Dietro la scena del crimine – Morti per fiction e per davvero, di Cristina Brondoni, ha attirato la mia attenzione per 3 motivi:
- 1. bazzico intorno all’editing di racconti gialli da un po’ e mi tornava utile professionalmente;
- 2. ho una certa inclinazione verso i discorsi di morte un po’ scanzonati da quando ho letto quel genio che è Mary Roach in Stecchiti, e dunque con una quarta come questa “Per morire è sufficiente battere un po’ forte la testa, non serve che il cranio venga spaccato in due. Morire a volte è una roba semplice”, ero sicura sul tono;
- 3. prometteva miliardi di citazioni da telefilm. Insomma il richiamo era troppo forte.
E ha mantenuto le promesse. Il piccolo testo è imballato di serie tv, dagli anni ’80, o prima, in poi, ci sono tutte. Tutte quelle che hanno a che fare con i morti ammazzati, s’intende. Ma mica solo telefilm, anche film, romanzi, e casi veri e propri, italiani e non solo. Per dire, ovviamente c’èTrue Detective, che la signora non ha amato particolarmente dal momento in cui il mitico Rust ha iniziato a fumare su una scena del crimine, cioè nei primi 5 minuti del primo episodio. E capisco le remore professionali al gesto effettivamente fuori luogo, e capisco anche che il Rust – Matthew McConaughey sia effettivamente eccessivo nel suo manifesto dolore, ma questo non toglie, ahimè, che sia uno dei personaggi più fighi apparsi in tv (insieme a Holder di The Killing, versione US, e Jesse Pinkman di Breaking Bad). (Questione di ormoni? E se anche?).
La criminologa Brondoni passa in rassegna non solo gli sfondoni procedurali degli ultimi telefilm, come quello di True Detective, o l’inverosimile ruolo preponderante degli scientifici in CSI (però mi par di capire che anche lei ami Gil Grissom, e questo in qualche modo la salva dall’aver parlato male di Rust), ma anche della costruzione dei personaggi e degli intrecci stessi. Esempi: di Criminal minds (che anch’io ho amato molto all’inizio) dice che le ultime stagioni sono diventate una lista di efferatezze e scelte fantascientifiche, o che Lie to Me ha snaturato il personaggio principale durante l’arco narrativo.
E poi i film: da Zodiac ai vari Sherlock Holmes, a James Bond. E la letteratura, of course, con delle mirabili pagine sul suicidio di Emma Bovary, modello di come si possa scrivere in modo coscienzioso e accurato di morte per avvelenamento. E ancora i casi di serial killer reali, Son of Sam, Mad Bomber e, udite udite, la nostrana mitica Cianciulli, ma anche il caso di Cogne, per dirne un altro locale.
Quindi mica solo una bella rassegna di omicidi e relativi serial killer, sempre uno dei temi più affascinanti, che vale anche come rompighiaccio nei pranzi di Natale, ma anche un prontuario per aspiranti scrittori di gialli thriller, e per un aspirante fine conoscitore di omicidi e affini, o persino per aspiranti detective privati. Il tutto narrato con un tono alla CSI, non da Grissom però, e nemmeno da Catherine, che di parolacce non mi pare ne abbia mai dette, più forse allaPatricia Cornwell, in realtà,che pure non le piace più, alla Brondoni, da quando è diventata troppo perfetta, la Kay Scarpetta. Spigliata, vispa, arguta e pure colta, la Brondoni, bisognerà chiederle se anche lei sa cucinare come un redivivo Artusi.
Cristina Brondoni, Dietro la scena del crimine, Las Vegas, 2015