“Donald Trump? La vera novità è un’altra. Tra coloro che sono su posizioni alter-mondialiste abbiamo un alleato formidabile: Papa Francesco”. Vittorio Agnoletto nel 2001 era il portavoce del Genoa Social Forum, la sigla che raccoglieva il variegato popolo arrivato a manifestare al G8 contro la globalizzazione senza regole. Genova significò tante cose. La contestazione di un sistema che ha alimentato crescenti diseguaglianze sociali, la Diaz, la morte di Carlo Giuliani. Uno snodo della storia. Poi quel popolo si è disperso, senza una vera spalla politica (almeno in Italia) che trasformasse la protesta in azione. L’ironia della storia ha voluto che quindici anni dopo si sia tornati a parlare dei guasti della globalizzazione selvaggia, e lo si è fatto per il successo di proposte elettorali opposte a quelle invocate dal popolo di Genova, Seattle e Porto Alegre. «Ma noi – dice Agnoletto in questo colloquio con Linkiesta.it – non abbiamo mai avuto niente a che spartire con la Lega, la Le Pen e tutti quelli che predicano il ritorno delle piccole patrie e dei nazionalismi, un solco in cui si inserisce anche Trump. Trump sarà sconfitto solo se rinascerà un grande movimento alternativo dal basso».
Agnoletto, che effetto le fa sentir parlare del nuovo presidente americano come di un alfiere dei no-global?
No, non ci siamo. Le propongo un ragionamento diverso. Abbiamo sempre detto che era un errore e una semplificazione della stampa definirci no-global. Noi eravamo e siamo alter-mondialisti, vogliamo una forma diversa di globalizzazione. Di fronte alla globalizzazione del mercato, proponiamo la globalizzazione dei diritti. Questo anche per dirle che noi non abbiamo mai avuto niente a che spartire con la Lega, la Le Pen e tutti quelli che predicano il ritorno delle piccole patrie e dei nazionalismi, un solco in cui si inserisce Trump.
Ecco, parliamo di Trump.
Lui si inserisce in quel filone esasperato del nazionalismo fondato sulla negazione dei diritti fondamentali che per noi sono fondamentali. Lei citava Genova: le ricordo che il 18 luglio del 2001 iniziammo con una marcia a favore della libera circolazione dei migranti.
Le ho fatto queste domande, perché quindici anni dopo, quando sentiamo parlare dei guasti della globalizzazione, vediamo apparire personaggi come Trump.
La novità è un’altra. Tra coloro che sono su posizioni alter-mondialiste abbiamo un alleato formidabile: Francesco.
Il Papa.
Cinque giorni fa il Papa ha convocato in Vaticano un incontro con 180 personalità, leader o protagonisti dei movimenti sociali. C’ero anch’io. Abbiamo lavorato, al di là del credo religioso dei singoli, su tre temi proposti personalmente da lui: lavoro, casa e terra. A questi si è aggiunta una riflessione comune sulla democrazia partecipativa e sulle migrazioni. Alla fine, davanti a più di tremila persone in sala Paolo VI, il Papa ha parlato e ha riproposto i contenuti del nostro movimento. Ma ci ha anche detto che dobbiamo fare un salto nella politica, perché dobbiamo cambiare un sistema fondato sulle ingiustizie. Sul piano politico oggi è una partita a tre.
Che squadre ci sono in campo?
Allora, ci sono gli alter-mondialisti, vicini a Francesco. In mezzo c’è l’establishment. Poi ci sono le destre nazionaliste e razziste, che sono cresciute dove abbiamo perso noi.
Forse la mancanza di una vostra leadership unitaria e riconoscibile è stata un problema.
La caratteristica stessa dei nostri movimenti è tale per cui l’assenza di una leadership è giustificata. E’ questo che ci differenzia dai nostri avversari. Se parliamo di democrazia dal basso, come potremmo coltivare il culto di un leader?
Forse lo avete finalmente trovato nel Papa.
Diciamo che Papa Francesco è, sui nostri temi, un punto di riferimento etico e morale. Attenzione: Papa Francesco, non il Vaticano, perché lì ci sono invece molte resistenze. Lo abbiamo visto proprio l’altro giorno.
