Aim MonitorSe le banche non bastano all’innovazione

«Il credito bancario non è il canale finanziario più adatto a sostenere l'innovazione», spiegano da Bankitalia. La soluzione per un mondo di imprese in crescita? Venture Capital e nuova finanza

Venture capital, crowdfunding, private equity, minibond. Sono solo alcuni dei nuovi sistemi di finanziamento emersi con prepotenza in questi ultimi anni per alimentare le attività d’impresa. Nonostante questi canali abbiano rappresentato la chiave di volta per innovazioni economiche ed industriali particolarmente significative, che si tratti della rivoluzione energetica dello shale gas (gas di scisto), dell’ascesa dei droni, dell’internet of things o della sharing economy, in Italia sembrano non sfondare, un pò per colpa di una burocrazia lenta e complicata, un pò a causa della prepotenza del sistema bancario.

Che questo, però, sia ormai diventato un vero problema, lo dimostrano anche gli allarmi lanciati di recente da Bankitalia. «Il credito bancario non è il canale finanziario più adatto a sostenere l’innovazione. Questo è un punto su cui oramai da tempo attiriamo l’attenzione», sottolinea il direttore generale di palazzo Koch, Salvatore Rossi. Secondo Rossi, «mentre una banca deve essere prudente nell’erogare credito, chi deve finanziare un’attività totalmente innovativa, o addirittura una startup, non deve essere troppo prudente, deve ammettere di correre un rischio e questo – precisa – non è un mestiere da banche. Questo è un tema su cui in Italia dobbiamo riflettere. Il futuro dell’economia italiana e di qualunque paese avanzato passa per l’innovazione».

Che questo, però, sia ormai diventato un vero problema, lo dimostrano anche gli allarmi lanciati di recente da Bankitalia.

I dati raccolti dall’Associazione Italiana del Private Equity e Venture Capital (Aifi) tracciano un quadro variopinto, se è positiva l’evoluzione dei capitali raccolti: nel primo semestre 2015 è stata di circa 1,6 milioni di euro, rispetto ai 1,3 milioni del 2012, stenta a decollare il mercato del private debt. A fronte di un target complessivo di raccolta di 2 miliardi di euro, nei primi sei mesi del 2015 sono stati raccolti poco più di 40 milioni di euro. Quello che sembra funzionare è l’utilizzo di questi strumenti per far nascere nuove imprese. Continua, infatti, a salire il numero di nuove imprese registrate, in particolare quelle create dai giovani.

«Nel 2015 l’Italia ha toccato il traguardo delle 5 mila startup innovative, con un ritmo di creazione pari a circa 30-40 startup alla settimana. Il dato medio annuale di creazione di nuove imprese è di 1.500 realtà: il target al 2017 è di 7.500 realtà innovative», ha detto ancora di recente Stefano Firpo, che al Ministero dello sviluppo economico dirige la direzione generale per la politica industriale, la competitività e le piccole e medie imprese. Il Governo, attraverso il suo principale braccio finanziario, la Cassa Depositi e Prestiti (Cdp), sembra, dunque, intenzionato ad intervenire con maggiore slancio. Il piano industriale quinquennale presentato dai vertici di Cdp – 117 miliardi di euro (+ 73% rispetto a quanto fatto nel quinquennio scorso) – prevede nuovi investimenti proprio su fondi di venture capital, anche attraverso l’adesione a piattaforme di co-finanziamento o di stimolo allo sviluppo della partnership pubblico/privata. La visione del neo presidente di Cdp, Claudio Costamagna, è del resto molto chiara: «le società italiane sono sottocapitalizzate ed hanno un accesso limitato ai mercati finanziari».

Nel 2015 l’Italia ha toccato il traguardo delle 5 mila startup innovative, con un ritmo di creazione pari a circa 30-40 startup alla settimana

Al contempo, il mercato del venture capital italiano è il secondo più piccolo in Europa in termini di rapporto investimenti/Pil, quindi sostenere il venture capital risulta cruciale per la crescita italiana», ha ricordato il presidente di Cassa. Il Fondo italiano d’investimento si è già mosso, avviando iniziative di investimento in due fondi di venture capital e in altrettanti veicoli specializzati in private debt, cioè che sottoscrivono strumenti di debito (minibond ad esempio) emessi da piccole e medie imprese.

In particolare, il Fondo sarà tra gli investitori di Vertis venture 2 Tecnologie, gestito da Vertis Sgr, che è focalizzato sulle startup del settore delle tecnologie digitali e della robotica e che è attualmente in fase di raccolta con l’obiettivo di raggiungere i 60 milioni di euro di impegni di investimento. La seconda operazione riguarda Oltre II, venture capital che intende raggiungere i 22 milioni disponibili con il supporto del Fondo e che punta a un target di 30 milioni finalizzato a investimenti in settori principalmente legati ai servizi alla persona, education, sanità e in aree deboli del Paese, come agricoltura e turismo.

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