Islam e integrazione: Francia e Inghilterra bocciate, Germania promossa

I musulmani tedeschi sono molti e ben integrati. Francia e Regno Unito? Approcci diversi, convivenza difficile. L’Italia? Presto per dirlo.

Quello di Parigi di venerdì 13 novembre è, ancora una volta, un’attentato compiuto da giovani musulmani, nati e cresciuti lontano dal Medio Oriente, nelle periferie di città europee come Parigi e Bruxelles, che noi italiani siamo abituati ad associare a tutto fuorché all’Islam radicale.

Tuttavia, indipendentemente dal radicalismo, l’Islam è realtà viva in Europa, ed in forte aumento. Se si escludono le presenze secolari nei Balcani, i musulmani che vivono nell’Europa occidentale raggiungono per Pew Research il 7,5% in Francia, pari 4,7 milioni di persone, il 5,8% in Germania, con 4,8 milioni, destinati a divenire circa 1 milione in più con l’arrivo dei profughi (siriani e non solo), il 4,8% nel Regno Unito, con 3 milioni. Segue l’Italia con 2,2 milioni di musulmani, pari al 3,7% degli abitanti.

Non si tratta di situazioni tra loro omogenee. E questo probabilmente si trasmette sulla diversa probabilità di trovare nelle comunità islamiche giovani disponibili a farsi rapire dall’ideologia jihadista.


La Francia ha da sempre un modello di distribuzione della minoranza islamica che prevede un alto livello di urbanizzazione e concentrazione in quartieri periferici, come le banlieue di Parigi, Lione, Marsiglia, dove costituiscono spesso la maggioranza o quasi degli abitanti, mentre in intere regioni della Francia profonda non raggiungono l’1%. Risultato, questo, figlio di un modello economico centrato fatto di grandi imprese raggruppate in modo diseguale, al Nord e nell’Est più che altrove. Oltre che, ovviamente, nella capitale.

Se la Francia rappresenta forse la situazione pià esplosiva – non solo in potenza, purtroppo – il Regno Unito sembra seguire un’analoga distribuzione della popolazione. Anche Oltremanica, infatti, i musulmani si concentrano in quartieri-ghetto delle principali città. In particolare quasi metà sono nell’area di Londra, dove in media vive in media “solo” il 13% dei britannici.

Diventa impressionante il confronto tra musulmani e la media della popolazione nelle statistiche sociali. Quasi la metà della popolazione di religione islamica è infatti relegata nelle aree più marginali del Paese.

Allo stesso modo, i musulmani che non hanno mai lavorato sono circa cinque volte in più rispetto alla media della popolazione inglese.

Jihadi John e gli inglesi di famiglia pakistana responsabili degli attentati di Londra del 2005, e tutti coloro che continuano a volare in Siria per combattere a fianco dell’ISIS, testimoniano come il pericolo di una deriva jihadista in Inghilterra resti altissima.

Maghrebini in Francia e pakistani nel Regno Unito, quindi: la diversità delle origini delle comunità islamiche in Europa non è appunto da dimenticare. Una diversità che viene alla mente pensando al Paese con più musulmani d’Europa, che non è ne la Francia, ne il Regno Unito, bensì la Germania, in cui la gran parte delle persone di religione islamica è di origine turca, curda o balcanica, realtà in cui a differenza che in Francia o Inghilterra vi è un 25% non sunnita, quindi sciita o alevita, generalmente meno fondamentalisti.

Anche la distribuzione geografica appare differente: certamente come ovunque nelle grandi città, Amburgo, Berlino, Monaco di Baviera, vi è una concentrazione maggiore, ma in realtà la presenza dei musulmani è elevata anche in aree di provincia, in particolare quelle più prospere economicamente. Ad esempio, superano il 4% in Renania, nel Baden Wurttemberg, e nelle principali città medie.

Sempre in Germania secondo l’istituto demoscopico Statista.de c’è anche meno tendenza all’auto-ghettizazione: I musulmani con la maggioranza di amici non musulmani (il 38%) sono più di quelle che hanno almeno più della metà degli amici (Mehr als die halfte) all’interno della comunità musulmana.

Questo non vuol dire che la Germania sia esente da problemi: il numero di musulmani tedeschi che vivono di sussidi (Hartz IV) è di molto superiore della media, ad esempio. Tuttavia, il quadro è sicuramente più positivo che altrove. Probabilmente, è anche questo uno dei motivi per cui la Germania, nonostante l’imponente presenza islamica, è sinora rimasta al riparo da attacchi terroristici, almeno fino all’allarme che ha provocato l’annullamento della partita Germania-Olanda ad Hannover, allarme che poi si è rivelato infondato.

L’Italia, infine. L’Islam è giovane nel nostro Paese e apparentemente sembra che si segua un modello più simile a quello tedesco, con gli immigrati musulmani, di origine prevalentemente marocchina o tunisina, distribuiti soprattutto al Nord, tra i distretti diffusi della provincia settentrionale, in Lombardia, Emilia e Nord-Est. Niente banlieue come quelle parigine, insomma.

Meglio non abbassare la guardia, però: solo ora stanno diventando maggiorenni alcuni figli dei primi immigrati – la cosiddetta seconda generazione – ed è quindi ancora presto per giudicare se la nostra esperienza d’integrazione sia migliore o peggiore rispetto a quella delle altre realtà europee.

Pensare di trovare una ratio che possa spiegare e quindi prevedere la probabilità si verifichino tragedie come quelle di Parigi è illusorio. Al di là di ogni strategia, di programmazione di lungo periodo e di ogni piano di integrazione, o della sorveglianza più rafforzata che invochiamo, bastano cinque o dieci folli in mezzo a milioni di musulmani che cercano di tirare avanti senza la minima volontà di violenza, per replicare attentati del genere. Cinque o dieci variabili indipendenti rispetto alla realtà. Tuttavia, l’analisi e il tentativo di prevenzione sono tra le poche armi a nostra disposizioni. Non possiamo deporle.