Tra le sale del Campidoglio si aggira un fantasma. Secondo la leggenda si tratta dell’anima di un monaco, murato vivo nella torre di Niccolò V diversi secoli fa. La storia dice che fu il comandante della guarnigione di guardia a uccidere il religioso, dopo averlo trovato in intimità con sua moglie. E così durante la notte, non lontano dallo studio del sindaco, non è raro sentire voci e rumori di passi. Le porte si chiudono da sole. Qualcuno ha persino segnalato strane apparizioni vicino al luogo dove il monaco trovò l’atroce morte. La sindaca Virginia Raggi ha rivelato la presenza dello spettro pochi giorni fa, in un’intervista al Fatto. Ma non è la prima a occuparsi dell’inquietante presenza. Nel 2011, quando il sindaco era Gianni Alemanno, in Campidoglio fu persino chiamata una squadra di acchiappafantasmi.
«E al termine di una lunga ricerca siamo riusciti a confermare il motivo di quelle strane sensazioni». Chi parla è Daniele Cipriani. È stato lui a fondare i Ghost Hunters, il team chiamato a indagare sulla strana storia del Campidoglio. Armati di telecamere, registratori, speciali macchine fotografiche e rilevatori di campi elettromagnetici, nel dicembre di cinque anni fa gli investigatori del paranormale hanno trascorso una notte a Palazzo Senatorio. Di quell’esperienza restano le tracce raccolte. A partire dalle presunte immagini del frate. Lo spettro sarebbe stato avvistato nella Sala della Musica, proprio sopra l’Aula Giulio Cesare. Agli atti restano due immagini termiche dove sembra effettivamente apparire la figura di un religioso, con tanto di saio. Mentre in un’altra fotografia si distinguono i contorni di una sinistra ombra nera.
Visitano castelli infestati e antiche dimore abbandonate, altre volte si trovano a indagare in appartamenti di città. «Perché negli anni abbiamo imparato che le manifestazioni possono avvenire ovunque». Bando agli stereotipi. I fantasmi non si intrappolano come nelle pellicole hollywoodiane. «Il nostro intervento non è mai risolutivo, si limita a una ricerca scientifica» mette le mani avanti Daniele. «Non illudiamo nessuno. Possiamo solo certificare la presenza di anomalie»
Sono solo paurose storie per bambini? Per i Ghost Hunters questa è l’attività quotidiana. Nonostante la giovane età, i cinque investigatori cercano fantasmi da quasi un decennio. Una squadra collaudata che in questi anni ha svolto più di cinquanta ricerche. Visitano castelli infestati e antiche dimore abbandonate, altre volte si trovano a indagare in appartamenti di città. «Perché negli anni abbiamo imparato che le manifestazioni possono avvenire ovunque». Il cliché degli acchiappafantasmi gli va particolarmente stretto. Preferiscono definirsi parapsicologi. Del resto chi si aspetta riferimenti al film cult di Ivan Reitman rischia di rimanere deluso. Per Daniele e gli altri, la ricerca del paranormale è una passione. «Per le nostre ricerche non abbiamo mai chiesto neppure un euro. Non si può lucrare su certi argomenti, questo campo è già pieno di ciarlatani».
Ricevono una decina di chiamate al mese, da tutta Italia. La maggior parte, però, non viene neanche presa in considerazione. Sono escluse le persone fortemente suggestionabili e i resoconti palesemente fantasiosi. Ma quali sono gli indizi più frequenti avvertiti da chi crede di vivere con uno spettro? Negli anni Daniele ha imparato un principio: più i fenomeni sono piccoli, più la segnalazione è concreta. «Quando ci raccontano di tavoli che volano in mezzo alla stanza, sappiamo che probabilmente è una storia inventata». E allora? «I segnali più comuni sono altri: ci si sente chiamare, si percepiscono voci, a volte si assiste a minimi spostamenti di oggetti dentro casa».
