«La mia posizione è nota: fosse per me l’ordine dei giornalisti lo abolirei domattina». Più chiaro di così è impossibile. Matteo Renzi prende la parola a Montecitorio e spiega il suo punto di vista. Alla faccia della diplomazia. I rapporti tra il presidente del Consiglio e il mondo dell’informazione non sono mai stati troppo teneri, nessun mistero. E da questo punto di vista la tradizionale conferenza stampa di fine anno non fa eccezione. L’incontro dura due ore e mezzo, tra una frecciata e l’altra. A un certo punto si rischia quasi lo scontro con il presidente dell’ordine Enzo Iacopino, che aveva chiesto invano una parola sui cronisti italiani costretti a lavorare per pochi euro. Nel frattempo Renzi parla dell’anno appena trascorso, elenca i risultati raggiunti dall’esecutivo. «L’Italia si è rimessa in moto», spiega. Con i giornalisti presenti non c’è mai una polemica diretta, ci mancherebbe. Ma è difficile non avvertire un leggero, diffuso, senso di fastidio.
Matteo Renzi non ama troppo i critici, questo è noto. Un anno fa alcuni giornali avevano ironizzato sulle slide presentate a Palazzo Chigi? Oggi il premier smonta i dubbi dei pessimisti ricorrendo ancora una volta a powerpoint. In conferenza stampa Renzi elenca orgoglioso i risultati raggiunti dall’esecutivo. Ogni immagine è corredata da un piccolo gufo, sistematicamente «smentito dalla realtà dei fatti». Siamo alla ripicca personale. I critici vengono messi all’indice, uno per volta. C’è chi diceva che «il Jobs act non sarà mai approvato», e invece la riforma del lavoro ha permesso di ridurre il dato sulla disoccupazione. Chi era convinto che «non ci sono i numeri per l’Italicum», e invece la legge elettorale è stata approvata con quello che il premier definisce un vero “capolavoro parlamentare”. Sull’immigrazione qualcuno lanciava l’allarme: «L’Italia è invasa, colpa del governo». Renzi spiega, invece, come i dati siano in controtendenza rispetto agli anni precedenti. Per non parlare di chi temeva che «l’Expo non aprirà in tempo e sarà un fallimento». Ogni slide, un risultato ottenuto dal governo. Ogni immagine, un gufo smentito. Si passa dalla buona scuola alle riforme costituzionali, senza dimenticare la politica internazionale.
Renzi elenca i provvedimenti varati dal governo. Ogni slide, un risultato ottenuto. Ogni immagine, un gufo smentito
Renzi non nasconde l’ottimismo. «Il 2015 è andato meglio delle nostre previsioni». Il premier ostenta tranquillità sulle amministrative di primavera. Assicura che il vero banco di prova per il governo sarà in ottobre, quando gli italiani voteranno il referendum confermativo sulle riforme costituzionali. «Se perdo, considererò fallita la mia esperienza politica» promette. A un certo punto con il presidente dell’Ordine dei giornalisti va in scena un antipatico battibecco. A inizio conferenza Enzo Iacopino aveva richiamato l’attenzione di Renzi sulla condizione di molti cronisti italiani, costretti a lavorare, in alcuni casi, per meno di 5mila euro lordi l’anno. «Un’emergenza democratica. Una schiavitù che non solo è tollerata, ma è persino codificata in contratti». Il premier ammette chiaramente di non essere d’accordo. «In Italia non c’è alcuna schiavitù, lo dico con estremo rispetto per lei e per i suoi colleghi». Botta e risposta. A frecciata, frecciata. «Adesso siamo tutti più sereni – replica il presidente dell’Ordine – apprendiamo che oggi in Italia con 4.900 euro l’anno si vive bene».
Il contraddittorio prosegue fino al termine della conferenza stampa. Quando Renzi assicura di voler intervenire sulle pensioni d’oro, senza toccare gli assegni fino a 3mila euro, Iacopino torna a punzecchiarlo. «Se per lei 3mila euro al mese non sono una pensione d’oro, per me 4.900 euro l’anno sono una schiavitù». Stavolta il premier replica gelido: «Abbiamo opinioni diverse». Evidentemente le ultime polemiche sulla Leopolda hanno lasciato il segno. Durante l’incontro fiorentino, Renzi aveva lanciato un ironico concorso per scegliere la peggiore prima pagina dei quotidiani italiani: una sorta di lista nera delle testate critiche verso l’esecutivo. Oggi Iacopino torna su quella vicenda. E avverte il presidente del Consiglio: «Non si possono fare liste di giornali buoni e cattivi».
Il premier non ha gradito le critiche di chi ha definito la legge di Stabilità un insieme «di mance e mancette». A sentire lui sono giudizi di «esperti, o presunti tali» apparsi sugli organi di stampa. «Premi Nobel mancati»
Intanto Renzi prosegue il suo racconto. Il premier parla a tutto campo, risponde ai giornalisti in platea. Attacca i Cinque Stelle, annuncia la legge sulle unioni civili. Sulla recente polemica delle banche assicura che chi è stato truffato riavrà indietro i suoi soldi. Sottolinea l’indice di fiducia degli italiani, ancora «spaventosamente alto». Neanche a dirlo, l’occasione è utile per punzecchiare ancora una volta la stampa. «Alcuni giornalisti mi ritraggono come ossessionato dai sondaggi. Ma dopo le prime settimane a Palazzo Chigi ho smesso di consultarli, guardo solo i dati sulla grande distribuzione». Dopo un avvio di legislatura difficile, Renzi celebra la vittoria della politica contro il populismo. Un processo che passa anche dai provvedimenti votati in questi mesi, a partire dall’ultima legge di Stabilità. Anche stavolta il premier non ha gradito le critiche di chi definisce il disegno di legge un insieme «di mance e mancette». È colpa dei soliti gufi? Piuttosto sono i giudizi di «esperti, o presunti tali» apparsi sugli organi di stampa. «Premi Nobel mancati». Dalle critiche ai suggerimenti. Quando si parla di Europa, il premier torna a rivolgersi agli organi di informazione. Non condivide i retroscena sulle presunte tensioni a Bruxelles: con gli alleati l’Italia chiede rispetto, non cerca scontri. «Vorrei che la stampa italiana, pur nel rispetto totale della propria libertà, prendesse atto che quando parla il presidente del Consiglio italiano non si sta lamentando dell’Unione Europea».
I giornalisti in fila per fare una domanda sono almeno 45. Troppi. Alla fine il premier riesce a rispondere a una ventina di cronisti. Le ore passano, il tempo stringe. A un certo punto Renzi si spazientisce, vuole andare via. «La teniamo con noi ancora un po’» scherza Iacopino. «Voi avete un’idea della libertà a fasi alterne» replica ironico Renzi. Stavolta, però, alla battuta ridono in pochi.