Europa al bivio: chi ha ucciso lo spirito di Ventotene?

Appunti per Merkel, Renzi e Hollande alla vigilia del vertice a tre per ridare un’anima all’Europa, lì dov'è nata. Tre consigli: tornare a parlare di solidarietà, smettere di usarla come alibi, costruire istituzioni sovranazionali forti, autorevoli e legittimate

Ventotene ospita oggi il vertice tra Renzi, Hollande e Merkel. Il secondo dal referendum britannico, l’ennesimo in una lunga serie di crisi vissute in questi mesi dall’Ue. L’isola laziale torna con cadenza regolare a essere evocata ogni qualvolta l’Europa sembri smarrire la via o semplicemente veda appannarsi il proprio spirito. E non potrebbe essere diversamente, è qui che nel 1941 Altiero Spinelli, Ernesto Rossi, Eugenio Colorni e Ursula Hirschmann scrissero “Il manifesto” per un’Europa federale. Un testo definito profetico e che ha gettato le basi per l’Europa di oggi, ma che soprattutto negli ultimi anni sembra ostaggio delle (ancora) 28 capitali Ue.

Colorni, Spinelli e Rossi auspicavano nel lontano 1941 la nascita di una categoria politica nuova, i rivoluzionari europei. Ovvero una generazione di nuovi leader ispirati dai valori federalisti e pronti a tutto pur di difenderli. Nessuno di loro immaginava che una volta costituita l’Ue sarebbe servita per lo più a giustificare errori e ritardi della gestione politica nazionale, spostando di un gradino più in su la responsabilità nei confronti degli elettori.

Il Continente federale, descritto nel Manifesto di Ventotene è stato tradito più volte e a più riprese. E il vertice di oggi non migliora il quadro, perché se è vero che il tema centrale della riunione è arrivare a una strategia congiunta tra Francia, Germania e Italia davanti al materializzarsi dell’uscita di Londra dall’Ue, dall’altro è pur vero che il Governo Italiano ha già colto la ghiotta occasione per rilanciare richieste di flessibilità e investimenti. Forse a ragione, ma ancora una volta in barba alle regole volontariamente approvate e che dovrebbero essere valide per tutti.

Colorni, Spinelli e Rossi auspicavano la nascita di una generazione di nuovi leader ispirati dai valori federalisti e pronti a tutto pur di difenderli. Nessuno di loro immaginava che una volta costituita l’Ue sarebbe servita per lo più a giustificare errori

Il peccato originale dell’Unione europea è aver perso nel corso del tempo il rapporto con il concetto di solidarietà sociale, che pure era stato ben definito e spiegato nel 1941. Figli e testimoni del naufragio dei nazionalismi nei totalitarismi, Colorni, Rossi e Spinelli ritenevano che la società europea potesse progredire verso una federazione di Stati soltanto a patto di eliminare le differenze tra i cittadini dei diversi Paesi.

Il cosiddetto “principio di armonizzazione”, che ha guidato i primi passi della CEE e poi dell’Ue e che ha subito negli ultimi anni pesanti battute di arresto. La crisi economica del 2009 ha fatto il resto insieme alla Troika e alle misure lacrime e sangue imposte all’Europa Meridionale. Non sempre a torto, sia chiaro. La vittima di questi anni di austerità e caos politico è stata, però, proprio lei, la solidarietà sociale tra i popoli. Il collante dell’intero progetto comunitario.

Serve a poco ipotizzare di creare la nuova scuola di formazione per le élites europee a Ventotene, se non si coltiva anche il parallelo attaccamento dei cittadini alle frontiere aperte e alla cura delle conquiste operate negli ultimi settanta anni. Di quanto scritto da Colorni, Rossi e Spinelli poco è stato effettivamente messo in pratica e molti dei loro dubbi si sono invece materializzati. Un Parlamento europeo ancora oggi privo dei poteri riconosciuti alle stesse assemblee nazionali, il naufragio del progetto di una Costituzione comune e il permanere della gestione della difesa e degli affari esteri a livello nazionale. Per i tre autori del Manifesto di Ventotene questi sarebbero dovuti essere i pilastri dell’Europa del futuro. Lo stesso principio dell’evoluzione della casa comune europea attraverso crisi e cicli di aggiustamento, lucidamente previsto dagli autori del Manifesto di Ventotene ha assunto negli ultimi mesi un ritmo e soprattutto dei toni che potrebbero facilmente far naufragare l’intera struttura, soprattutto in assenza di capitani coraggiosi e leader politici davvero pro-europei.

Il peccato originale dell’Unione europea è aver perso nel corso del tempo il rapporto con il concetto di solidarietà sociale. Il cosiddetto “principio di armonizzazione”, che ha guidato i primi passi della CEE e poi dell’Ue ha subito negli ultimi anni pesanti battute di arresto

Settantacinque anni fa, a Ventotene tre uomini privati della loro libertà per aver espresso opinioni divergenti rispetto al regime di Mussolini scrivevano: “È apparso evidente che nessun paese d’Europa può restarsene da parte mentre gli altri si battono, a nulla valendo le dichiarazioni di neutralità e di patti di non aggressione. È ormai dimostrata la inutilità, anzi la dannosità di organismi, tipo della Società delle Nazioni, che pretendano di garantire un diritto internazionale senza una forza militare capace di imporre le sue decisioni e rispettando la sovranità assoluta degli stati partecipanti. Assurdo è risultato il principio del non intervento, secondo il quale ogni popolo dovrebbe essere lasciato libero di darsi il governo dispotico che meglio crede, quasi che la costituzione interna di ogni singolo stato non costituisse un interesse vitale per tutti gli altri paesi europei”. Chissà cosa penserebbero oggi, Spinelli, Colorni e Rossi, davanti alle dichiarazioni di Le Pen o alle bandiere dell’Ue bruciate da Wilders. È probabile che la risposta possa essere trovata in un altro passo del Manifesto del 1941: “Si deve attingere e reclutare solo coloro che abbiano fatto della rivoluzione europea lo scopo principale della loro vita, che disciplinatamente realizzino giorno per giorno il lavoro necessario, provvedano oculatamente alla sicurezza, continua ed efficacia di esso, anche nella situazione di più dura illegalità, e costituiscano così la solida rete che dia consistenza alla più labile sfera dei simpatizzanti”.

Un passo che potrebbe essere importante ricordare oggi a Francois Hollande, Angela Merkel e Matteo Renzi. Tre dei leader europei che oggi volente o nolente incarnano il massimo di europeismo a disposizione di 500 milioni di cittadini comunitari.

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