TaccolaLa verità su Fiat Chrysler? L’accordo con Google è l’unico modo per uscire dall’angolo

Accordo fatto: su un centinaio di Chrysler Pacifica Google sperimenterà la sua tecnologia per le auto senza pilota. Si terrà i dati e il potere di proporre ad altri la tecnologia. Per Fca rimane però una vittoria. Che la toglie dall’immobilismo sul fronte tecnologico in cui si era cacciata

Alla fine l’immobilismo è finito e l’accordo con Google, ufficializzato alle 22.30 ore italiane del 3 maggio, fa uscire la Fca dall’angolo in cui si era cacciata. Più il tempo passava, più al Ces di Las Vegas le novità riguardavano principalmente il mondo dell’auto, più la presenza marginale della Fiat Chrysler Automobiles dal centro del campo da gioco dell’innovazione diventava evidente. Completare l’integrazione tra Fiat e Chrysler e ridurre il debito: sono state queste le parole chiave della strategia di Sergio Marchionne, il cui incarico da amministratore delegato di Fca scadrà nel 2018. Una tattica che nel recente e recentissimo passato ha pagato: le vendite sono cresciute a livello mondiale nel 2015 del 18% (+6% a cambi costanti, Ebit +40%, profitti +91%, debito industriale tagliato di un terzo) e il trend è continuato nel primo trimestre dell’anno. Martedì 3 maggio ci sono stati i dati positivi delle vendite in aprile per i mercati italiano (+11%) e Usa (+6%), superati da quelli di Spagna (+33%) e Germania (+19%). E in Italia le notizie sul fronte del lavoro sono da tempo positive, con la promessa di Fca di una piena occupazione negli stabilimenti entro il 2018. Però i problemi di prospettiva sono sempre rimasti sullo sfondo ed erano chiarissimi allo stesso Marchionne. Problemi, innanzitutto, legati alla sempre maggiore difficoltà per i singoli gruppi automobilistici ad avere ritorni soddisfacenti sul capitale investito. La causa? Gli investimenti sempre più ingenti richiesti dallo sviluppo di nuovi modelli e soprattutto nuove piattaforme produttive, come ha ricordato Marchionne esattamente un anno fa nella sua conference call dal titolo evocativo di “Confessioni di un drogato di capitale”. Guai comuni ma che, come mostrò uno studio di Mediobanca, colpivano la Fiat (ancor più di Chrysler) più di tutti.

A Google il tesoro dei dati

In attesa di un matrimonio, mentre Gm respingeva le avances e gli altri concorrenti, da Vw a Toyota, sembravano sempre più lontani, i ritardi sul lato della tecnologia si accumulavano. Quelli sul fronte dell’auto elettrica o ibrida sono rimasti tutti sul terreno. Sul fronte delle auto senza pilota, il cambiamento di paradigma è invece drastico. Fca, mettendo a disposizione un centinaio di proprie Chrysler Pacifica, ha bruciato sul tempo Ford, a lungo data per molto vicina a un accordo, così come Gm. Già lo scorso anno il ceo italo-canadese aveva parlato di una possibile intesa con Apple e Google. Aveva provato le auto di Mountain View e aveva strizzato l’occhiolino in maniera evidente alla società fondata da Steve Jobs. Poi l’accordo è arrivato con Alphabet-Google e a sparigliare le carte sembra sia stata la decisione di cedere a Google il controllo dei dati che saranno ricavati dai test. Una condizione contro la quale si era opposta strenuamente Gm, e con ragione: chi avrà i dati avrà sempre più potere e potrà utilizzarli in futuri accordi.

Non è un caso che un’altra clausola che Google-Alphabet ha ottenuto è che entrambe le aziende siano libere di fare altri progetti con altri produttori. Nessuna esclusiva è in vista, come d’altra parte non ci sono esclusive in un altro campo che Google conosce bene, quello degli smartphone. In quel caso a realizzare le varie versioni dei telefoni e tablet Nexus sono stati praticamente tutti i grandi produttori: Samsung, Lg, Htc, Motorola, Asus. Il sistema Android si è potuto installare in tutti i cellulari, con la sola esclusione di quelli Apple e dei Windows Phone (ex Nokia). «Mi aspettavo che l’accordo la cessione dei dati a Google, che è la società dei Big Data per definizione e il cui valore è di saper sfruttare i dati», dice a Linkiesta Giuseppe Russo, economista che dirige Step ricerche. Dove stiano i rapporti di forza è quindi ipotizzabile. Ancora una volta, Marchionne ne è sembrato consapevole ma non ha visto alternative, perché i costi di sviluppare sistemi proprietari nel campo delle driverless car, ha argomentato, erano troppo alti.

