Perotti e i tagli impossibili: “I miei dossier? Non li hanno neanche letti”

Era responsabile per la spending review, ma se ne è andato dopo poco più di un anno, senza essere riuscito a farsi ascoltare, nonostante i tagli agli sprechi siano al centro di tutte le campagne elettorali

Oggi Roberto Perotti ha l’aria rassegnata e un po’ fatalista. Professore di economia politica alla Bocconi, era stato chiamato nel settembre di due anni fa da Matteo Renzi per lavorare assieme a Yoram Gutgeld sulla spending review, la promessa mancata di tutti gli ultimi governi. Se ne è andato lo scorso anno, come già aveva fatto il suo predecessore Carlo Cottarelli, dichiarando di sentirsi inutile e di non aver potuto dare l’aiuto che voleva. , Il titolo del suo ultimo libro è emblematico: Status Quo – Perchè in Italia è così difficile cambiare le cose (e come cominciare a farlo) [Feltrinelli, 2016]. Una specie di dichiarazione di resa che fotografa un Paese in cui i tagli agli sprechi sono facili solo durante la campagna elettorale.

E’ deluso dalla sua esperienza come consulente del governo?
In un certo senso no, perchè già quando sono stato chiamato sapevo benissimo che non avrei potuto cambiare granchè

Come mai?
Ci sono molte pressioni, in campagna elettorale tutti parlano di tagli alla spesa pubblica, ma poi non è mai facile attuarli. Non ho ricevuto pressioni dirette da questo o quel politico, ma è ovvio che l’influenza di lobby e gruppi di potere condizioni il modo in cui le nostre proposte vengono considerate

Come sono state accolti i suoi consigli sulla revisione della spesa?
Il problema è che c’era disinteresse, ho percepito molto pressapochismo, magari anche per mancanza di tempo. Credo che molti dei dossier che ho scritto non siano neanche stati letti dalle persone a cui erano destinati

Come bisognerebbe intervenire sulla spesa pubblica?
Si deve intervenire in maniera organica, perchè se si iprocede con tagli su un’unica categoria, pensando di occuparsi poi delle altre, si finisce per creare malcontento e quel settore di lavoratori ha gioco facile per far passare il messaggio che ce la si stia prendendo solo con loro

Quando si parla di tagli si finisce spesso a parlare di pensioni. Come vede la questione?
Prima di tutto andrebbe rivisto il sistema di pensioni e welfare. Li cito insieme perchè oggi le pensioni fanno un lavoro che non è il loro: sono un reddito per la vecchiaia, ma anche un aiuto per tutta la famiglia nei molti casi in cui gli stipendi dei figli non bastano più. Il ricalcolo contributivo (ricalcolare le pensioni generate con metodo retributivo secondo il criterio contributivo, ndr) potrebbe portare risparmi per circa 2 miliardi l’anno, anche senza estendere la manovra alle pensioni più basse

Non ho ricevuto pressioni dirette, ma credo che molti dei dossier che ho scritto non siano stati neanche letti


Roberto Perotti

Quali sono gli altri fardelli della spesa pubblica?
Cito l’alto numero di dirigenti pubblici, che sono i più pagati d’Europa, e i sussidi alle imprese: stimo ci siano circa 60 miliardi fuori bilancio che vengono amministrati da una miriade di enti e società territoriali senza che abbiano un beneficio concreto sul mercato

Le colpe di un intervento serio sulla spending review sono condivise tra gli ultimi governi. Chi pensa abbia più responsabilità?
Gli ultimi tre Governi, da Monti a Renzi, si sono trovati di fronte situazioni d’emergenza. Potevano fare di più, certo, ma sono tutti governi di coalizione e non è mai facile mettere d’accordo tutti, perchè gli interessi elettorali sono molto diversi. Prodi e Berlusconi, invece, hanno più responsabilità

La riforma costituzionale proposta dal governo Renzi porterebbe un risparmio strutturale?
Sì, perchè diminuiscono le poltrone del Senato e viene aoblito il Cnel, ma i numeri che si leggono sono esagerati, stimerei il risparmio in circa 150 milioni di euro l’anno

Negli ultimi quindici anni il Pil dell’Italia è cresciuto dello 0,5%, quello della Francia del 18%, della Germania 19% e Spagna 23%. Come si spiegano questi dati?
Il problema di fondo è la produttività, perchè nel breve periodo il Pil può aumentare per tanti motivi, però nel lungo periodo se non aumenta la produttività il Pil rimane fermo. Come fare aumentare la produttività è la domanda da un milione di dollari, ma quel che è certo è che non ci sono soluzioni facili. L’idea che un governo con un paio di provvedimenti aumenti la produttività dallo 0,5% al 3% è irragionevole

Parliamo sempre di governi, ma c’è anche una responsabilità dei privati se la produttività non cresce?
È difficile dar colpe, perchè i privati si possono difendere dicendo di essere tassati troppo e di non avere un sistema scolastico adeguato alle spalle. Anche in questo caso, però, torno a dire che serve tempo: se anche un governo azzeccasse la riforma della scuola perfetta, che aiutasse le aziende, gli effetti si vedrebbero dopo vent’anni

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