L’asticella del lavoro italiano non si muove. A mesi alterni oscilla di poco verso l’alto o verso il basso: minuzie, percentuali da zero virgola. Ma la svolta annunciata da Renzi non c’è. Lo dicono i dati diffusi dall’Istat sull’occupazione a dicembre 2015, a un anno dall’avvio degli sgravi contributivi per i nuovi assunti a tempo indeterminato, costati circa 2 miliardi.
Nell’ultimo mese dell’anno la stima degli occupati è addirittura scesa dello 0,1%, che significa 21mila persone occupate in meno. E il tasso di occupazione resta inchiodato a quel 56,4%, uno dei più bassi d’Europa. Cresce al contrario la stima dei disoccupati: +0,6%, pari a 18mila disoccupati in più, concentrati soprattutto tra i 25 e i 49 anni. E cresce anche il tasso di disoccupazione: +0,1%, arrivando all’11,4 per cento. Un anno fa era poco sopra il 12,5 per cento. Mentre gli inattivi, gli scoraggiati che un lavoro non lo cercano neanche più, sono aumentati tra le donne. E, a conti fatti, sono quasi gli stessi di un anno fa. Anche questa volta, l’Istat conferma che la “rivoluzione copernicana” del Jobs Act non si vede ancora. Soprattutto tra i più giovani.
A un anno dalla partenza dei bonus assunzioni per i contratti a tempo indeterminato e a nove mesi dall’avvio delle tutele crescenti, a conti fatti i tempi indeterminati in più sono solo 135mila. Una crescita dello 0,9% per cento. Quelli a termine, in compenso, sono aumentati di più: 113mila nuovi contratti, con un aumento del 4,9 per cento. Cala, in compenso, la platea degli autonomi, per i quali il governo sta lavorando a un Jobs Act ad hoc: 54mila in meno in un mese, 138mila in meno in un anno.
Ma la rivoluzione non si vede soprattutto tra i più giovani. Il tasso di disoccupazione nella fascia 15-24 anni a dicembre è diminuito dello 0,1%, fermandosi al 37,9 per cento. L’occupazione è cresciuta dello 0,1%, e il tasso di inattività è rimasto invariato. Insomma, calma piatta, altro che rivoluzione: ci muoviamo tra cifre che hanno lo zero dvanti. Anzi, per qualcuno la situazione peggiora: tra i 35 e i 49 anni anni il tasso di occupazione è addirittura diminuito dello 0,2 per cento. E se guardiamo i dati dell’ultimo anno, si vede che la curva dell’occupazione cresce in tutte le classi d’età, tranne che per i 25-34enni (per i quali cala di 0,3 punti percentuali). E il tasso di inattività, gli scoraggiati per intenderci, sono aumentati in tutte le fasce, tranne che per i più 50-64enni, che fanno segnare un calo di 1,1 punti percentuali. Il mercato del lavoro resta dominato dai più anziani.
Neanche le donne brindano. Il tasso di occupazione maschile si ferma al 65,9%, quello femminile è al 47,1%, uno dei più bassi del continente. La crescita dei disoccupati interessa soprattutto gli uomini, mentre tra le donne è diminuita dell’1,4 per cento. A fronte, però, di un aumento dell’inattività. Tradotto: non è che le donne siano meno disoccupate, è che alcune di loro il lavoro hanno smesso di cercarlo.