Persone diverse con storie diverse, ma tutte accomunate da una grande sofferenza, dalla distruzione della propria famiglia, da un castello costruito di menzogne e alibi. Mai nessuna droga era stata così devastante da creare questo tipo di reazioni nelle persone, mai nessuna droga aveva colpito non solo i giovani, ma soprattutto gli anziani. Persone a volte sole, a volte con una famiglia e con i sacrifici di una vita andati distrutti da ciò che – dicono – doveva essere solo un “gioco”, ma che ben presto si è trasformato in un incubo. Che cosa spinge queste persone a giocare d’azzardo? Forse la solitudine, forse il desiderio di non pensare ai propri problemi, l’illusione di una vincita facile (che poi vincita non è mai), l’idea di stare in compagnia e trascorrere la giornata? Ancora non lo sappiamo. Ognuno si affaccia all’azzardo spinto da una motivazione diversa, in cerca di qualcosa di diverso, ma in tutti i casi il passo da una “giocata solitaria” ad una vera e propria dipendenza è breve. E se non c’è un famigliare, un proprio caro che, esasperato dalla situazione decide di chiedere aiuto, uscirne è ancora più difficile.
Piera ha 75 anni ed è malata di azzardo. Gioca alle slot machine da più di dieci anni ma non riconosce il problema. A contattarci sono i figli, disperati per essersi trovati di fronte una madre diversa da quella che pensavano di avere. Dopo mesi di incontri con i figli, riusciamo ad agganciare la signora e a convincerla a partecipare ai nostri gruppi terapeutici contro il gioco d’azzardo patologico. Piera all’inizio è titubante, crede di non riuscire a parlare dei propri problemi (che ancora non ritiene gravi) con altri e di poter raccontare la propria storia.
Piera è stata una moglie, una mamma e una nonna che ha sempre dedicato la propria vita agli altri. Ha cresciuto con amore due figli maschi che, nonostante il forte senso di rabbia per i soldi sperperati nel mondo dell’azzardo, nutrono per lei ancora forti sentimenti, ha cresciuto le proprie nipotine e ha dedicato più di dieci anni di cure al marito gravemente malato di tumore che è venuto a mancare circa un anno fa. All’interno del suo dedicarsi agli altri si è insinuata la voglia di giocare, a partire dalle sporadiche frequentazioni al casinò quando ancora il marito era in salute, fino al gioco solitario e nascosto nelle slot del bar di paese. Una via di fuga dai problemi di tutti i giorni, un “passatempo” che in poco tempo si è trasformato in un incubo, creando un circolo vizioso di menzogne e di sotterfugi e facendole sperperare i risparmi di una vita e facendo incrinare i rapporti con gli adorati figli e con le nipoti. Fino alla dolorosa scoperta da parte dei figli, la rabbia e il dolore per quando commesso. Piera pensava di non far nulla di male, era solo un modo per trascorrere il tempo, per non star sola e per incontrare “le altre signore che come me si trovano lì tutti i giorni”.
Piera ha 75 anni, ha cresciuto le proprie nipotine e ha dedicato più di dieci anni di cure al marito gravemente malato di tumore. All’interno del suo dedicarsi agli altri si è insinuata la voglia di giocare, a partire dalle sporadiche frequentazioni al casinò quando ancora il marito era in salute, fino al gioco solitario e nascosto nelle slot del bar di paese
Nonostante i timori iniziali, Piera si è subito aperta all’interno del gruppo, esternando dapprima la rabbia e la frustrazione legate al controllo economico da parte dei figli, quasi a riconoscere il proprio valore solo in base a quanti soldi può avere a disposizione al giorno. Progressivamente sono emersi sentimenti di solitudine, di disperazione legati alla morte del marito, all’essere sola in un paese di periferia senza possibilità di svago. Piera è l’esempio di una donna che ha dedicato la sua vita agli altri e che negli ultimi mesi ha pensato, erroneamente, di trovare un po’ di consolazione all’interno di quel mondo diabolico che è l’azzardo. Un mondo che non consola, che non riempie la giornata, ma che toglie tutto. Toglie i soldi, la fiducia, gli affetti. La strada per uscirne è in salita, ma si può intraprendere con fatica e sincerità.
Roberto ha 65 anni, una moglie e due figli. Gioca d’azzardo alle slot da non sa neanche lui quanto. Ha il bigliettino del nostro centro di ascolto che ha trovato dal medico di base un pomeriggio che è andato a fare una visita. L’ha preso perché si è sentito toccato da quelle parole ma non ha mai avuto il coraggio di chiamare, forse per la paura di ammettere di avere un problema. Paura di ammetterlo alla propria famiglia, paura di ammetterlo prima di tutto a se stesso. Una mattina, mentre sta svolgendo il proprio lavoro in giro per la città con il camion, prende coraggio e chiama. Gli viene dato appuntamento subito e gli viene chiesto di tornare al pomeriggio insieme alla moglie perché il primo passo è la chiarezza e la sincerità. La tempestività dell’intervento fa sì che Roberto si renda conto di non essere solo, di avere di fronte delle persone che hanno a cuore il suo problema che sono lì per aiutarlo. Inizia così il percorso di Roberto e Silvia, un percorso fatto di rabbia, insulti, rivendicazioni fino quasi alla decisione di divorziare. Silvia è distrutta, dice di trovarsi di fronte un uomo completamente diverso da quello che ha conosciuto, di cui si è innamorata e che ha sposato. Roberto era un uomo buono, un uomo che diceva sempre di sì a tutto e che si faceva in quattro per il lavoro e per la famiglia. Ora le slot machine gli hanno tolto tutto, l’hanno reso un uomo con il viso segnato, magro, perennemente teso ed agitato.