Le indagini sono accurate. Prima di intervenire i Ghost Hunters svolgono ricerche storiche sui luoghi e gli edifici interessati. «Le leggende le lasciamo dove stanno». L’investigazione sul campo arriva solo in un secondo momento. Di solito servono almeno quattro o cinque diverse ricognizioni, un’indagine può durare anche due mesi. Ancora una volta chi pensa alle serie tv sugli acchiappafantasmi è fuori strada. Gli stereotipi abbondano. Un esempio? Non è necessario cercare i fantasmi di notte. «Anzi, è molto meglio andare di giorno» ride Daniele. «A volte è necessario svolgere le ricerche la sera, ma solo per questioni pratiche. Durante la giornata lavoriamo…». La strumentazione è all’avanguardia. Gli investigatori del paranormale usano telecamere termiche e registratori in grado di raccogliere infrasuoni ed ultrasuoni. «Abbiamo macchine fotografiche modificate per l’acquisizione in banda infrarossa e ultravioletta». Non di rado Daniele e la sua squadra si avvalgono delle prestazioni di un medium. «Serve solo per indirizzarci dove è più probabile che si manifesti qualcosa». Già, ma cosa? Insomma, i fantasmi esistono davvero? «Il nostro è un approccio scientifico, noi preferiamo chiamarle anomalie».
Armati di microfoni e rilevatori di campi elettromagnetici, nel dicembre di cinque anni fa gli investigatori del paranormale hanno trascorso una notte a Palazzo Senatorio. La strumentazione è all’avanguardia. Per le indagini si usano telecamere termiche e registratori in grado di raccogliere infrasuoni ed ultrasuoni. «Abbiamo macchine fotografiche modificate per l’acquisizione in banda infrarossa e ultravioletta»
Nelle sue ricerche Daniele racconta di aver trovato almeno due tipi di “anomalie”. Residuali psichici, eventi che si ripetono automaticamente, «come un continuo replay del passato». Ma anche vere e proprie entità senzienti. «Sono più rare, offrono una risposta a uno stimolo. Magari lasciando una voce impressa nelle nostre registrazioni». Daniele assicura di non aver mai provato paura, piuttosto un forte coinvolgimento emotivo. Come in quell’appartamento a Battistini, nella periferia di Roma, dove i proprietari avvertivano da tempo strane presenze. Alla seconda notte di indagini i Ghost Hunters si sono trovati davanti una bambola che si accendeva da sola. «Eppure le batterie erano ossidate, totalmente scariche, provata più volte prima delle indagini non aveva emesso alcun suono». Daniele ricorda una notte al Castello di Poppi, vicino Arezzo. Quella volta insieme alla squadra di investigatori c’era anche una cronista de La Repubblica. Secondo la leggenda, tra le mura dell’antica torre si aggirerebbe ancora lo spettro della contessa Matelda, lì imprigionata e morta di stenti. «Alla fine siamo riusciti a scattare delle immagini di una figura antropomorfa, un mezzobusto con i capelli raccolti. E fotografie simili le abbiamo raccolte anche a Zagarolo, nel museo del giocattolo». Senza dimenticare le «agghiaccianti» voci di bambini che Daniele racconta di aver registrato in fondo a un pozzo, in un ex orfanotrofio vicino Latina.
Le indagini, va bene. E poi? I fantasmi non si intrappolano, come nelle pellicole hollywoodiane. Né possono essere allontanati, ammesso che esistano. «Il nostro intervento non è mai risolutivo, si limita a una ricerca scientifica» mette le mani avanti Daniele. «Non illudiamo nessuno. Noi possiamo solo certificare la presenza di anomalie, poi sta al proprietario di casa, alla sua sensibilità. Può chiamare un prete, un medium, oppure imparare a conviverci». Lo scetticismo è d’obbligo. «È normale, non lo condanniamo» ammette sorprendentemente Daniele. «Non mi sento affatto offeso, anzi. Il primo scettico sono io. Di fronte a certi fenomeni la prima cosa da fare è cercare sempre una spiegazione razionale».