È una specie di piccola rivoluzione, quella di Conad. Da sempre sorella minore della ben più famosa cooperativa di consumatori, da qualche anno il gruppo guidato da Francesco Pugliese sta macinando numeri da record, tanto più in un periodo di crisi come quello attuale: «nel fatturato in 10 anni siamo passati da 7,1 a 12,2 miliardi, nella marca del distributore siamo passati dal 14% a quasi il 28%, il patrimonio è passato da 770 milioni a 2,2 miliardi – enumera Pugliese -. Una crescita, questa, che ci ha portato ad una quota di mercato del 14%».
Come avete fatto? Non dev’essere semplice in una fase in cui le persone tendono a spendere meno…
Il nostro modello di impresa cooperativa dove il socio-imprenditore è al centro si basa su un concetto di sviluppo più che di crescita.
Curioso. Voi siete ambasciatori del Festival della Crescita, che si è tenuto pochi giorni fa a Bologna…
È una questione di termini. La crescita è un dato sempre riconducibile ad un parametro numerico, lo sviluppo è un processo che si costruisce sulla base di una strategia di medio-lungo periodo. Inoltre lo sviluppo tiene conto delle persone e del loro benessere, non solo economico, ma anche sociale. Per questo noi pensiamo e guidiamo le nostre scelte sulla base delle nuove esigenze delle persone che si modificano continuamente sulla base dei mutamenti sociali ed economici.
Che vuol dire, in concreto?
Siamo l’unica insegna che è presente su tutti i diversi formati di vendita e non solo anche con canali specializzati. Inoltre siamo presenti su tutto il territorio nazionale, in tutte le provincie italiane.
Vero. Ma è vero anche che nessuna grande distribuzione organizzata italiana è mai riuscita ad andare all’estero. Come mai?
Su questo tema troppo spesso si fanno affermazioni che evidenziano problemi e difficoltà che risiedono in altre sedi. In particolare l’incapacità dell’industria e delle autorità competenti di tutelare il made in Italy. Si parla di oltre 60 miliardi di prodotti italiani contraffatti: basterebbe saper tutelare per dare una risposta a questa domanda forte che è presente nel mondo.
Senza nessuna Gdo che le accompagna?
Per quanto riguarda la suggestione di una Gdo che vada all’estero ritengo che sia una partita chiusa, non esistono possibilità concrete di avere uno sviluppo all’estero di una rete di negozi della distribuzione italiana.
E come si fa, allora?
Da parte di Conad posso segnalare che noi esportiamo prodotti Made in Italy attraverso la nostra alleanza europea esportiamo con il brand Creazioni d’Italia, prodotti della linea Sapori&Dintorni per un valore di circa 60 milioni.
«Abbiamo chiesto a diversi istituti di ricerca di analizzare l’impatto degli 80 euro ed emerge che sono stati utilizzati dalle famiglie per avere un maggior respiro nell’ambito dei consumi. È stata, a nostro avviso, una scelta giusta»
A proposito di crescita: ha qualche idea da suggerire al governo per rilanciare la domanda interna, visto che gli 80 euro sembrano non aver funzionato?
Non sta a me dire al governo cosa deve fare o non fare. Posso solamente commentare o esprimere delle opinioni legate al ruolo che ricopro in Conad. Per quanto riguarda il tema degli 80 euro, però, segnalo che in realtà hanno funzionato, eccome.Questa è una notizia…
Abbiamo chiesto a diversi istituti di ricerca di analizzare l’impatto degli 80 euro ed emerge che sono stati utilizzati dalle famiglie per avere un maggior respiro nell’ambito dei consumi. È stata, a nostro avviso, una scelta giusta.Basta rilanciare i consumi per ripartire?
Ovviamente no. Servono politiche di sviluppo che mettano al centro il lavoro, il sud, i giovani e gli investimenti pubblici e privati. Le scelte devono avere queste priorità, in particolare il lavoro si crea con l’industria che attraverso lo sviluppo della produzione crea domanda di lavoro e quindi crescita dei consumi interni.Visto che parliamo di futuro: a Expo un vostro concorrente ha presentato il supermercato di domani: il vostro come sarebbe stato? Quali sono le tre parole che lo caratterizzano?
La prima chiave del nostro futuro sono le persone, che ci parlano attraverso le loro esigenze e che dobbiamo soddisfare per poter competere. Sarà strategico avere con loro una relazione più targettizzata.La seconda?
La marca del distributore, perché è sempre di più un fattore di fidelizzazione della clientela e perché rappresenta un vero e proprio attributo di posizionamento e di reputazione dell’insegna.La terza?
I prodotti freschi: la vera capacità di scelta un distributore passa da questa parte dell’offerta per offrire qualità e perché sono i prodotti fondamentali per esaltare la componente emozionale dell’acquisto.In quest’ottica internet, secondo lei, è una minaccia o un’opportunità, invece? Amazon e altri negozi online stanno lanciando la vendita del fresco online: è la fine dei negozi?
Sicuramente l’e-commerce avrà un suo ruolo importante per il futuro e si ritaglierà una fetta del mercato della distribuzione nel largo consumo nell’ordine del 10-15% del totale a regime. Il negozio fisico è vivo e continuerà ad esserlo perché l’esperienza fisica di acquisto è ancora importante per gli italiani, soprattutto perché ancora coinvolgente da un punto di vista emozionale.Quindi per voi niente e-commerce?
Diciamo che da un lato è doveroso rafforzare i fondamentali del retail nei negozi fisici, dall’altro noi dobbiamo sicuramente valutare l’opportunità di entrare nell’e-commerce come competitor diretti.