C’è chi la vicenda del petrolio lucano la va raccontando da anni, l’ha scritta pure in un libro, “Le mani nel petrolio” (Reality Book, 2013) e l’ha raccontato in un dossier acquisito anche dalla commissione parlamentare di inchiesta sui rifiuti nella scorsa legislatura, presieduta da Gaetano Pecorella, dal titolo “Veleni industriali e politici della Basilicata”. Fino all’esplosione dell’inchiesta sul petrolio nella regione però in pochi si sono presi la briga di approfondire quanto Maurizio Bolognetti, segretario del partito Radicale in Basilicata, aveva da dire e scrivere.
Non solo, perché quando Bolognetti si presenta davanti alla commissione il 23 settembre 2010 viene anche audito. Con sé ha un corposo dossier, che l’allora presidente della Commissione Parlamentare Gaetano Pecorella ironicamente bolla come un «notevole malloppo» augurandosi che Bolognetti, interpellato come esperto in materia ambientale, non voglia leggerlo tutto.
«Mi pare che quel dossier – spiega Bolognetti a Linkiesta – alla fine non l’abbia letto nessuno, o che qualcuno l’abbia letto fin troppo bene». Nell’audizione del 23 settembre di ormai sei anni fa trova spazio anche la vicenda Viggiano. Bolognetti fu subito chiaro: «per dieci anni l’ENI ha operato, per quanto riguarda il monitoraggio della matrice ambientale aria e delle emissioni del Centro oli di Viggiano, in una situazione di sostanziale autocontrollo. Direi che successivamente a questi dieci anni il monitoraggio è stato non all’altezza, non adeguato». La stessa Eni segnalò almeno in una occasione alle istituzioni potenziali pericoli, ma le segnalazioni presero la via dei cassetti.
«Per dieci anni l’ENI ha operato, per quanto riguarda il monitoraggio della matrice ambientale aria e delle emissioni del Centro oli di Viggiano, in una situazione di sostanziale autocontrollo. Direi che successivamente a questi dieci anni il monitoraggio è stato non all’altezza, non adeguato»
Così tra protocolli per il monitoraggio che tardano ad arrivare da parte di Regione Basilicata e una «serie interminabile di conferenze decisorie, di conferenze di servizi, alle quali poi non corrisponde nessun risultato positivo», per utilizzare una frase della deputata Magda Negri allora presente e che ritornerà in questa storia, la vicenda dei rifiuti prodotti dall’attività estrattiva lentamente si affossa.
«Si affossa talmente tanto – racconta Bolognetti – che nella relazione finale della commissione al termine della legislatura il tema praticamente sparisce con la magistratura che tranquillizza e il nucleo dei Carabinieri che esclude pericoli». «Si parla, fatti nessuno», disse l’allora pm a Potenza Celestina Gravina, e a fargli da eco il consulente della commissione, il procuratore di Potenza Salvatore Colella, coinvolto nell’inchiesta toghe lucane di Luigi De Magistris, per cui fu trasferito da Matera a Potenza.
Lì i Radicali segnalarono il conflitto di interessi di Colella, evidenziando come questo fosse il marito dell’avvocato Marisa Clemente che nel 2012 difese Giovanni Castellano e la Semataf, società in orbita Eni fino al 2013, coinvolti in una inchiesta della direzione distrettuale antimafia per un presunto smaltimento illecito di rifiuti. Niente si mosse e nelle sedute della commissione è lo stesso procuratore di Matera Celestina Gravina a evidenziare come gli unici input su fatti ambientali arrivassero solo dal Partito Radicale.
«La commissione inauguri i lavori partendo dai personaggi che hanno contribuito all’andamento della precedente commissione: risentano i vari Colella, Negri, Piccioni e Gravina»
Nel 2013 la Commissione Pecorella chiude il mandato e relazione anche sullo stato dell’arte in Basilicata. I due relatori sono Magda Negri del Partito Democratico e Lorenzo Piccioni del Popolo della Libertà, rimasto impigliato lo scorso anno nell’inchiesta sulla Tirreno Ambiente in Sicilia.
Due giorni dopo lo scoppio dell’inchiesta potentina la stessa Magda Negri si dice sorpresa «Sono molto stupita per questa inchiesta in Basilicata sugli scarti e i reflui pericolosi dell’Eni, della Total che deve ancora incominciare a operare. Dico questo – continua Negri nella sua dichiarazione – perché quando nella XVI legislatura io sono stata membro della Commissione bicamerale per l’indagine della criminalità collegata alla raccolta dei rifiuti, mi sono occupata personalmente, e ho firmato un lungo lavoro durato più di tre anni, della Basilicata. Con grandi tecnici sono stata assieme ad altri in Basilicata e abbiamo sentito proprio tutti: gli amministratori, i carabinieri del Noe, tutti i magistrati». Aggiungendo poi che se problemi emergevano erano in relazione a rifiuti nucleari provenienti dall’Iraq e dagli ospedali.
Bolognetti non si fa attendere e risponde: «sono io a essere stupito del fatto che Magda Negri sia stupita, dato che nel 2010 nel dossier e nella mia audizione si era ampiamente trattato il tema. Amministratori, Carabinieri e magistrati l’avranno anche tranquillizzato, ma anche qui c’è da dire allora che la commissione d’inchiesta, dunque con compiti anche di inquirente, non ha fatto il proprio lavoro di approfondimento, ma è solo rimasta in superficie».
Insomma, andava tutto bene. Poi l’indagine, gli arresti e i sequestri. Qualcuno mormora che il cambio della guardia in procura sia stato determinante. L’arrivo del nuovo capo, Luigi Gay, avrebbe tolto vecchie ruggini e interessi. Intanto la nuova commissione d’inchiesta, insediatasi nella nuova legislatura a settembre 2014, programma la trasferta in Basilicata. Tra gli auditi, ironia della sorte, anche se la sorte c’entra poco, non ci sarà Bolognetti, che però si permette di dare un consiglio: «comincino i lavori partendo dai personaggi che hanno contribuito all’andamento della precedente commissione: risentano i vari Colella, Negri, Piccioni e Gravina».