Tratto dal sito dell’Accademia della Crusca
A proposito della distinzione tra il valore di ‘scarso di sale’ e quello di ‘insipido’, Gabriella Giacomelli scrive: «nelle prime inchieste [per l’Atlante Lessicale Toscano ALT], fatte soprattutto nelle province di Firenze e di Pistoia, gli informatori stessi avevano puntualizzato creando questa distinzione. È una distinzione compiuta da molti Toscani – di qualsiasi livello sociale e culturale – che oppongono sciocco ad altri termini quasi sinonimici. Un pistoiese, in genere, potrebbe dire “Questa minestra non sarebbe sciapita, è soltanto sciocca”, se basta un pizzico di sale a renderla gradevole.
Sciocco si contrappone quindi a salato. Però a Pisa, ci dice il Malagoli, è molto comune il paragone sciocco ‘ome ‘r lesso e almeno in questo stereotipo si prescinde completamente dall’aggiunta di sale, per mettere in rilievo lo scarso sapore della carne cotta nell’acqua. Sciocco viene a contrapporsi a saporito. Sul piano dell’uso concreto la questione appare ancora più complessa: l’acqua, p. es., è insipida, mai sciocca: non è sciocca perché la sua caratteristica normale è di non aver sapore di sale. La contrapposizione, per alcuni, non è tra sciocco e salato, ma tra sciocco e propriamente salato quanto si conviene (spesso con valutazione personale).
D’altra parte perfino per chi oppone sciocco a saporito anche il vino non è mai sciocco, ma scipito o insipido: dunque anche per questi il sapore la cui assenza rende un cibo sciocco sembra essere nella gradazione del salato. Comunque è certo che sciocco ha per tutti una connotazione negativa e che ciò che è gradevolmente insipido, non è mai sciocco. […] Sciocco è considerato […] parola italianissima usato in relazione a una persona “che ha o che denota scarsa intelligenza, avvedutezza e perspicacia” o al suo comportamento (De Felice-Duro); ma è solo toscano – lo stesso vocabolario, p. es., lo avverte – in relazione a cibi. È però un dialettismo di cui non si ha consapevolezza, adoperato anche da persone colte, e che, d’altra parte, ha occorrenza quasi esclusiva in ambito familiare: un dialettismo che quasi nessuno pensa a censurare […]. Sciocco non è mai ambiguo sia per le differenze dei contesti in cui viene adoperato, sia perché nel significato italiano, viene interpretato come una facile metafora, occasionale o meno, pari a quella che porta comunemente insipido (e scipito,sciapito, sciapo) al valore di ‘(persona) insignificante, insulsa’.
È importante a questo proposito lo “scherzo”, non insolito in Toscana, ma di cui abbiamo una precisa testimonianza ad Arni (Punto 11 [dell’ALT] in provincia di Lucca): sciocco è colui a cui il prete non ha dato il sale al momento del Battesimo; il significato astratto viene fatto dipendere dal significato concreto. Ma non si crea ambiguità anche perché si può osservare che lo sciocco italiano e lo sciocco toscano non fanno parte esattamente dello stesso registro: il primo è raro nel linguaggio corrente e spesso sentito come letterario o affettato».
Il percorso della forma attraverso le testimonianze nella lessicografia italiana è delineato da Teresa Poggi Salani: «Le due accezioni, cha abbiamo così distinto [‘senza sapore’ e ‘senza o con poco sale’], hanno però larga possibilità di sovrapporsi, risultano dunque oggettivamente difficili da separare, quando non si debba dire che è del tutto arbitrario tentare di farlo. Non mancano tuttavia lessici italiani che le hanno senz’altro distinte; così, per esempio, il Rigutini-Fanfani, che spiega: “Scipito, Che è senza sapore. // Detto di vivanda, Che non è salato quanto basta”. Cfr. invece il Carena “vale Scipito, senza sapore, e più particolarmente senza sale, o non salato abbastanza”. Il Tommaseo (n. 3083) d’altra parte distingue senz’altro tra sciocco e insipido: ecco per esempio l’osservazione del fiorentino Meini “Può una vivanda non essere sciocca, e pure insipida; cioè, può esserci stato messo il sale, e nondimeno, sia per mancanza di condimento, sia per la qualità della roba stessa, non aver quel sapore che la rende grata al palato”. La datazione si situa nel sec. XIV: ‘senza sapore’ è, detto dell’acqua in contrapposizione al “buon vino”, nel Bencivenni, Volgarizzamento dell’esposizione del paternostro (tra il 1300 e il 1313 circa); detto del vino, nel Crescenzi volgarizzato: “La diversità del vino è per lo sapore, imperocché altro è dolce […], altro è sciocco” (di “vivanda”, con riferimento al sale, è attestato nelleNovelle di Franco Sacchetti). “Scipito e senza sapore” spiega già la I Crusca, e l’uso di sciocco per cibi e bevande si ritrova sempre nei vocabolari successivi, quando però riceve comunemente la qualifica di “toscano”. Solo, il Vocabolario del Migliorini gli attribuisce un’area più estesa: “Non comune fuori di Toscana e di qualche altro luogo”. […] Comunque in Toscana sciocco è saldissimo, in linea generale per nulla sospettato di possibile limitatezza geografica anche dalla persona colta (regolarmente sorpresa dell’ilarità che altrove suscita il suo dire che “la minestra è sciocca”)».