“Scacchiera Expo- La mappa del potere prima e dopo l’Esposizione Universale” è un ebook in uscita lunedì 2 novembre su tutti gli store online. I giornalisti Lorenzo Bagnoli, Lorenzo Bodrero e Luca Rinaldi raccontano l’impatto di Expo sulla vita pubblica italiana, fino a descrivere una nuova geografia del potere dopo il successo della manifestazione. L’ebook è edito da Informant, ed è stato realizzato in collaborazione con IRPI (Investigative Reporting Project Italy)
Che cosa c’è sotto il suolo dell’Esposizione Universale? La domanda – legittima – riecheggia ancora, a cancelli chiusi. Tra analisi preliminari, varianti e previsioni per il futuro, il contenuto del sottosuolo di Expo è ancora un’incognita. Rimane ignoto quanto sia stato speso, quanto si spenderà e tanto meno cosa è stato completato per “bonificare” gli oltre 100 ettari dell’Esposizione Universale. Riavvolgendo il nastro indietro, fino al 2010, s’incappa in carte e contro-carte in cui le istituzioni si smentiscono a vicenda. Con l’unico effetto tangibile di un aumento vertiginoso del costo dei lavori. Di tracciabili ci sono circa 27 milioni di euro chiesti in varianti da Cmc e Maltauro, aggiudicatarie dei due appalti fondamentali dell’Expo: la rimozione delle interferenze e la realizzazione della piastra, tra il 2012 e il 2013. E in alcuni casi le aziende chiedono due varianti per una stessa area.
Qualcosa non torna. È il 2010 quando Comune di Milano e Expo 2015 spa commissionano a Metropolitana Milanese Spa, società al 100% controllata da Palazzo Marino, una perizia sui terreni. La stima dei costi per la bonifica ammonta a sei milioni di euro. Però, nota la Corte dei Conti nella sua relazione sugli esercizi Expo 2011 e 2012, «la stazione appaltante [Expo 2015 spa] non era nella disponibilità della maggior parte delle aree e delle proprietà private che insistono sull’area del futuro sito espositivo, le quali conseguentemente risultavano in parte inaccessibili ovvero, per varie ragioni, non accessibili in condizioni di sicurezza». Quando iniziano i lavori, nessuno sa che cosa troverà sotto. Qualche proprietario non apre le porte ai funzionari di Arpa incaricati delle perizie.
I Cabassi lo fanno, ma non si fidano, così nominano una società esterna per un’ulteriore perizia, in contradditorio con quella che presenta MM SpA. Questa perizia individua tre hotspot inquinati, come si chiamano in gergo: il lavoro in tutto è di 100 mila euro, ma il Fondo rischi, voce inserita nel contratto da Arexpo per coprire costi extra imprevisti, ammonta a 250 mila euro. Per sicurezza portati dalla società a quota un milione e 250mila euro. Che cosa ne è stato di quei soldi? Nessuno lo sa: Arexpo non rendiconta nulla, ma nemmeno li restituisce. Probabile che vengano diluiti nel computo dei 72 milioni di euro, ma i proprietari non hanno ancora ricevuto i giustificativi di quest’impennata dei costi. Che i Cabassi abbiano mentito con la loro perizia sui terreni? Difficile: la destinazione d’uso delle loro terre era realmente agricola. Inoltre, quali saranno stati gli agenti inquinanti?
Intanto, dal sito continuano a emergere rifiuti inaspettati.
Questa partita non sarà giocata da Expo 2015 spa, che si scioglierà a giugno 2016, ma passerà ad Arexpo spa, la società di scopo nata con la partecipazione di tutti gli attori pubblici (o di nomina pubblica) per acquistare i terreni di Expo. Affinché questo avvenga, Expo deve rendicontare ad Arexpo a quanto ammonta il totale di soldi da chiedere indietro ai proprietari. Ed Expo questo conto ancora non l’ha fatto
Il conto finale è salato, scrive la Corte: 31,6 milioni di euro per la variante sulla classificazione e la raccolta dei rifiuti, urbani e speciali. “La maggior parte delle varianti (relative al c.d. movimento terra) è risultata conseguenza diretta di provvedimenti amministrativi”, scrivono i magistrati della Corte: erano “riperimetrazioni” delle aree che dovevano essere sottoposte a bonifica. Solo che quelle analisi, poiché parziali, erano sbagliate: un pasticcio. Alla luce del caos imperante e dei costi astronomici sorge un sospetto, difficilmente verificabile se non passando da chi ha gestito la partita delle bonifiche: Cmc e Maltauro, entrambe poco accessibili. Può darsi che non tutta la terra rimossa dal sito fosse inquinata. Forse, per caricare la voce delle bonifiche, è stata rimossa anche della terra non inquinata. Per verificarlo servirebbe scovare dove è stata stoccata e campionarla: un lavoro improbo.
Continuiamo con i fatti. La Corte annota: «Il Magistrato della Corte ha ritenuto comunque prioritario e urgente che l’Appaltatore riprendesse i lavori sospesi e che ogni ulteriore costo eventualmente autorizzato fosse, quanto meno, assistito da una clausola di salvaguardia di ogni eventuale diritto di rivalsa della Società in ipotesi di successivo accertamento di imputabilità dei suddetti maggiori costi a soggetti diversi dalla Stazione Appaltante”. Tradotto dal giuridichese significa che la Corte dei Conti ha fatto riprendere il prima possibile i lavori a Cmc (Appaltatore) perché il tempo stringe, ma Expo SpA» avrebbe dovuto aggiungere una postilla con cui approvava i costi ulteriori. Avrebbe dovuto riservarsi un diritto di rivalsa sui precedenti proprietari nel caso in cui le maggiorazioni delle spese fossero dipese da loro, senza la possibilità di essere conteggiati per tempo, con le analisi di MM SpA.
Questa partita non sarà giocata da Expo 2015 spa, che si scioglierà a giugno 2016, ma passerà ad Arexpo spa, la società di scopo nata con la partecipazione di tutti gli attori pubblici (o di nomina pubblica) per acquistare i terreni di Expo. Affinché questo avvenga, Expo deve rendicontare ad Arexpo a quanto ammonta il totale di soldi da chiedere indietro ai proprietari. Ed Expo questo conto ancora non l’ha fatto, per la gioia di Fondazione Fiera di Milano: la Fondazione, che è tanto proprietaria di circa un terzo dei terreni quanto terza azionista di Arexpo , si troverebbe nella spiacevole situazione di dover chiedere a se stessa di ripagare i lavori a Cmc.
Il presidente della Commissione consiliare antimafia David Gentili, a seguito di una seduta a cui aveva partecipato la società Expo, chiedeva conto dello stato di avanzamento delle bonifiche e, soprattutto, se si spenderanno ancora soldi pubblici per coprire i lavori imprevisti. E faceva riferimento all’accordo del 2 agosto 2012 in cui si prevede che i costi della bonifica sarebbero stati sostenuti da Expo SpA che poi si sarebbe rivalsa su Arexpo che a sua volta avrebbe presentato il conto ai proprietari precedenti (al massimo per 6 milioni di euro, così come recitava il preventivo di Metropolitana Milanese). Così rispondeva Expo il 13 giugno 2014: «Le operazioni di bonifica sono in fase di completamento. I costi a finire, a carico di Arexpo, sono attualmente valutati in 3 milioni di euro». Laconici.