Fca, mettendo a disposizione un centinaio di proprie Chrysler Pacifica, ha bruciato sul tempo Ford e Gm. A sparigliare le carte sembra sia stata la decisione di cedere a Google il controllo dei dati che saranno ricavati dai test. Una condizione contro la quale si era opposta strenuamente Gm, e con ragione: chi avrà i dati avrà sempre più potere e potrà utilizzarli in futuri accordi

La via stretta

«Marchionne ha fatto bene, nessuno ha la forza per fare da solo», commenta a Linkiesta Giuseppe Berta, storico dell’industria all’Università Bocconi e tra i massimi studiosi della Fiat. «Le prospettive che Fca aveva davanti erano tre – continua -. La prima era quella di un accordo con un grande gruppo come General Motors, che non è riuscito. La seconda era di rimanere nei suoi perimetri attuali, ma si sarebbe trattato di un pericoloso galleggiare. La terza era proprio quella di appoggiarsi ai californiani».

L’alternativa a Google era Apple, ma si trattava di una strada quasi impossibile, perché la casa di Cupertino sta facendo tutto da sé, componente hardware inclusa. Nel suo progetto Titan lavora un numero imprecisato di progettisti strappati a Tesla, Volkswagen, Nvidia, Ford, Bosch e molti altri. Si dice siano tra i 600 e i 1.800. «Al massimo avrebbe trattato la casa come un semplice fornitore, per questo il dialogo con Bmw sta andando avanti a fatica. Penso che troverà un produttore in Cina, come la Foxconn per l’iPhone», dice Berta. Google, invece, è un erogatore di servizi e ha bisogno di un produttore, perché non vuole caricarsi della zavorra di costi degli impianti di produzione e perché il mestiere del costruttore di auto non si improvvisa (regola violata dal solo caso di Tesla). «Se il progetto la convincerà, sarà pronta a pagare bene, così come ha pagato miliardi per società come Instagram», aggiunge lo storico dell’industria. «Anche a Google l’accordo conviene, perché se continuava con i suoi prototipi rischiava di arrivare sul mercato dopo gli altri sviluppatori di tecnologia» aggiunge Russo. Molti produttori di auto, da Tesla ad Audi, passando per Bmw e Nissan-Renault hanno annunciato che saranno pronti con propri veicoli autonomi entro il 2020. «L’industria europea è tutt’altro che indietro», ricorda Gian Primo Quagliano, presidente del Centro Studi Promotor.

Quale auto autonoma?

Parlare di veicoli autonomi in generale, comunque, ha poco senso. È molto diverso lo scenario di una guida con pilota che prevede l’assistenza della tecnologia e una guida completamente senza pilota. Nel primo gruppo rientra tutto quello che è stato fatto finora, per esempio da Tesla o da Audi con la sua recente V7, che è già in grado di fermarsi in caso di pericolo, come un bambino che attraversa la strada. Nel secondo proprio le sperimentazioni di Google sui propri prototipi, che non hanno neanche il volante. Non è detto che tutti seguano quest’ultima strada. Tanto meno una società come Fca che, con modelli come il Suv Levante o la prossima Giulia, mettono al centro il piacere della guida. Visto che i problemi regolatori sono molti, lo scenario è ancora aperto e potrebbe essere che le auto completamente senza pilota finiranno per circolare solo in contesti protetti. E la Fca? «Potrebbe essere che trovi con Google una via di mezzo tra le due visioni, in cui Google rinuncia a un po’ di autonomia e Fca a un po’ di ruolo centrale del guidatore. Oppure è possibile che si creino due gamme distinte», dice Giacomo Cacciabue, amministratore delegato di Kostal Italia, società specializzata nella fornitura di componenti ad alta tecnologia. Secondo Cacciabue c’è un aspetto da non sottovalutare: «Oggi Fca non si può considerare in ritardo rispetto agli altri produttori, anche tedeschi, sul fronte dei sistemi tecnologici di supporto al guidatore. Le anticipo solo che la Giulia avrà dei sistemi che finora non sono stati adottati da nessun altra casa». Quali? «Non glielo posso ancora dire».

