TaccolaCruciani: «Ponte sullo Stretto? Siamo fuori tempo massimo. Berlusconi? Sì, può tornare»

Il giornalista, che nel 2009 aveva scritto un libro a favore del Ponte: «È finita l’era in cui l’Italia era capace di fare cose simili. Renzi lo sa e sa che dovrebbe avere una forza che non ha». E su Berlusconi: «Non ridiamo sul terzo predellino, nel centro-destra nessuno ha riempito lo spazio»

Ci aveva scritto un libro, dal titolo chiarissimo: “Questo Ponte s’ha da fare” (Rizzoli). Era il 2009, l’Italia era spaccata tra favorevoli, a partire da Silvio Berlusconi, e contrari. Oggi però Giuseppe Cruciani, la voce de La Zanzara, non ci crede più. Non perché consideri l’opera impossibile dal punto di vista tecnico o finanziario, ma perché l’Italia è fuori tempo massimo, perché i contenziosi passati insegnano che se anche si cominciasse a un certo punto si tornerebbe indietro. E perché Renzi, comunque, non avrebbe la forza per portare avanti il progetto. In altre parole, meglio pensare ad altro.

Cruciani, martedì a La Zanzara ha stupito tutti, ha detto: “Io che sono stato partigiano del Ponte dico che ora non si può fare. Dopo anni e anni di rinvii non si può più fare niente”. Che è successo?

Io non sono mai stato un fautore del Ponte. Ho scritto un libro in cui ho detto che è assurdo che in Italia non si possa fare un ponte di tre chilometri, mentre nel resto del mondo si portano a termine progetti ambiziosissimi. Il libro del 2009 era trielina per far svegliare la classe politica. Da Lucio Cecilio Metello, nel 251 avanti Cristo, a Berlusconi, tutti hanno fatto promesse sul Ponte senza rispettarle. E il simbolo dell’inconcludenza della politica.

Ora tocca a Renzi.

Renzi è passato da un audio di un paio di anni fa in cui diceva che sarebbe stato meglio destinare i soldi del Ponte alle scuole, chiaro esempio di benaltrismo, alla frase di ieri. Penso che sia una cosa su cui potrebbe cambiare idea tra un paio d’anni.

Perché ha tirato fuori l’idea in questo momento?

Credo che l’abbia tirata fuori per avere un vantaggio elettorale. Vede davanti il referendum, tutto quello che gli può dare consenso lo prova. Anche se non è sicuro che il Ponte gli procuri ancora consenso. Ma anche lui sa che la partita del Ponte è finita. È passato troppo tempo, se ne parla da sessant’anni, siamo fuori tempo massimo. Quando qualcuno in passato ha fatto qualcosa, poi tutto è stato smontato, da ultimo dal governo Monti. Poi mi pare ci siano ancora i contenziosi con le aziende che avevano vinto la gara».

Ma se volesse andare avanti ce la potrebbe fare?

No, ci vorrebbe una forza che non ha per passare sopra troppe cose, dall’opposizione sul territorio a quella in Parlamento, fino a quella nel Partito Democratico. Nello stesso Pd sono state fatte tantissime dichiarazioni all’epoca di Berlusconi contro il Ponte sullo Stretto.

«Renzi ha tirato fuori la questione del Ponte per avere un vantaggio elettorale. Vede davanti il referendum, tutto quello che gli può dare consenso lo prova. Ma anche lui sa che la partita è finita»

Insomma, ma l’opera va fatta?

Non sono pentito. È un’opera che si può fare.

E il rischio sismico?

Non credo che sia un problema, così come non è un problema quello ambientale. Si possono trovare pareri tecnici e perizie di ogni tipo. Anche i discorsi sull’impossibilità di farlo per il rischio che intervenga la mafia non mi convincono.

Però c’è il problema finanziario. Il project financing non ha funzionato neppure in Lombardia con la Pedemontana.

Sì, infatti lo Stato deve mettere dei soldi. Non c’è dubbio che per opere così complesse si può anche pensare che per un certo periodo ci siano delle perdite.

Su Radio24 martedì l’economista Luigi Zingales ha detto: “Il Ponte rappresenta la tipica misura keynesiana di scavare le buche e poi riempirle. Se è questo che fa andare avanti l’economia, benissimo”. Che si risponde a Zingales?

Sui ritorni economici del Ponte non mi metto a contestare un economista come Zingales. Certo, il ritorno va visto in 30 anni. Penso che sia difficile fare calcoli.

Tutti si chiedono e glielo chiedo anch’io: è meglio mettere i soldi sul Ponte o sull’edilizia scolastica?

È una sciocchezza. Non sono cose alternative. La verità è che è passata l’era in cui l’Italia era capace di fare una cosa simile.

L’altro tormentone è il paragone tra Matteo Renzi e Berlusconi. Ha senso parlare di una trasformazione di Renzi in Berlusconi?

Ha senso nel marketing politico. Renzi è uno che punta molto sul vendere un prodotto. Tutti i politici lo fanno, Renzi lo fa più di altri, in questo c’è una similitudine con Berlusconi. È anche banale dirlo. Ma le somiglianze tra i due finiscono qui. Renzi non si porta nulla di Berlusconi, non ha aziende, non ha conflitto di interessi. Li accomuna l’immagine di uomini soli al comando che si vogliono dare. Ma Berlusconi è stato molto più democristiano. Renzi è più cattivo, è permalosissimo, si lega tutto al dito, basta una frase per farselo nemico. Berlusconi è più uomo di mondo, può andare a cena con chi il giorno prima gli ha dato del delinquente.

«Anche se ora accanto al predellino ora ci sono dei medici, Berlusconi è l’unico che può riempire il campo del centro-destra»

A proposito di Berlusconi, il 29 settembre fa 80 anni. Fedele Confalonieri si è detto pure stufo di tutti questi “coccodrilli da vivo”. Lui arriva e stupisce tutti con la proposta di un terzo Predellino da lanciare in primavera, dopo la sentenza della Corte europea. Dice: non ridete. Dobbiamo prenderlo sul serio?

Nell’assenza di qualcuno che abbia la capacità di colmare un vuoto nel centro-destra, bisogna prenderlo sul serio. È la maledizione del centro-destra: è difficile trovare un erede di Berlusconi, anche perché lui li rifiuta tutti. Ha dei dubbi anche su Parisi, che pure ha tirato fuori lui dal cilindro. Vede solo se stesso come leader. Quindi, anche se ora accanto al predellino ora ci sono dei medici, un cordone sanitario, è l’unico che può riempire il campo.

Non rappresenta il passato?

Non è una cosa valutabile a così grande distanza dalle elezioni. Nel 2013 lo davano per finito e ha rischiato di vincere. Berlusconi ha una grande capacità di mobilitazione prima del voto. Magari riesce anche la prossima volta, se nessuno in quel campo sfonda a livello carismatico. È anche vero che a qualcuno va pure concesso di sfondare, anche a costo di perdere una volta.

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