Mentre in Italia si facevano i conti delle amministrative, il 20 giugno nel mondo si è celebrata la Giornata del rifugiato. Indetta per la prima volta nel 2001, a cinquant’anni esatti di distanza dall’approvazione della Convenzione sui profughi da parte delle Nazioni Unite. Secondo i dati di Unhcr, nel 2015 sarebbero stati circa 65 milioni le persone in fuga: uno ogni 113 abitanti del pianeta e sei milioni in più rispetto all’anno precedente. Una nazione in movimento più popolosa dell’Italia e formata per metà da minorenni. Un trend in salita influenzato da tre fattori: le crisi che causano grandi flussi di rifugiati durano, in media, più a lungo (i conflitti in Somalia o Afghanistan stanno entrando rispettivamente nel loro terzo e quarto decennio); è maggiore la frequenza con cui si verificano nuove situazioni drammatiche o si riacutizzano crisi già in corso (la più grave in questo senso è la Siria a cui si aggiungono anche Sud Sudan, Yemen, Burundi, Ucraina, Repubblica Centrafricana, ecc.); la tempestività della risposta a tali crisi rallenta, ossia: le soluzioni per rifugiati e sfollati interni tarda sempre di più ad arrivare dalla fine della Guerra Fredda. Ecco allora che per un popolo in movimento è necessaria un’ifrastruttura in movimento. Come nel caso di Refugees Info Bus che gira la zona di Calais fornendo uno smartphone e una connessione a chi ha trovato rifugio nei campi lungo la costa nord della Francia. Nono solo internet, però. Chi si occupa del servizio bus ha messo in piedi workshop di formazione al diritto dei migranti e una testata giornalistica in cui raccogliere la voce di chi sta scappando dalla propria casa. Nel rapporto Unhcr, d’altronde, la maggior parte dei migranti, circa 40 milioni, è ancora in fuga dal proprio Paese.
21 Giugno 2016