Vicino di poltrona al cinema, alla fine di Quo Vado?, il nuovo film con Checco Zalone: «Ma la trama l’ha scritta Cottarelli?». Senza per forza togliere il piacere della sorpresa a chi non l’ha ancora visto, il film racconta la storia di un’ossessione italiana – il posto fisso, possibilmente in un’amministrazione pubblica – da cui il protagonista fa di tutto per non liberarsi.
Il punto di partenza della storia è un ministro della Repubblica che agisce da commissario della spesa pubblica e – nell’eliminare definitivamente le province – pur garantendo molte eccezioni alla regola induce tutti i dipendenti restanti ad accettare una lauta liquidazione invece di essere assegnati a un’altra amministrazione. L’unico che resiste alla tentazione è Checco stesso, dietro consiglio del Senatore Binetto –efficacemente interpretato da Lino Banfi. La conseguenza/punizione consiste nell’essere spostato in luoghi sempre più complicati, fino ad approdare nell’Europa del Nord, dove Checco continua a mantenere il posto fisso italico, ma comincia ad apprezzare i comportamenti generalmente più civili e meritocratici, meno “da furbi”, di quei luoghi. La nostalgia induce però Checco a tornare in Italia, dove l’andazzo resta quello di prima.
Il ritratto complessivo dell’amministrazione pubblica che emerge dal film sembra tratteggiato dal fu commissario alla spending review Carlo Cottarelli, se non da una sua versione ancor più britannicamente liberista
Non si può che concordare con il vicino di cinema: il ritratto complessivo dell’amministrazione pubblica che emerge dal film sembra tratteggiato dal fu commissario alla spending review Carlo Cottarelli, se non da una sua versione ancor più britannicamente liberista: un sistema inefficiente, che serve per creare un numero eccessivo di posti di lavoro inutili, spesso per fini clientelari. Secondo una prospettiva che ricorda i primi “Fantozzi”, i servizi pubblici occupano una minima parte della scena, mentre sono i posti fissi in sé a stare al centro dell’attenzione, e nei desideri di un’intera popolazione. E per l’appunto il film è ben lungi dall’essere una parabola di stampo manicheo, poiché in questo affresco nazional-popolare chi è fuori dalla pubblica amministrazione farebbe di tutto per entrarvi e goderne i privilegi, e in ogni caso “fare il furbo” viene dipinto come il modo migliore per tirare a campare, se non anche per avere successo.
Il film è divertente al livello del precedente Sole A Catinelle (qualcuno prima o poi scriverà un trattato scientifico sui tempi comici, e su quanti film ci vogliono per perderli, e trasformarsi da Checco Zalone in Roberto Benigni). Tuttavia, Quo Vado? è in media molto più amaro del suo predecessore, che ha un po’ il tono renziano del #CambiaVerso, dell’ottimismo capace di sgominare improvvisando una situazione negativa, restando in Italia, facendo “vibrare la partita Iva che abita nei nostri cuori” (cit.), senza bisogno di fuggire altrove.
Non è dato sapere che cosa voti Checco Zalone – cioè Luca Medici – nella sua vita reale, ma viene il sospetto che Matteo Renzi avrebbe preferito esattamente la sequenza opposta di film: il disincanto amarognolo di Quo Vado? a cui faccia seguito il #CambiaVerso squinternato e ottimista di Sole A Catinelle
Non è dato sapere che cosa voti Checco Zalone – cioè Luca Medici – nella sua vita reale, ma viene il sospetto che Matteo Renzi avrebbe preferito esattamente la sequenza opposta di film: il disincanto amarognolo di Quo Vado? a cui faccia seguito il #CambiaVerso squinternato e ottimista di Sole A Catinelle. E invece no: la serendipity nella trama di Sole A Catinelle è rimpiazzata dalla pesante cappa statalista in Quo Vado?, contro cui lotta un Cottarelli diventato ministro, con incertezza sul risultato finale.
Parafrasando la colonna sonora del film: la Prima Repubblica non si scorda mai, anche perché la Terza Repubblica (renziana) ci assomiglia parecchio.