La tempestività dell’intervento fa sì che Roberto si renda conto di non essere solo, di avere di fronte delle persone che hanno a cuore il suo problema che sono lì per aiutarlo. Inizia così il percorso di Roberto e Silvia, un percorso fatto di rabbia, insulti, rivendicazioni fino quasi alla decisione di divorziare. Silvia è distrutta, dice di trovarsi di fronte un uomo completamente diverso da quello che ha conosciuto
Iniziato come un “passatempo”, l’azzardo pian piano si è insinuato nella giornata di Roberto portandogli via il tempo libero, le passioni e gli hobby che aveva. Ogni minuto era speso attaccato a quelle macchinette sperando di vincere e di recuperare i soldi che vi aveva buttato dentro. Per coprire le spese effettuate, Roberto ha sperperato dapprima i soldi della madre anziana ed in seguito ha aperto due conti con due finanziarie, il tutto all’oscuro dalla moglie. Il primo passo, lento e faticoso, è stato quello di chiarificare a Silvia tutti i debiti effettuati e i soldi spesi. Solo avendo tutto chiaro sotto gli occhi la donna è riuscita ad accantonare i forti sentimenti di rabbia e a disporsi, a fatica, nello stato d’animo di guardare avanti e a cercare di ricostruire la propria famiglia distrutta. Ora la fiducia è totalmente distrutta, la paura delle menzogne è dietro ad ogni azione e ad ogni gesto. Non c’è più spazio per l’affetto e per l’intimità, c’è solo tanta rabbia e delusione. Ma, dal primo incontro ad oggi, la coppia non ha mai mancato un solo appuntamento, si sono sempre fidati e affidati a noi e pian piano il terreno distrutto dall’azzardo si sta predisponendo ad essere di nuovo fertile per far crescere qualcosa.
Roberto, una volta tolto il peso che a fatica si portava dentro, ha iniziato ad essere nuovamente più sereno; Silvia sta supportando suo marito e si sta facendo aiutare nel ricreare il rapporto.
Dalla finta ruota bucata, ai finti esami del sangue, la fantasia di Enzo per procurarsi i soldi per giocare non aveva limiti. E spesso il gioco si associava al consumo di alcol: “Perché mentre sei lì ti offrono da bere, perché più bevi più giochi”. Finché, una volta venute a galla tutte le bugie, è stato sbattuto fuori casa
Enzo è un uomo brillante, uno a cui piace stare in mezzo alle persone, a cui piace sentirsi utile e avere mille cose da fare. All’interno del nostro gruppo è chiamato in modo affettuoso “il professore” perché la sua storia è stata di aiuto a tanti e lui stesso è stato un modello positivo per persone che hanno trovato in lui un sopporto e un amico per uscire dal mondo dell’azzardo.
Ma quando è arrivato da noi il professore non era così, era un uomo distrutto, senza più nulla, senza più una casa, una famiglia, costretto a dormire in macchina perché la moglie lo aveva sbattuto fuori casa. Dopo aver lavorato una vita e aver cresciuto tre figli, la giornata di Enzo negli ultimi anni era dedicata alle slot machine anzi, alla slot machine, perché voleva giocare sempre e solo alla stessa. Dalla finta ruota bucata, ai finti esami del sangue, la fantasia per procurarsi i soldi per giocare non aveva limiti. E spesso il gioco si associava al consumo di alcol: “Perché mentre sei lì ti offrono da bere, perché più bevi più giochi”. Finché, una volta venute a galla tutte le bugie, Enzo è stato sbattuto fuori casa. Nemmeno quello gli è servito a rendersi conto del problema perché per i primi tempi ha continuato a giocare sperando di rivincere tutto e di potersi riscattare. Ma il vero riscatto è stato farsi aiutare. Il professore ha chiesto di essere accolto nella nostra comunità dove è stato tre anni perché era diventata la sua unica casa. Ha partecipato ai nostri gruppi terapeutici dapprima facendosi aiutare, poi diventando aiuto e supporto per gli altri. Oggi Enzo è un uomo nuovo, il matrimonio con la moglie è finito, ma in un clima di rispetto ed affetto. I figli non lo vedono più come un uomo da sbattere fuori casa, ma come un esempio da seguire: una persona che ha commesso tanti errori, ma che ha avuto la forza di chiedere aiuto e di rialzarsi.
* Psicologo, lavora da anni nelle strutture della comunità Casa del Giovane di Pavia dove è coordinatore dell’Area Giovani e dipendenze. Giudice onorario presso il Tribunale per i Minorenni di Milano.