Fuori da tutte le grandi città e superato dal Movimento 5 Stelle. Senza ritrovare una leadership condivisa e un messaggio chiaro, il centrodestra rischia di fare il palo, nella nuova stagione politica che porterà in meno di due anni al rinnovo del Parlamento. Nessuno degli obiettivi che la zoppicante coalizione guidata un po’ da Silvio Berlusconi e un po’ da Matteo Salvini si era posta con le elezioni Comunali è stato infatti raggiunto. Anzi, uno sì: il famoso “avviso di sfratto“ a Matteo Renzi. Solo che a firmarlo è stato il movimento di Beppe Grillo, che ha conquistato il sindaco a Roma e Torino anche grazie alla buona pubblicità dei leghisti e di qualche berlusconiano, che pur di fare un dispetto al leader del Pd avrebbero votato chiunque.
Il bottino elettorale del centrodestra è magrissimo nelle città medio-grandi. E le responsabilità della sconfitta vanno un po’ a tutte le anime di questa galassia un tempo capace di miracolose rimonte. A Milano Stefano Parisi ha sognato di riconquistare Palazzo Marino dopo cinque anni, forte di uno scarto di appena lo 0,9% al primo turno. Ma al ballottaggio Giuseppe Sala, l’ex commissario Expo candidato dal centrosinistra, ha tenuto botta e ha vinto con il 51,7%. Nella città in cui tutto è nato, l’alleanza che comprendeva la Lega , Forza Italia, Ncd a Fratelli d’Italia, giocava una sfida anche identitaria, sui temi della sicurezza, delle tasse, dell’immigrazione.
A Roma il centrodestra non era nemmeno arrivato al ballottaggio, dopo essersi diviso fra Giorgia Meloni e Alfio Marchini al primo turno. A Torino, stesso schema, anche se con percentuali ancora più basse. A Napoli per Gianni Lettieri, il candidato di Berlusconi, c’è stato invece un risultato di testimonianza: Luigi De Magistris è stato confermato sindaco con il 66,8%. Alla fine il vero risultato lo ha fatto Lucia Borgonzoni, candidata leghista per il centrodestra a Bologna, a cui Salvini aveva affidato la missione di scalzare il Pd e il sindaco Virginio Merola dalla guida del Comune. Non ce l’ha fatta, ma coagulando i voti delle opposizioni, è arrivata a raggiungere il 45%.
Un buon risultato a Bologna non basta però per dire che il centrodestra ha sbagliato a giocare solo una mano. E nemmeno la conquista di sindaci a Trieste, Novara e Savona può aiutare a farlo. A Varese, la Lega amministrava da 23 anni ininterrotti. Tre sindaci, due ministri e un presidente della Regione in carica, Roberto Maroni, che era anche capolista del suo partito: il candidato del centrodestra Paolo Orrigoni, un civico che era in testa al primo turno, è stato sconfitto dal candidato del Pd, Davide Galimberti. Varese e’ la città dove la Lega di Umberto Bossi è nata, ma è caduta come già Treviso qualche anno fa, segnando la fine di una lunga stagione politica che aveva conosciuto grandi fasti. Il risultato è che nella Lombardia guidata per diciotto anni da Roberto Formigoni e poi da Maroni tutti i capoluoghi sono ora in mano a sindaci del Pd. Un bel cappotto.
Se dunque non ci sono più roccaforti da difendere, come Milano o Varese, e se ci sono i 5 Stelle che raccolgono il voto di opinione (o di protesta) e riescono a diventare anche forza di governo, che spazio può esserci per un centrodestra debole? È la domanda a cui i dirigenti di quella parte politica dovranno presto rispondere, se vogliono ancora porsi come alternativa di governo. Soprattutto se si voterà con l’Italicum alle prossime elezioni Politiche. Berlusconi coi suoi malanni resta la grande incognita, ma la sua leadership era già in fase calante: Parisi è stato un candidato moderato che ha fatto raccogliere a Forza Italia il doppio dei voti della Lega, a Milano, ma le mosse del Cav a Roma e il crollo dei consensi del suo partito altrove hanno contribuito alla crisi. Anche Salvini resta una grande incognita: leader in pectore della nuova coalizione, nelle grandi città non è riuscito a conquistare spazi, se non a Bologna, perdendo posizioni storiche altrove. La mossa peggiore per il leader della Lega potrebbe però rivelarsi la ricerca di una sponda nel M5S: avrà probabilmente portato voti al movimento di Grillo, ma i grillini viceversa non sono accorsi a votare i candidati del centrodestra.
Di leader alternativi a Berlusconi o Salvini, non se ne vedono. Si dice Parisi, ma la sconfitta a Milano brucia e ai leghisti non andrebbe bene. Si è ipotizzato persino Maroni, ma Ia debacle lombarda lo ha indebolito, senza contare che vent’anni di Parlamento sarebbero un handicap verso competitor più giovani e politicamente vergini. Insomma, i ballottaggi hanno indicato al centrodestra la via di un terzo polo che sogna il governo ma non riesce a conquistarlo (leggasi ancora rischio Italicum), anche per mancanza di volti emergenti. C’è poco tempo per evitare che quella strada venga imboccata per forza d’inerzia.
Twitter: @ilbrontolo