Quesiti linguisticiI nomi delle dita dei piedi, spiegati dall’Accademia della Crusca

Sin da piccoli impariamo i nomi delle dita delle mani, ma non quelli delle dita dei piedi. Ma oltre a primo, secondo, terzo e quarto dito, sono in voga anche altri nomi

In collaborazione con l’Accademia della Crusca

Sin da piccoli impariamo i nomi delle dita delle mani: pollice [av. 1367; dal lat. pŏllĭce(m)], indice [sec. XIV; dal lat. ĭndĭce(m) propriamente “indicatore”], medio[av. 1499; dal lat. mĕdĭu(m)], anulare [sec. XIV; dal lat. tardo anulāre(m), der. di anulus “anello”] e mignolo [av. 1321; voce di origine espressiva (tutte le indicazioni etimologiche sono da GRADIT)]. Ricordiamo anche che «il maschile diti si riferisce ai diti considerati distintamente l’uno dall’altro: “i diti pollici”, “i diti indici”, ecc. Il femminile le dita si riferisce invece alle dita nel loro insieme: “le dita della mano”» (Serianni III, 118 h), come riportano anche le schede pubblicate sul nostro sito sui plurali anomali e sui plurali doppi.

Coloro che ci scrivono notano che, al contrario, le dita dei piedi sembrano non avere nomi propri, se non per l’alluce, detto anche, in contesti meno formali e al netto di definizioni dialettali, dito grosso, ditone (del piede) o pollicione. Una convenzione internazionale ratificata nel 1998 adotta, per quanto riguarda l’anatomia, la nomenclatura latina: i digiti pedis, quindi, partendo da quello più vicino all’asse mediano del corpo, sono:

  • I = Digitus primus o Hallux
  • II = Digitus secundus
  • III = Digitus tertius
  • IV = Digitus quartus
  • V = Digitus quintus o minimus pedis

(cfr. Terminologia Anatomica 1998). In ambito italiano le dita dei piedi sono “ufficialmente” chiamate primo dito, secondo dito, terzo dito, quarto dito e quinto dito. L’unica nomenclatura riconosciuta è dunque questa, con l’eventuale l’aggiunta di alluce e mignolo del piede per il I e il V dito.

Da alcuni anni girano, soprattutto in rete, degli elenchi per così dire “apocrifi” di nomi per le dita dei piedi. A parte il già noto alluce, le altre, partendo dal corrispondente dell’indice della mano, sarebbero chiamate:

  • illice o melluce o dilluce o dillice o polluce;
  • trillice o trilluce;
  • pondulo o pondo o pondolo o pìnolo o anulo;
  • minolo o minulo o mellino; per quest’ultimo è invalso nell’uso anche il nome mignolino (del piede).

Già il fatto che i nomi non siano completamente uniformi è spia della loro mancanza di effettivo radicamento nell’uso, se non addirittura di una reale circolazione.

Questa nomenclatura non appare né registrata nella lessicografia, né riportata in testi medici o scientifici. Ne troviamo attestazioni in romanzi e altri libri non specialistici in anni recenti: una delle prime risale al 2012, all’interno di un volume dal titolo 100 storie per quando è troppo tardi (a cura di Scuola Holden, L. Moisio e M. Trucco, Feltrinelli, Milano), in un racconto breve dal titolo Ultimo, il maialino, che qui riportiamo integralmente.

Una sera la scrofa Carolina decise di partorire. La piccola Maia aveva trascorso tutto il giorno a inventare nomi, uno per ciascun lattonzolo, quattordici in tutto. “Forza Carolina”, diceva, “ecco un maschietto!”. Ed ecco una femminuccia! Così Maia aveva cominciato ad assegnare i nomi ai nuovi nati:

Prima come le dita dei suoi piedini, dal più piccolo al più grande: Minolo, Pondulo, Trillice, Illice, e Alluce! Poi le dita delle mani, dal più grande al più piccolo: Pollice, Indice, Medio, Anulare, Mignolo. E per gli ultimi quattro, i colori: Rosa come la mamma; Viola, il suo fiore preferito; Bruno, come il papà; Gialla, come la pesca a merenda.

Poi, ogni maialino corse a una mammella a bere il primo latte della sua vita. E qui arrivò la sorpresa: un quindicesimo maialino! Maia non aveva pensato a quell’ultimo nome e dovette improvvisare: “Ultimo, proprio così ti chiamerai”, disse. Ed ecco la seconda sorpresa: Carolina aveva solo quattordici mammelle! Come avrebbe fatto Ultimo a sopravvivere?

Maia sentì le lacrime colmarle gli occhi, ma non si perse d’animo. Corse in cucina, riempì di latte un biberon del suo fratellino e nutrì Ultimo. Quella sera, dopo la poppata, Ultimo seguì Maia come se fosse la sua mamma. Si strinse tra le sue braccia, chiuse gli occhi e si addormentò.

Alcune ricerche con Google permettono di datare le prime attestazioni intorno agli anni immediatamente successivi al 2000; dal 2003, i nomi compaiono sempre più spesso in pratiche di medicina non tradizionale, come testi di osteopatia, riflessologia plantare, agopuntura e discipline correlate. Nel corso degli anni, da più parti si nota che tali nomi non sono registrati nella lessicografia ufficiale o nei manuali di medicina, e alcuni ventilano che si tratti di termini desueti, anticamente in uso e poi caduti in disuso. Le ricerche effettuate non sembrano dare supporto a questa tesi, dato che prima degli anni Duemila non compaiono attestazioni né cartacee né elettroniche. Parallelamente, l’Accademia della Crusca ha ricevuto domande sulla questione dal 2003 in poi, a ulteriore dimostrazione della recente diffusione di questa nomenclatura non ufficiale. Nel 2008, il sito Salute24, del gruppo Sole 24 Ore, riportava una variante di questi nomi come pura curiosità: il passare degli anni non ha, a quanto pare, permesso di gettare luce sulla loro origine.

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