La sinistra europea alla sfida del populismo

Fiducia nelle istituzioni, difesa dell'accademia, fine del neoliberismo, reddito minimo universale e unione federale. I temi dell'agenda politica Europea nella rassegna stampa di EuVision

Degli esperti, del populismo e del disaccordo politico. Se si spezza il legame di fiducia tra esperti e cittadini viene meno uno dei pilastri fondamentali dell’architettura democratica. Soprattutto perché, di conseguenza, i processi di deliberazione non sono più sostenuti da fatti accurati. Lo sostiene Jean Pisani-Ferry, il quale, rispetto ad una sua analisi precedente incentrata sugli economisti, si riferisce ora all’insieme della sfera degli esperti. Eppure, nonostante ci siano spesso errori di valutazione da parte degli intellettuali, le critiche sono ingiustificate: l’accademia è rapida a correggere i propri errori.

Citando il sociologo Gerald Bronner, Pisani-Ferry conclude che questa sfiducia generalizzata potrebbe derivare dall’avanzare dell’educazione di massa, un processo che, invece di aumentare il rispetto per la “scienza”, fornisce soltanto informazioni sufficienti per praticare una critica degli esperti. Dal canto suo, Alexander V. Hirsch sottolinea che in politica il dissenso non si articola esclusivamente rispetto al tipo di obiettivi da perseguire, ma, soprattutto, rispetto al come raggiungerli. Sebbene questo tipo di dissenso possa essere risolto, secondo Hirsch, la sperimentazione di politiche, quando possibile, potrebbe essere il modo più efficiente per aumentare la capacità di conseguire uno scopo finale.

La fine del neoliberalismo, il ruolo della sinistra e la rinascita del “sociale”. Il neoliberalismo è sul punto di crollare. Lo afferma Martin Jacques, uno dei primi intellettuali ad averne sottolineato in passato il dominio emergente. Secondo Jacques, la crisi finanziaria ha scosso la fiducia nell’élite economica globale, ma, soprattutto ha messo in discussione i principi cardine del paradigma neoliberale: la deregolamentazione dei mercati, l’aumento della disuguaglianza, la denigrazione dell’azione governativa, l’incentivazione delle migrazioni, la riduzione delle tasse e la tolleranza dell’evasione fiscale da parte delle grandi imprese. Un insieme di ricette che, secondo Jacques, ha prodotto una crescita dimezzata rispetto a quella sperimentata durante il periodo del keynesianesimo e una distribuzione molto più ineguale delle risorse. La crescita dei fenomeni populistici è una reazione naturale al fallimento dell’iper-globalizzazione che ha favorito il capitale, rispetto al lavoro.

Rutger Bregman sostiene invece che, dopo la crisi finanziaria, non sia cambiato molto. Anzi, Bregman si domanda perché la sinistra non sia riuscita a proporre un’alternativa in questi anni. Una spiegazione riconduce all’attitudine classica di alcuni socialisti che avrebbero la tendenza a criticare come ingiuste le politiche liberali, senza però essere in grado di proporre politiche alternative, ma solo migliorative. Secondo Bergman, i socialisti hanno dimenticato che la storia della sinistra è legata a una narrativa della speranza e del progresso. In questa ottica, Alessio Terzi, rivendica la necessità di introdurre meccanismi correttivi – a livello nazionale ed europeo – nella logica di funzionamento del mercato unico europeo. Giosuè Baggio sostiene che, alla luce della dimensione globale del fenomeno capitalistico, la sinistra dovrebbe impegnarsi a trasformare le istituzioni europee in un’unione federale di stati, dove un socialismo liberale possa essere costruito democraticamente grazie all’azione dei cittadini e dei partiti politici. Vicente Navarro critica le indicazioni recenti di Yanis Varouakis che si è speso per l’implementazione di un reddito minimo universale per stimolare la domanda e la crescita. Navarro vede invece con favore un reddito garantito minimo. Idealmente, quest’ultimo non dovrebbe distribuire lo stesso ammontare di risorse a ogni cittadino, ma rispondere, piuttosto, al famoso principio: “Da ognuno secondo le sue capacità, a ognuno secondo i suoi bisogni”.

Infine, Owen Jones ricorda che la sinistra deve affrontare innanzitutto il problema della disuguaglianza. Citando uno studio della Sutton Trust, Jones afferma che il 7% dei cittadini britannici che ha frequentato scuole private occupa più del 50% dei migliori posti di lavoro nel Paese. Secondo Jones, la sinistra deve riprende in mano la lente dell’analisi di classe. Altrimenti sarà la destra populista a farsi carico delle istanze della classe lavoratrice, in un’azione politica rivolta non contro le élite economiche, ma contro gli immigrati e le persone dipendenti dallo stato sociale.

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