Occident Ex-PressIl giudice che salvò Sea come il marchese del Grillo: io so’ io e voi non siete un cazzo

Il giudice Adriano Leo salvò Sea Aeroporti da una maximulta europea per aiuti di Stato ma non poteva farlo. La sua ex collega in Tribunale: «Diceva 'Io sono il Presidente e faccio quello che voglio', sbattendo i pugni sul tavolo»

Una frase non cambia la storia. Ma cambia i destini di un’azienda sull’orlo del disastro. Sopratutto se a pronunciarla è un giudice, in questo caso il Presidente del collegio di Tar Lombardia che doveva decidere delle sorti di Sea Handling – la controllata di Sea che gestiva lo smistamento dei bagagli e i servizi a terra negli aeroporti di Malpensa e Linate.

Quel giudice, oggi in pensione, è Adriano Leo, imputato al Tribunale di Milano per falso ideologico con l’accusa di aver modificato una sentenza, quand’era Presidente della terza sezione del Tar Lombardia, per avvantaggiare il cervello e le braccia del colosso aeroportuale lombardo bloccando una maximulta europea da 452 milioni di euro per aiuti di stato.

E ad accusarlo è la sua ex collega, Silvia Bini, che davanti ai magistrati dichiara: «Lui disse: ‘Io sono il presidente e faccio quello che voglio‘, sbattendo i pugni sul tavolo, dopo che noi (lei e l’altro giudice di collegio ndR) gli avevamo fatto notare che non si poteva sospendere un provvedimento europeo». Perché i contenziosi aperti dalla Commissione con gli Stati si risolvono in Lussemburgo, negli uffici della Corte Europea di Giustizia, non in via Corridoni a Milano. Ma questo non sembra interessare – stando alla testimonianza della Bini – al giudice ispirato dalle frasi de Il marchese del Grillo del compianto maestro Monicelli.

«Lui disse: ‘Io sono il presidente e faccio quello che voglio’, sbattendo i pugni sul tavolo dopo che noi gli avevamo fatto notare che non si poteva sospendere un provvedimento europeo». Le gravia accuse mossa da Silvia Bini all’ex giudice del Tar Lombardia, Adriano Leo, imputato per falso ideologico a Milano

L’accusa è pesantissima: i tre giudici del Tar prendono una decisione in camera di consiglio concordata ma, il 23 maggio 2013, il Presidente Adriano Leo spariglia le carte e scrive un dispositivo di ordinanza diverso e lo deposita, con un verdetto che lascia perplessi diversi giuristi.

Meno perplesso è il Comune di Milano, principale azionista di Sea e che aveva fatto ricorso al Tar, che si vede salvato in extremis da una procedura d’infrazione comunitaria con il rischio di mettere in ginocchio Sea Handling. La sentenza sospese l’esecutività della multa da 360 milioni – questa la cifra contestata da Bruxelles come aiuti di stato – lievitata negli anni, grazie agli interessi, fino a 452 milioni di euro.

Negli ultimi due anni nuovi giochi di prestigio: Sea Handling avrebbe dovuto chiudere a fine giugno del 2014 e passare la propria pesante mano di poker ad Airport Handling, dal primo luglio dello stesso anno. Il percorso è stato rallentato per problemi di “travaso” di personale fra le due società.

Nuova società e vecchie pratiche: perché anche AH finisce sotto i riflettori e sempre per aiuti di stato. Venticinque milioni di euro di iniezione di capitale da parte di Sea SpA – società che da anni macina utili e dividendi – che devono essere vagliati alla luce nelle nuove normative comunitarie. I clienti, circa 40 compagnie aeree, intanto disdicono con Sea Handling i vecchi contratti e ne stipulano di nuovi con Airport Handling, esattamente alle stesse condizioni di prima. Il dettaglio insospettisce: per Bruxelles tutta l’operazione servirebbe a evitare di ripagare le cifre contestate. Secondo la Commissione “l’area grigia” riguarda in particolare la tipologia di attività trasferite, il prezzo stimato degli asset, l’identità degli azionisti (gli stessi di prima), le tempistiche e la logica economica. In poche parole, non si capisce in che cosa si distingua Airport Handling da Sea Handling se non nella possibilità di non ripagare eventuali multe.

Sea Handling doveva sparire e lasciare spazio ad Airport Handling. Per Bruxelles si tratta di una partita di giro per non pagare debiti e multe. Per l’ex Ministro Maurizio Lupi un modo di tutelare posti di lavoro nella logistica aeroportuale

Per i dirigenti del Comune di Milano e l’allora ministro Maurizio Lupi invece gli obiettivi sono chiari: parlano di tutelare i posti di lavoro di 2.200 persone fra addetti assunti direttamente e imprese connesse al mondo della logistica di terra. Come che sia, il dubbio che l’operazione rispondesse più a logiche da chirurgia estetica e di facciata che non alla sostanza rimane. Perché la vecchia Sea Handling aveva accumulato pesanti passivi fra 2002 e 2010 con un debito consolidato attorno ai 487 milioni di euro. Questo per una società che a fine anni ’90 era un esempio di efficienza e qualità e che macinava profitti e dividendi. Gli appetiti delle forze politiche bipartisan – lungo tutto l’arco costituzionale – hanno finito con spolparla dall’interno.

«Sea ha occultato per anni la grave crisi che stava passando dovuta a una gestione consociativa e a un’avversione ideologica a qualunque forma di concorrenza nei servizi terra di Malpensa e Linate. Il tutto è avvenuto nel silenzio del Comune di Milano. Non c’è un solo colpevole in tutta questa vicenda»


Dario Balotta, Presidente Onlit

Una vicenda giudiziaria e politica che non si conclude oggi e continuerà a fare discutere. «La gestione “politica” e monopolista di Sea è stata così intensa da arrivare a toccare il principio cardine di uno stato di diritto: l’indipendenza della magistratura» ha dichiarato Dario Balotta, Responsabile Trasporti di Legambiente e Presidente dell’Onlit (Osservatorio nazionale liberalizzazioni infrastrutture e trasporti) in un duro comunicato. «Sea ha occultato per anni la grave crisi che stava passando dovuta a una gestione consociativa e a un’avversione ideologica a qualunque forma di concorrenza nei servizi terra di Malpensa e Linate. Il tutto è avvenuto nel silenzio del Comune di Milano. Non c’è un solo colpevole in tutta questa vicenda» chiude Balotta con un giudizio secco.

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