Siria, gli Usa tentennano e la Russia guadagna consensi

Le contraddizioni di Washington hanno lasciato campo aperto alla Russia che guadagna consensi nella regione e fa dimenticare la Crimea

La Russia ha proposto agli Stati Uniti di combattere insieme Al Qaeda in Siria – cioè di colpire con raid congiunti la formazione jihadista Jabhat al Nousra – e gli Stati Uniti hanno detto no. Ci sono molte e valide ragioni dietro al rifiuto americano. Innanzitutto il timore di essere coinvolti in bombardamenti indiscriminati. Per Mosca, sono terroristi anche gli insorti siriani considerati dagli Usa come possibili interlocutori e nel caos della guerra civile la stessa Al Nousra è spesso mescolata sul territorio in modo inestricabile con altre formazioni ribelli. In secondo luogo, il fatto che stare dallo stesso lato della barricata del Cremlino, cosa già di per sé malvista a Washington, rischia di passare (presso alleati e non) come un sostegno alla dittatura di Bashar al Assad.

Eppure aver costretto gli Stati Uniti a rispondere negativamente è sicuramente un altro colpo di propaganda per Mosca, l’ennesimo nato nel contesto della guerra civile siriana, utile da spendere sia presso gli Stati del Medio Oriente, sia presso le opinioni pubbliche occidentali spaventate dal terrorismo islamico. Specialmente se arriva in un momento in cui Al Nousra sta cercando di creare un proprio Emirato in Siria dove addestrare aspiranti jihadisti, racimolare risorse e imporre la sharia e pronto a contrapporsi al Califfato dello Stato Islamico (un’operazione questa benedetta dallo stesso “numero uno” di Al Qaeda, l’egiziano Al Zawahiri).

Dopo due anni di conflitto in cui è rimasta sullo sfondo (pur aiutando il proprio alleato Assad), la Russia si è intestata il successo diplomatico di aver fermato nel 2013 l’intervento americano contro Assad – causato dal superamento della “linea rossa” sull’utilizzo di armi chimiche – quando oramai sembrava inevitabile

I tentennamenti e le contraddizioni americane in Medio Oriente sono causate, tra le altre cose, dall’incastro di alleanze storiche di Washington nella regione (con Stati nemici dei nemici dell’Isis), dal quadro geopolitico caotico e dalla politica poco interventista di Obama figlia dei fallimenti in Iraq e Afghanistan e vengono sfruttati dalla Russia per guadagnare terreno sia dal punto di vista strategico che da quello d’immagine.

Per quanto riguarda il primo, da quando è scoppiata la guerra civile siriana nel 2011 Mosca è andata aumentando il proprio peso, approfittando dei mancati interventi degli Usa. Dopo due anni di conflitto in cui è rimasta sullo sfondo (pur aiutando il proprio alleato Assad), la Russia si è intestata il successo diplomatico di aver fermato nel 2013 l’intervento americano contro Assad – causato dal superamento della “linea rossa” sull’utilizzo di armi chimiche – quando oramai sembrava inevitabile, e nel 2015 (con Assad in crisi e gli Usa poco inclini a imporre una exit strategy per la guerra in corso) è potuta intervenire direttamente. Da allora ha messo in sicurezza il regime, creato una nuova base permanente, pare ne stia creando una nuova a Palmira, ha schierato sistemi di contraerea avanzati che le danno il controllo sui cieli e in generale ha proiettato il proprio potere in Medio Oriente come mai negli ultimi decenni.

Per quanto riguarda poi l’immagine della Russia nel mondo, l’intervento siriano (anche grazie al confronto con gli scarsi risultati ottenuti dagli Usa contro l’Isis in Iraq e nella stessa Siria) ha fatto dimenticare a molti l’annessione della Crimea e in molti Paesi Putin viene visto come un leader che fa “davvero” la guerra al terrorismo. Poco rileva che ci siano dati inoppugnabili che dimostrano come l’intervento russo abbia preso di mira prevalentemente gli “altri” ribelli, più che quelli dell’Isis o di Al Qaeda, e addirittura ci sono ora sospetti su un possibile aiuto che i servizi russi avrebbero fornito a jihadisti caucasici per raggiungere il Califfato in Siria.

La propaganda di Mosca ha messo a segno alcune vittorie evidenti. Già l’intervento del 2015 “contro l’Isis” è stato abilmente venduto, potendo fare leva sulle contraddizioni di Washington quando il Cremlino chiedeva agli Usa di fornirgli una lista di gruppi jihadisti che era lecito colpire. La stessa tregua di fine febbraio 2016 è stata vista come una abile mossa della Russia, che pochi giorni dopo annunciava il suo “ritiro” dalla Siria (in realtà alcuni aerei sono rientrati in madrepatria ma elicotteri, mezzi, corpi speciali e intelligence sono ancora sul terreno e in azione).

A Palmira, nello stesso teatro dove i terroristi in nero decapitavano le persone, l’orchestra di San Pietroburgo – dopo la liberazione – teneva un concerto di musica classica

Ma la vittoria, non priva di importanti risvolti militari, che è stata più enfatizzata è quella di Palmira. Qui il regime di Assad col determinante aiuto di Mosca ha sconfitto lo Stato Islamico, liberando un sito archeologico patrimonio Unesco dove gli uomini del Califfo avevano commesso atroci crimini contro l’umanità e contro l’arte. Nello stesso teatro dove i terroristi in nero decapitavano le persone, l’orchestra di San Pietroburgo – dopo la liberazione – teneva un concerto di musica classica.

Quando gli Stati Uniti vengono dipinti come i veri creatori e finanziatori dello Stato Islamico, al centro di chissà quali congiure imperialiste, sono pochi complottisti male informati che ci credono. Ma l’opinione che ritiene la Russia più attiva nel contrastare il terrorismo islamico di quanto non siano gli Usa, fondandosi su alcuni elementi oggettivi, si va diffondendo. Mosca sa di mettere il dito sulla piaga quando chiede a Washington di fare raid congiunti contro Al Qaeda, o quando minaccia di «colpire i convogli di armi che dalla Turchia arrivano in Siria», esponendo le tensioni tra Washington e Ankara – alleati nella Nato – circa i rapporti di quest’ultima con alcune formazioni ribelli jihadiste. Di fronte all’aggressività verbale del Cremlino, che si fonda su parole semplici, le giustificazioni complesse della Casa Bianca sono poco efficaci, e gli Usa vengono percepiti da sempre più persone come un pugile suonato che non è più in grado di rispondere ai colpi.

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