Quello che piace agli utenti di Facebook importa molto a Facebook: il social network scandaglia le liste di likes a pagine e persone e costruisce algoritmi e decide proposte pubblicitarie. Andare a vedere i gusti degli utenti è parte del suo business. Pochi però vanno da vedere, invece, cosa piace allo stesso Mark Zuckerberg, il fondatore: dove mette i suoi like? Quali cause abbraccia? Per saperlo basta andare a vedere la sua pagina. Oppure leggere l’analisi di Kate Knobbs pubblicata su The Ringer.
Le conclusioni che si possono trarre sono piuttosto interessanti. La prima è che Mark Zuckerberg, a differenza del resto del mondo, presta attenzione ai suoi like. La maggior parte delle persone si abbandona a mettere “mi piace” a pagine e personaggi famosi spinti dall’euforia del momento, per un attimo di accecamento della razionalità, quasi per distrazione. E i like, come ogni cosa imbarazzante della vita, rimangono. Lui non lo fa: come si fa notare, li rivede e li ri-sistema. Toglie e mette, sfronda e ripulisce. Nel 2010 il New Yorker aveva notato che Zuckerberg avesse messo il suo like alla pagina “Eliminating Desire”, quasi una vocazione buddhista. Ora non ce l’ha più. Li rimosso, forse per aver guadagnato consapevolezza che, in realtà, alla ruota del desiderio e della sofferenza (dhukka) non si può fuggire.
Intanto ne ha messi altri. Al suo cane, come tutti. Allo studio dentistico del padre. A Oculus e a Messenger, che sono di sua proprietà. Poi, con tutta la prudenza che il leader di una multinazionale deve mantenere in queste situazioni, dona il like alla Clinton e a Barack Obama, a Chris Christie (che è il like più vicino a Trump che si possa dare senza diventare sostenitore di Trump) e a Marco Rubio. Veltronismo puro che si rispecchia anche nei like ai giganti del tech: gli piacciono sia Bill Gates sia Steve Jobs. Ama Taylor Swift e, nel frattempo, anche Katy Perry.
L’unico dato interessante è il like a Tomi Lahren, editorialista video onservatrice che ha contestato, più volte, il movimento Black Lives Matter (lo ha perfino paragonato al Ku Klux Klan). Più volte Zuckerberg è stato accusato di favorire, con la manipolazione dell’algoritmo, i Democratici: questo “lik” rifletterebbe, al contrario, un’inversione di tendenza. Oppure una tattica di studio del nemico. Oppure ancora, visto che di recente un video di Tomi Lahren, diventato virale su Facebook, ha totalizzato 65milioni di visite, forse è solo una forma di ringraziamento. Un incoraggiamento, perfino.