Più che le grandi navi, il problema di Venezia sono i turisti zozzoni

Oltre 24 milioni di visitatori all'anno (di cui "solo" un milione e mezzo arrivano con una crociera) e una città che combatte contro il degrado. Fra immondizia, venditori abusivi e bagni in Canal Grande i residenti attendono una soluzione. "Così è uno scempio".

Persone ammassate sui gradini dei ponti e intente a consumare il proprio pranzo al saco. Mamme con il figlio in braccio e sospeso sopra un cestino dove fare i propri bisogni. Gente che prende il sole. Famiglie che fanno il picnic con tanto di cestino e coperta. Ciclisti con bici al seguito e infradito ai piedi lungo le calli. Questa è la Venezia dei turisti “zozzoni”. Non tutti, ovvio. Ma quanti bastano per trasformare la città della laguna in una porto franco senza regole. Una situazione che va avanti da tempo, per la precisione dall’estate del 1986 quando l’allora l’assessore al Turismo Augusto Salvadori denunciò la situazione dai microfoni della Cbs. Trent’anni dopo, a fronte di 24 milioni di turisti all’anno, la battaglia continua e sembra surclassare la questione grandi navi (che trasportano in città “solo” un milione e mezzo di turisti e per cui da novembre 2015 è pronto un percorso alternativo dal costo di 140 milioni di euro, quelli che servono per scavare il canale che taglierà in due l’isola di Tresse e alleggirà in traffico nel canale della Giudecca).

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«Stiamo cercando di diversificare le nostre campagne di sensibilizzazione – afferma l’assessore al Turismo Paola Mar – Dobbiamo trovare il giusto mezzo per arrivare a tutti i turisti, dagli adulti ai ragazzi giovani che un cartello non lo leggono ma magari un video se lo guardano». Una sfida aperta per la giunta Brugnaro. A dimostralo, sono le immagini che circolano in rete e un video che da Facebook ha fatto il giro del web. Nelle immagini riprese da una cittadina, si vede un gruppo di ragazzi in costume che girano per le rive di Canal Grande in cerca di un luogo da dove tuffarsi. «Questa non è Disneyland», afferma la donna che riprende la scena. Stupiti e ignari del divieto di balneazione, i ragazzi si guardano intorno e delusi tornano sui propri passi. Uno sdegno che colpisce tutti i 55 mila veneziani (il 60% dei quali è occupato nel turismo) e che ha trovato sfogo nella pagina social “Venezia degrado (Venice on peril)” creata da Stefano Varponi. «Preciso che io personalmente non ho niente a che fare col turismo, ma ho creato la pagina per fissare nella mente delle persone lo scempio che si continua ad infliggere alla mia città». Quasi trecento iscritti, una rassegna pressoché quotidiana di comportamenti che danneggiano il decoro e un messaggio diretto al sindaco: «Molti hanno puntato su di te sei una persona fondamentalmente onesta e generosa ma non raccontarci balle i turisti sono troppi devi limitare i flussi metti un limite agli accessi a pagamento o meno non ha importanza. Solo così potrai tutelare i cittadini residenti e resistenti», conclude Varponi.

Una situazione, quella del turismo inconsapevole, che ha rischiato di costare cara a un francese di 48 anni lo scorso 12 agosto. L’uomo, poco dopo la mezzanotte, ha pensato di celebrare la visita in laguna con un tuffo dal Ponte di Rialto. Un salto di 7,5 metri finito su un taxi che proprio in quel momento stava transitando sotto uno dei monumenti più conosciuti della città. Intervento del 118, ricovero in rianimazione e una denuncia per attentato alla sicurezza dei trasporti. Nel 2012 la moda dei tuffi viene docmentata per la prima volta attraverso le foto che raccontano la bravata di quattro ragazzi statunitensi. Da allora il livello di sicurezza del trasporto marittimo lagurane si è innalzato esponenzialmente. D’altronde, i tuffi sono solo una parte del problema. Fra bagni notturni e nuotate clandestini per alcuni basta anche solo un po’ di acqua alta per immergersi davanti alla Basilica di San Marco.

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Ma al di là di questi episodi, è l’atteggiamento generale dei turisti che proprio non va giù ai residenti. Sporcizia, rifiuti abbandonati, bivacchi e bisogni fisiologici espletati contro i cancelli di case e palazzi. «Da un lato c’è la questione educazione personale – continua l’assessore Mar – dall’altro quella relativa alla specificità di questo luogo. Che ha le sue regole e la sua storia. Due aspetti della stessa medaglia. Mi dica: ha mai visto qualcuno tuffarsi nei canali di Amsterdam? Io no. Ma a Venezia sembra che sia tutto consentito». Il primo passo per fronteggiare questo fenomeno lo ha anticipato il sindaco Luigi Brugnaro in una serie di tweet che invocano il pugno di ferro: multe più salate (attualmente le sanzioni vanno dai 25 ai 500 euro), nuove assunzioni di vigili urbani a gennaio e, se serve, «una notte in cella». Nel frattempo, a istruire i visitatori ci pensa il “guardian” di Piazza San Marco. Volontari con tanto di divisa arancione che, in coppia, girano per il centro richiamando le persone colte in atteggiamenti poco decorosi o informando i turisti sui divieti vigenti. Le stime dell’associazione parlano chiaro: in un giorno, una coppia di guradiana ha “contattato” circa 800 persone che, moltiplicate per le otto coppie di volontari presenti per ogni turno, fa 6.400 potenziali persone informate.

 https://twitter.com/LuigiBrugnaro/status/766232967966560257 

I problemi di Venezia, però, non si fermano ai turisti maleducati. A occupare le cronache c’è la lotta ai venditori ambulanti di merce contraffatta e ai bad and breakfast abusivi. Criticità che la giunta Brugnaro ha affrontato attraverso una maggiore collaborazione con la Guardia di Finanza. A maggio, un’operazione lunga nove mesi ha portato alla scoperta di un centinaio di appartamenti a scopi turistici non dichiarati al fisco. Mentre su un totale di 1.200 soggetti monitorati, sono stati constatati ricavi non dichiarati per circa 2 milioni di euro. Sulla questione venditori ambulanti, il bilancio non è da meno: il 18 agosto sono state fermate 15 persone mentre sarebbero circa 90 i venditori che ogni giorno affollano il centro, molto spesso immigrati con regolare permesso di soggiorno provenienti soprattutto dal Bangladesh, che arrotondano lo stipendio con questa attività. L’obiettivo, dunque, per l’amministrazione è chiaro: «Migliorare. Non possiamo permetterci di accontentarci della location», conclude l’assessore Mar.