadori, ma una tappa intermedia che, da una parte, rimpingua le casse di Rcs alleviandone l’indebitamento, dall’altra permette a Mondadori di avere qualcosa da vendere.

Sì, qualcosa da vendere. Le voci dicono così. E aggiungono, ovviamente, da vendere all’estero. Già a febbraio Simonetta Fiori su Repubblica accennava di sfuggita a questa possibilità. Poi, ad aprile, Dagospia dava spazio a una voce che dava per probabile lo sbarco in Italia del colosso americano Random House, capitanato nella sue versione europea nientemeno che da Richi Cavallero, ex direttore generale proprio di Mondadori. Si tratta di una notizia che non ha avuto alcun seguito — gli ultimi avvistamenti danno Cavallero ancora disoccupato — ma che potrebbe avere qualcosa di vero.

In tanti addetti ai lavori non negano, off the records, questa possibilità, una possibilità che anche Inge Feltrinelli, in un’intervista rilasciata a Il Libraio, aveva paventato quando, alla domanda su cosa pensasse dell’affaire Mondazzoli, aveva risposto: «Sono preoccupata. Anche perché poi in futuro Berlusconi potrebbe vendere tutto a un gruppo straniero». E tornano in mente anche le parole di Ernesto Mauri, ad di Mondadori, che a febbraio aveva dichiarato come obiettivo l’innalzamento della redditività al 15%, «in linea con quella dei grandi editori internazionali». Un obiettivo che potrebbe anche essere propedeutico proprio alla vendita.

HarperCollins sarà dunque il primo editore straniero a giocare nel campionato italiano. Ma forse non sarà l’unico.

Un gruppo straniero dunque. Random House, per esempio, o meglio, il gigante Bertelsmann, che è uno dei più grandi gruppi editoriali al mondo e che ha acquistato proprio la casa editrice americana alla fine degli anni Novanta. Per adesso sono solo ipotesi, anche se non esattamente fantascientifiche. Qualcosa di vero potrebbe esserci e, nel caso, potrebbe essere una vera autobomba nel panorama editoriale italiano.

Nel frattempo c’è un altro fronte aperto che, per quanto apparentemente slegato dall’affaire Mondazzoli, sta tenendo occupata la Mondadori. È il fronte dei dipendenti. Se dal punto di vista dei vertici c’è grande confusione, con la strana fuoriuscita di Antonio Franchini, uno dei più noti editor italiani, verso Giunti e con alcune poltrone non ancora rioccupate — vedi Piemme e Sperling&Kupfer, la cui direzione è ancora vacante — la contrattualizzazione di una parte dei dipendenti non è da meno, con situazioni irregolari da anni.

La contrattualizzazione di una parte dei dipendenti non è da meno, con situazioni irregolari da anni, soprattutto tra i redattori e gli editor

Proprio su questo fronte, nelle ultime settimane il gruppo di Segrate è stato obbligato a rivedere la posizione contrattuale di oltre venti persone — quasi tutti editor e redattori — che, come impone l’ispettorato del lavoro, dovranno vedere sanate le proprie posizioni e venire assunti con contratti regolari. Nelle prossime settimane si apriranno tavoli singoli di trattativa tra l’azienda e ognuno dei lavoratori coinvolti che, oltre all’offerta di un contratto regolare si metteranno d’accordo su una cifra che possa coprire gli anni — in alcuni casi molti — di mancati versamenti previdenziali e di Tfr, ma che, soprattutto, valga la promessa di non fare causa a Mondadori per il pregresso.

Una buona notizia per molti dei lavoratori precari che da anni lavorano a Segrate? Pare di sì, o almeno così è in parte. Pare infatti che la firma in calce agli accordi di cui sopra, oltre a sancire la promessa di non portare avanti cause legali, contenga anche l’accettazione di una liberatoria che consentirebbe a Mondadori di licenziare tutti i lavoratori coinvolti a partire dall’anno prossimo. Una possibilità che non spaventa chi, dopo anni di precariato passato ad attendere rinnovi all’ultimo minuto, si ritrova per la prima volta nella propria vita la possibilità di avere un contratto regolare. Delle ferie. Delle malattie. Delle tredicesime e qualche versamento alla previdenza.