Palestre di dibattito, il ritorno 2.0 dell’ars retorica

Il ritorno su YouTube e nelle scuole dei tornei di disputazione: contest in cui ci si sfida a colpi di argomentazioni e in cui la correttezza vale più del vero e falso

In principio c’era Socrate. Davanti al tribunale cittadino di Atene, come racconta Platone nell’Apologia, dovette difendersi dalle accuse di empietà nei confronti dei giovani, delle autorità e degli dei. Era il quarto secolo avanti cristo. La Grecia rappresentava la culla dell’Occidente e un uomo saggio e provocatore aveva la possibilità di far valere la propria voce e difendersi in pubblico. Alla fine, però, la cicuta ebbe la meglio ma quel che arrivò fino a noi è un manuale di dibattito che funziona ancora oggi. Dal 2006, al dipartimento Fisspa (Filosofia, sociologia, pedagogia e psicologia applicata) dell’Università di Padova, il professor Adelino Cattani cerca di riportare in auge un’attività che conquista gli studenti: le palestre di botta e risposta.

«Di fatto la disputatio la abbiamo inventata noi – afferma Cattani, docente di Teoria dell’argomentazione – Perché in Europa è stata abbandonata. Sta invece rifiorendo Oltreoceano. Pensi che persino in Cina, un Paese non proprio democratico, organizzano dei tornei di argomentazione». Gli stessi che Cattani ha rilanciato durante le sue lezioni e all’interno degli istituti primari e secondari. Come funzionano? All’inizio, da ottobre a gennaio, una fase formativa che introduce gli studenti alla pratica argomentativa: dalla differenza rispetto alla dimostrazione scientifica, all’importanza della comunicazione non verbale passando per tecniche e trucchi da utilizzare durante il dibattito. Elementi che, giocati al momento giusto, garantiscono la vittoria. Perché, sia chiaro, questa è una vera e propria competizione. Parte a fine gennaio e si conclude a maggio.

«Ai ragazzi piace, loro sono provocatori nati data la loro giovane età. Alcuni hanno chiesto al preside di aprire la scuola per prepararsi alle gare. Una cosa che si vede raramente. Inoltre i dati confermano che chi partecipa a questa attività ha risultati migliori alla maturità e, nel breve periodo, sviluppa un’interesse maggiore per le altre discipline»


Adelino Cattani

A regolare gli scontri dialettici, un protocollo di comportamento, il Patavina Libertas: un insieme di norme per il rispetto di modalità e tempistiche di esposizione che lasciano comunque spazio al dibattito più diretto e meno istituzionalizzato. A gareggiare, di volta in volta, due gruppi a cui viene affidata d’ufficio una posizione da sostenere e difendere. Nella finale del 29 maggio, ad esempio, il tema era: dovremo diventare vegetariani per salvare il mondo? A vincere sono stati i disputanti del Liceo “Galilei” di Padova. «La valutazione rimane l’aspetto problematico – rivela Cattani – Sto lavorando da tempo per sviluppare una scheda di giudizio il meno soggettiva possibile. Una cosa davvero difficile anche se chi valuta cerca di concentrarsi su alcuni aspetti standard: quantità e qualità delle argomentazioni, la loro forza o solidità e la loro struttura o capacità espressiva».

Al di là dei premi, il progetto delle Palestre di Botta e Risposta si presenta innanzitutto come attività formativa. «Ai ragazzi piace, loro sono provocatori nati data la loro giovane età. Alcuni – racconta Cattani – hanno chiesto al preside di aprire la scuola per prepararsi alle gare. Una cosa che si vede raramente. Inoltre i dati confermano che chi partecipa a questa attività ha risultati migliori alla maturità e, nel breve periodo, sviluppa un’interesse maggiore per le altre discipline». L’obiettivo, insomma, non è quello di creare il polemista perfetto («al massimo puntiamo a un disputator cortese»), ma di valorizzare alcuni aspetti della personalità degli studenti: comunicazione, autostima, improvissazione, ecc. E dopo quarant’anni di studi in questo settore Cattani può affermare che «l’argomentazione è un’attività dai molteplici effetti positivi, soprattutto crea capacità in chi non ce le ha e affina quelle di chi le possiede già».

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Ma ai tempi del Web 2.0, anche una tradizione antica – sebbene da poco riportata in auge – merita un restyling. Un tentativo efficace è arrivato nel 2006 con il film Thank you for smoking, che oltre al rapporto padre-figlio, portava sul grande schermo la forza della retorica. Soprattutto nella scena in cui i due protagonisti, il lobbista Nick Naylor e suo figlio mangiano il gelato discutendo se sia meglio il gusto panna o quello cioccolato. Ma se vuoi puntare ai Millennial allora è meglio aprire un canale YouTube. L’idea è di Riccardo Dal Ferro, conosciuto sulla piattaforma video col nome di Rick DuFer («ma non chiamatemi youtuber, sono solo una persona normale che sfrutta il mezzo per parlare di filosofia»). Vicentino di Schio e laureato in Filosofia a Padova, ha raccolto oltre 500 mila visualizzazioni sulla propria pagina grazie a video che cercano di integrare filosofia e attualità, concedendosi anche il tempo per qualche speculazione. Dal 2015, Dal Ferro ha dato vita alle AgoràDuFer: contest di argomentazione in cui due interlocutori si confrontano su un tema deciso dal titolare del canale e assegnato 30 secondi prima del via. «Penso di essere l’unico in Italia a proporre questo tipo di contenuti, che hanno poco a che fare con i dibattiti minuziosamente regolamentati all’americana. Le persone si divertono e io mi sono creato una nicchia che mi permette di fare ciò che mi piace di più».

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Anche qui, in ogni caso, quel che conta è vincere. Per farlo, basta seguire e interpretare al meglio le cinque regole del dibattito: «Per prima cosa – inizia ad elencare Dal Ferro – bisogna ricordare che non c’è nulla di sacro, niente è intoccabile e si può dibattere su ogni cosa. Secondo, è necessario sapersi immedesimare nelle persone e nelle posizioni diverse dalle proprio. Se amo Taranitno, per esempio, potrebbe essermi chiesti di sostenere chi critica The Hateful Eight. Terzo, riuscire a entrare nei fiati degli altri per saperlo interrompere con le proprie argomentazioni al momento giusto. Quarto, disfarsi del concetto di vero e falso perché quel che conta è la correttezza dell’argomentazione. Ultima cosa: ricordarsi che di ogni argomentazione si può fare una tesi».

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