Che cosa?
C’erano più di tremila persone ad ascoltare il Papa, come le ho detto, ma la sala ne conteneva novemila. Il grosso dell’associazionismo cattolico, che a Genova era insieme a noi, non c’era, perché fatica evidentemente a sentire sue le parole di Francesco.
«Abbiamo sempre detto che era un errore e una semplificazione della stampa definirci no-global. Noi eravamo e siamo alter-mondialisti, vogliamo una forma diversa di globalizzazione. Non abbiamo mai avuto niente a che spartire con la Lega, la Le Pen e tutti quelli che predicano il ritorno delle piccole patrie e dei nazionalismi, un solco in cui si inserisce Trump».
Quindi questo è il quadro delle forze in campo. Vede profilarsi una nuova stagione di tensioni anche fuori dalle sedi istituzionali?
Non ho la sfera di cristallo. Ma dobbiamo pensare ancora alla sfida a tre. Anche negli Stati Uniti la partita era a tre: uno dei tre lo hanno messo fuori gioco con ogni mezzo, Bernie Sanders. Sarebbe scorretto dire che avrebbe vinto lui, ma sicuramente si sarebbe votato su due modelli alternativi di società. Sanders avrebbe conteso i ceti popolari e medio-bassi che poi hanno votato Trump.Ma adesso?
Devo fare un’opera di onestà e chiarezza: noi come movimento alter-mondialista, in Italia e in Europa, siamo stati sconfitti, a differenza di quello che è successo invece in Sudamerica.E perché siete stati sconfitti?
Per tre ragioni. La prima è che tutte le casematte della società europea sono dominate dal liberismo e c’è stata una repressione durissima nei nostri confronti dopo Genova. La seconda è che questa situazione è garantita dai principali media. La terza ragione è l’assenza di una vera alternativa politica di sinistra. Non avevamo grande spazio da conquistare. Oggi non siamo alla vigilia della rinascita di un grande movimento come quello di Genova. Ma sarà una ricostruzione lenta.Prima parlava però della mancanza di una spalla politica a certe rivendicazioni.
La sinistra politica si è dissolta. Ritengo anzi che alcuni virus della scena mondiale degli ultimi venti anni siano purtroppo entrati anche nella classe dirigente di quel che rimane della sinistra italiana. L’io ha preso il posto del noi.Quindi non avreste ancora quella sponda politica?
Assolutamente no. Ci fosse stata una sponda politica per le nostre rivendicazioni, non sarebbe nato il Movimento 5 Stelle, che pure prende voi non solo a sinistra. Ed è una specificità italiana, questa. In Grecia c’è stata per esempio Syriza, in Gran Bretagna c’è Corbyn. Quello di Genova è stato l’incontro di molte anime che avevano trovato dei punti su cui lavorare insieme. Ma poi è mancato il salto culturale della sinistra. Quindi la repressione durissima del movimento e la mancanza di una spalla politica hanno fatto sì che i pezzi di quel movimento siano andati ciascuno per conto suo.È questo che vi ha tolti dalla scena?
Diciamo che noi avevamo capito dove il mondo stava andando. Avevamo capito che era alle porte una crisi economica e sociale. Ma non abbiamo avuto la capacità di collegare l’analisi alla vita quotidiana delle persone. Non abbiamo spiegato con parole semplici che i processi globali sarebbero ricaduti sulla testa dei più deboli. Quindi è stato più facile per i più deboli seguire chi ha dato risposte più semplici, chi ha scaricato tutte le colpe sugli ultimi, cioè gli immigrati.E qui torniamo a Trump. Come risponderete a questa che è sicuramente una svolta politica che rimette al centro il tema della globalizzazione ma da una prospettiva diversa?
Potrei darle una risposta facile, elencando le cose negative che ci aspettano dal mandato del nuovo presidente Usa. Le rispondo invece così: per essere fermato, Trump, o viene sconfitto da un grande movimento dal basso o fra quattro anni sarà rieletto senza problemi. Perché è stato il sistema liberista attuale a consegnare il mondo a forze populiste e razziste. E non possiamo pensare che la soluzione venga da lì. La rinascita passa dalle forze alternative.@ilbrontolo