Accordandosi con Google, Fiat Chrysler stringe un’alleanza con lobbista formidabile. «Google ha un legame di ferro con la politica e un forte sostegno regolatorio», spiega Giuseppe Berta. La responsabile delle relazioni pubbliche di Mountain View, Johanna Shelton, è stata alla Casa Bianca 128 volte dall’inizio della presidenza Obama

Un lobbista per amico

Tra i vantaggi che Fca ricaverà dall’alleanza se ne contano altri due. Il primo è che così facendo potrà accedere ai 4 miliardi di dollari di incentivi che i presidente Usa Barack Obama ha stanziato per l’innovazione sul fronte delle driverless car. Una condizione che, almeno nelle fasi di sperimentazione, concentrerà gli sforzi negli Usa, e in particolare in uno stabilimento del Michigan. Il secondo è che, accordandosi con Google, Fiat Chrysler stringe un’alleanza con lobbista formidabile. «Google ha un legame di ferro con la politica e un forte sostegno regolatorio», spiega Berta. La responsabile delle relazioni pubbliche di Mountain View, Johanna Shelton, è stata alla Casa Bianca 128 volte dall’inizio della presidenza Obama e le visite totali di membri di Google sono state almeno 427. Se si parla di auto senza pilota, il tema regolatorio è enorme, perché va cambiato alla radice il codice della strada, e il percorso da fare ancora lunghissimo. Basti pensare che oggi solo pochi stati permettono alle auto senza pilota di effettuare i test, mentre a livello federale non ci sono autorizzazioni e non a caso è sul Congresso che si concentrano le pressioni di Google.

«Non dobbiamo dimenticare che la Magneti Marelli sviluppa già motori elettrici per altre case automobilistiche. Finora Marchionne ha sempre sostenuto che non c’erano i volumi per giustificare la produzione di auto a motore elettrico. Ma ha ragione quando dice che Fca potrebbe partire in pochissimo tempo»


Ferdinando Uliano, Fim-Cisl

Il fantasma del motore elettrico

Gli appoggi, dunque, serviranno tanto quanto la tecnologia. Ma, nella strada verso il 2020, o più realisticamente il 2025, quando le auto autonome cominceranno a circolare, la Fca dovrà anche cominciare a porsi il tema del ritardo nel motore elettrico. «Dubito che con l’avanzare delle nuova mobilità Fca possa proseguire con i soli motori a scoppio», dice Berta. Un segnale in questa direzione è dato dal fatto che la Chrysler Pacifica messa a disposizione per i test di Google sarà nella versione ibrida. L’ostilità di Marchionne all’auto elettrica è nota ed è stata ribadita perfino alla presentazione della 500 elettrica, a causa dei suoi alti costi. Alla presentazione della Tesla Model 3, di Elon Musk Marchionne ha detto: «Se mi dimostra che (l’auto) riesce a essere profittevole a quel prezzo (35mila dollari), copierò la formula, aggiungerò un tocco italiano e andrò lancerò sul mercato nel giro di 12 mesi». Solo una boutade spaccona? No, secondo un sindacalista Fim che la Fca la conosce bene, il segretario nazionale Ferdinando Uliano: «Non dobbiamo dimenticare che la Magneti Marelli (gruppo Fca, ndr) sviluppa già motori elettrici per altre case automobilistiche. Finora Marchionne ha sempre sostenuto che non c’erano i volumi per giustificare la produzione di auto a motore elettrico. Ma ha ragione quando dice che Fca potrebbe partire in pochissimo tempo». In un incontro con i sindacati Marchionne ha ipotizzato che il Suv Levante della Maserati in futuro potrebbe essere prodotto anche nelle versioni ibrida e totalmente elettrica.

Se la strada autartica non fosse praticabile, ci sarebbe un problema. Perché i produttori di auto elettriche difficilmente metterebbero a disposizione la propria tecnologia in vendita se non dopo troppi anni. «Accadrebbe solo se gli investimenti si rivelassero talmente gravosi da rendere inevitabile una condivisione dei costi», dice Russo. Oppure in caso di una fusione a tutto tondo. Questo è il prossimo capitolo che i vertici di Fca dovranno affrontare.

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