Beppe Grillo ha cambiato faccia. Quattro mesi dopo l’avvio del tour, sembra che la seduta di psicanalisi collettiva con il suo pubblico stia dando alcuni risultati: Grillo è tornato a suo agio nella parte di se stesso. Al suo ritorno a Milano, giovedì sera agli Arcimboldi, ha tenuto la scena per due ore e mezza. E ha fatto piegare dal ridere il suo pubblico. Quasi senza sosta. E proprio nel momento in cui ha deciso di non tenere comizi per i candidati sindaco del Movimento 5 Stelle, mandando avanti (per il momento) i leader della nuova generazione.
Un Grillo diverso dalla sera del 2 febbraio, quando debuttò sempre a Milano (ma al LinearCiak) senza scaldare la platea, incerta se credere al pentimento del politico o al risveglio del comico, quindi avara nel dispensare sussulti e applausi. Uno spettacolo stanco, l’avevamo raccontato così, all’indomani. Certo, da allora molte cose sono improvvisamente cambiate. Da quando Gianroberto Casaleggio è stato sconfitto dalla malattia, Grillo non può che ricordare ogni sera il co-fondatore del Movimento 5 Stelle, che a febbraio era in prima fila ad ascoltarlo con la solita discrezione. «Mi ha cambiato la vita, l’ho sentito cinque volte al giorno per dodici anni, più di mia moglie», ripete con il cuore in mano, dopo aver raccontato storie di vite straordinarie per convincere il suo pubblico che «non c’è niente di impossibile». Come la rivoluzione fatta dal creatore di Netflix o i risultati del microcredito promosso da Yunus. Ma anche Beethoven che inventa la sua musica pur essendo sordo. Lo sta raccontando in giro per tutta l’Italia.
Al suo ritorno a Milano, agli Arcimboldi, ha tenuto la scena per due ore e mezza. E ha fatto piegare dal ridere il suo pubblico. Quasi senza sosta
Ma non è solo il dolore personale probabilmente ad aver cambiato di segno allo spettacolo. C’è il lavoro che sempre un artista fa su se stesso, di serata in serata, per migliorare la performance strada facendo. E poi c’è che sul palco Grillo sta portando meno politica, ne parla solo all’inizio e alla fine, e più se stesso. Un racconto più leggero, meno rabbia e meno invenzioni sceniche – come i dialoghi con l’ologramma di se stesso (il comico contro il politico, appunto) – ma con più confidenza con il pubblico.
Viene quasi giù il teatro quando Grillo ricorda la sua vita come una serie di sfighe (in scena li chiama i cigni neri) che però inaspettatamente lo hanno fatto trovare nei posti giusti al momento giusto. Tutto parte dal rapporto con il padre, taciturno e severo, «che non rideva mai alle mie battute, ma poi ho scoperto che se le rivendeva con successo al bar». Per far contento il padre, racconta di aver anche studiato ragioneria, poi economia e infine legge senza successo, al posto di seguire la sua passione per la letteratura. Racconta di aver perso il lavoro come rappresentante di commercio quando pensava che gli sarebbe arrivata la promozione. E di non essere stato pagato nel primo locale in cui si è esibito a Milano, perché il proprietario mori’. Un italiano come gli altri. Poi la Rai, gli spettacoli, la Parmalat, il Movimento 5 Stelle.
Certo, Grillo è abile. Sta su quel palco da una vita. Ma alla fine non risolve il dilemma: è ancora un comico soltanto o è un politico che cerca di sfuggire al suo destino? «Decidete voi», ha lanciato la palla al pubblico. E il pubblico penserà che sia ancora tutte e due le cose insieme. Perché alla fine un messaggio programmatico di fondo, lo spettacolo continua ad averlo: la parte più politica riguarda il progetto di un reddito universale da stabilire per legge. «Perché i robot sostituiranno sempre più il lavoro umano, gli altri lo hanno capito, noi no». E da lì si ripartirà dopo le elezioni Comunali. Perché per Grillo uno spettacolo ben riuscito è sempre stato il trampolino per una nuova fase. Soprattutto ora che la scomparsa di Casaleggio gli impone di non mollare.
Twitter: @ilbrontolo