Il gioco sporco di Malagò: i conti sulla candidatura non tornano

Il Coni chiede un risarcimento di 15 milioni, ma le cifre stanziate sono molto inferiori: 2 milioni per il 2016, 8 per il 2017, che però non dovrebbero essere stati spesi

Quanto abbiamo speso per la (non) candidatura di Roma alle Olimpiadi 2024? E quei soldi torneranno indietro? Poco prima delle 17 di ieri il presidente del Coni Giovanni Malagò inizia la sua conferenza stampa. Deve dar conto di un incontro saltato, quello con Virginia Raggi, di un “no” annunciato e delle prossime mosse politiche, perché la faccenda ha l’aria di non finire qui.

Parlata lenta e racconto che inizia da lontano, dai mesi scorsi, quando il Coni chiedeva ripetuti appuntamenti con la giunta (o con quel che c’era) senza ricevere risposta, poi arrivano le sterzate sulla Sindaca, compreso il messaggio implicito di una sorta di risarcimento danni.

Preso atto del no, dibattute le ragioni di entrambe le posizioni, è il momento di farci i conti in tasca.

L’avvocato Gianluigi Pellegrino, infatti, ha firmato un parere per il Coni secondo cui il Comune di Roma dovrebbe restituire al Comitato Olimpico, e quindi al Coni, e quindi allo Stato, i soldi già spesi per finanziare la candidatura, adesso saltata, di Roma.

Il discorso costruito da Malagò e dal Coni è semplice: la giunta Marino ci aveva dato l’ok per partire, abbiamo speso dei soldi, adesso la nuova giunta ci dice di interrompere tutto. Quei soldi sono andati perduti e c’è un danno all’erario per cui vale la responsabilità individuale, per cui andrebbero restituiti.

Il tentativo è quello di mettere con le spalle al muro chi si è fatto carico di far saltare il progetto di Roma2024, facendo passare il No come uno sperpero di denaro e una mancanza di senso di responsabilità nei confronti degli impegni presi.

Bisogna però fermarsi un attimo. Intanto, ballano cifre troppo diverse tra loro. L’avvocato Pellegrino indica in 15 milioni di euro i soldi già spesi dal Comitato, qualcuno parla addirittura di 20 milioni, altri di 10.

L’avvocato Gianluca Pellegrino ha firmato un parere per conto del Coni per cui si potrebbe chiedere un risarcimento danni al Comune di Roma

L’unica certezza, finora, quando ancora nessuno ha rendicontato nel dettaglio come e quanti soldi sono stati spesi, è che la legge di stabilità dello scorso anno ha stanziato un contributo di 2 milioni di euro per il 2016 e di 8 per il 2017 a favore del Coni, con vincolo di destinazione in favore del Comitato promotore per Roma2024. In altre parole, i soldi passano dallo Stato al Coni, dal Coni al Comitato, che li ha spesi, immaginiamo, per progetti, consulenze, attività promozionali e quant’altro. La prima grossa questione riguarda i soldi stanziati per il 2017: è logico pensare che quegli 8 milioni di euro siano stati stanziati, ma non ancora spesi. Se così fosse, il rimborso, eventuale, riguarderebbe allora solo quei 2 milioni di euro di soldi pubblici.

Se il Coni o il Comitato, come probabile, hanno speso di più per le loro attività, quei soldi non sono stati direttamente concessi dal Ministero e bisognerebbe chiedersi se non rientrano in una sorta di rischio di impresa, dato che il No alle Olimpiadi non è arrivato certo inaspettato, essendo stato annunciato dalla Raggi già in campagna elettorale ed essendo ormai passati tre mesi dalle amministrative a Roma.

C’è poi da considerare quello che nessuno ha ancora considerato: la strada per ospitare le Olimpiadi sarebbe stata ancora lunga, con Parigi e Los Angeles probabilmente un po’ avanti alla Capitale nella corsa. Se Roma non fosse stata scelta, quanti altri soldi avremmo speso?

Insomma, la sensazione è che le retorica del Coni abbia finalità politica: una spesa di qualche milione non è nulla nel contesto di un progetto che fa girare miliardi di euro, e allo stesso tempo non è nuovo che si cambi idea in corso d’opera, specie a seguito di cambiamenti nei quadri dirigenziali di un azienda o degli equilibri di governo.

Per il futuro ci possiamo auspicare due cose. La prima: se il Coni lamenta milioni di euro mandati in fumo, allora renda pubbliche le spese. La seconda: che Roma non debba restituire neanche un euro, perché di tentativo di screditare la giunta ce ne sono fin troppi e Roma ha bisogno di ripartire, non di continui stop. I tribunali faranno il loro corso, ma sul piano politico Malagò ha già perso alla grande.

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