Alzi la mano chi non ha pensato ad Antonio Banderas e ai suoi biscotti inzupposi quando due anni fa è stata presentata agli italiani la “Buona Scuola”. E’ una denominazione inconsueta per una riforma politica, dalla nuance vagamente autoreferenziale: della serie la scuola è un colabrodo, adesso sistemiamo tutto per bene. Ed in effetti la lista dei problemi era lunga: classi pollaio per risparmiare sui prof, liste di precari lunghe quante la Salerno – Reggio Calabria, edifici scolastici scadenti e cadenti, didattica da Libro Cuore, insegnanti sottopagati e via discorrendo. Roba da far tremare i polsi e che tutto sommato altri hanno pensato bene di glissare, soprattutto negli ultimi vent’anni: molto più utile usare la Pubblica Istruzione come un bancomat per fare cassa oppure come parcheggio di posti di lavoro e quindi voti. Perciò la disamina nella quale ci stiamo per avventurare in primis vuole rendere l’onore delle armi a questo governo, ma siccome siamo quelli di Skuola.net con la Kappa, che il Premier ha dichiarato di apprezzare anche “se siamo sempre critici”, dobbiamo tenere fede cotanta fama e provare a capire cosa sia davvero cambiato nella vita quotidiana degli studenti. A partire proprio dalle priorità che loro stessi ci avevano indicato nel 2013, prima delle elezioni politiche, e che Skuola.net aveva pubblicato in un manifesto diligentemente inviato prima a Carozza e poi a Giannini.
Digitalizzazione
Se avessimo creduto in maniera fideistica a tutti gli annunci degli ultimi 15 anni, a quest’ora avremmo: lezioni di informatica a scuola (Berlusconi), libri esclusivamente in formato digitale (Gelmini), un pc e il registro elettronico in ogni classe (Profumo), copertura wi-fi in ogni scuola (Brunetta). Insomma saremmo la… Finlandia. Ma siamo in Italia, quindi tutto questo non si è mai verificato nei tempi stabiliti e nella completezza di quanto promesso. Ad oggi “il 70% delle aule è connessa in Rete in modalità cablata o wireless (ma generalmente con una connessione inadatta alla didattica digitale), il 41,9% è dotata di LIM e il 6,1% di proiettore interattivo”. A dirlo è lo stesso Miur nel “Piano Nazionale Scuola Digitale”, un documento di indirizzo figlio della Buona Scuola nel quale si delinea la strategia del Governo. Sono previsti vari interventi da qui ai prossimi 5 anni, con l’obiettivo sia di potenziare l’hardware (vedi banda larga, wi-fi, cablaggio Lan, dotazione di device, ecc.) ma soprattutto il software (strumenti, metodologie didattiche e ambienti di apprendimento pensati per il digitale, quadro delle competenze digitali, formazione degli insegnanti, ecc.). Da un punto di vista pratico sarà un processo molto lungo e non è detto che si rispettino i tempi, come avvenuto in passato. Oggi possiamo solo affermare che esistono alcune scuole pubbliche di eccellenza dove tutti gli studenti fanno lezione con gli iPad in un ambiente didattico digitale collaborativo, studiano sui libri digitali, programmano e creano oggetti evoluti grazie ai Fab Lab, creano startup. Ma questo soprattuto grazie al contributo dei dirigenti scolastici, capaci di arpionare fondi strutturali proponendo progetti sensati, e dei loro docenti, che pur poco o niente incentivati dal punto di vista economico, si sono resi disponibili al cambiamento. La sfida sarà quella di impiegare queste esperienze come modello per una standardizzazione su larga scala.
Alternanza scuola lavoro
L’alternanza scuola-lavoro è uno dei pilastri della “Buona Scuola”. L’intento è lodevole: inserire i ragazzi nel mondo del lavoro, abituarli alle dinamiche e alle regole che troveranno in qualsiasi impresa. Questa opportunità era riservata in precedenza ad alcuni indirizzi di studio. Dallo scorso anno viene invece assicurato un periodo di formazione in azienda obbligatorio per gli studenti dell’ultimo triennio delle scuole superiori – 200 ore per i ragazzi del liceo, 400 per quelli degli istituti tecnici e professionali – che, a breve, sarà valutato anche alla maturità. Non sempre però passare dalla teoria alla pratica è stato facile. In particolare per i liceali, per i quali trovare un tirocinio e completare le 200 ore è stato davvero arduo, per la scarsità di imprese aderenti. E non sono mancati i casi di studenti accolti ma adibiti a mansioni tutt’altro che formative. Un’indagine di Skuola.net ha evidenziato poi che metà di questi “stagisti in erba” non ha trascorso neanche un giorno in azienda e che l’alternanza si è svolta esclusivamente all’interno dell’istituto scolastico tramite percorsi formativi ad hoc, come l’azienda simulata. Tra simulazione e realtà alla fine circa 9 ragazzi su 10 del terzo anno (per i quali era obbligatorio) hanno intrapreso questo viaggio nel mondo del lavoro. Impresa quasi impossibile visto che le scuole hanno ricevuto istruzioni concrete sul da farsi a scuole già aperte da tempo. Quest’anno, dopo il rodaggio, al Miur promettono sostanziali miglioramenti.
Edilizia scolastica
Quello dell’edilizia scolastica e della sicurezza è un capitolo centrale quando si osserva l’universo scuola dal punto di vista dei ragazzi. Sia attraverso interventi diretti previsti all’interno delle Buona Scuola sia mediante stipula di mutui con la Banca Europea degli Investimenti, sono stati pianificati interventi per un valore di oltre 4 miliardi di euro. Alcuni già messi in cantiere e terminati, la maggior parte invece da realizzarsi nei prossimi anni. Dalle semplici ristrutturazioni, al miglioramento delle strutture, all’efficienza energetica fino alla messa in sicurezza o alla costruzione di nuovi edifici, la “lista della spesa” è impressionante. Sul sito #italiasicura si può seguire l’avanzamento del programma.
Scuole aperte di pomeriggio
Chi l’ha detto che i ragazzi odiano la scuola? Magari si annoiano a lezione ed eviterebbero i compiti, ma se si proponesse loro di restare per fare altro (sport, teatro, corsi di recupero e chi più ne ha ne metta)? Sarebbero ben contenti. E le strutture scolastiche sarebbero un investimento ancor più efficiente, dato che sarebbero usate anche quando adesso sono deserte. Di pomeriggio, il weekend, d’estate. Solo che per organizzare attività e tenerle aperte servono i denari. E sono arrivati: questa estate 10 milioni sul piatto per sperimentare l’apertura delle scuole nelle periferie di Roma, Napoli, Milano e Palermo. Peccato però che, come al solito, 4 milioni siano rimasti in cassa per mancanza di progetti all’appello. Da quest’anno invece la sperimentazione dovrebbe coinvolgere 5 mila scuole di tutta Italia: sono a disposizione 150 milioni di euro (30.000 a scuola) per tenere trasformare le scuole in poli di aggregazione nel pomeriggio e nei weekend. L’anno prossimo dovrebbe essere quindi una pratica abbastanza diffusa sul nostro territorio.
Concludendo, non saprei indicare al lettore con certezza se la nostra scuola sia effettivamente più buona per tutti i nostri studenti, però è innegabile che l’inerzia della partita, parlando in gergo calcistico, si stia spostando verso quella direzione. Nonostante le polemiche, le resistenze di insegnanti e studenti, le indubbie cappellate nonché alcune scelte discutibili. Forza Buona Scuola, facciamo il tifo per te. Indipendentemente dall’essere Renziani o meno.