Balasso: “L’Italia non pensa, e i giornali amplificano il nulla”

Il comico e attore teatrale a tutto campo: dai problemi della sua regione (a cominciare da Padova) alle difficoltà di trovare notizie attendibili sul web e sui giornali. Troppa superficialità rende impossibile comprendere la realtà

Grande è la confusione sotto il cielo del Veneto. Gli imprenditori sono in cerca di una nuova identità nell’età della quarta rivoluzione industriale, le banche restano in attesa di nuova liquidità da fondi di salvataggio e risparmiatori alle prese col bail-in. E la classe politica, in quello che a tutti gli effetti è il fortino della Lega Nord, è spaesata. Nello stesso giorno in cui cadeva l’amministrazione Bitonci, a Padova (la più grande città governata dal partito di Matteo Salvini) Stefano Parisi lanciava il suo movimento per rinnovare il centrodestra. Primo passo: scaricare la Lega. Un sogno politico subito rimesso nel cassetto da Silvio Berlusconi, che sa di non poter contare sui soli moderati per riproporsi sulla scena politica dopo il 4 dicembre. Un siparietto durato lo spazio di qualche giorno in cui è arrivato anche il duro commento del comico e attore teatrale Natalino Balasso (attualmente in scena con lo spettacolo Smith & Wesson, scritto da Alessandro Baricco) : «Non è con gli slogan che si risolvono i problemi», le parole affidate a un lungo post su Facebook. Originario di Porto Tolle, provincia di Rovigo, Balasso ha fatto dei social e del suo canale YouTube (Telebalasso) un luogo di analisi critica della società: «Nei miei spettacoli o nei miei video non parlo mai di governanti, di politici, o anche solo di grandi uomini d’affari. È molto raro. Io parlo dei demoni che abbiamo dentro, parlo di noi, delle nostre paure».

Come si spiega quel che è successo a Padova? Semplici screzi da centrodestra o una realtà troppo complessa per Bitonci e la sua squadra?
Per capire cos’è successo a Padova bisognerebbe abitare a Padova, io, da osservatore lontano, posso dire quel che leggo in modo un po’ confuso e credo che siano successe due cose: la prima è che Bitonci ha messo assieme una squadra poco omogenea con partiti i cui rappresentanti avevano intenzione di passare all’incasso. Forse non li ha accontentati e si sono ribellati. Poi resta il fatto che un sindaco è sempre in croce, perché quelli di destra lo vedranno troppo a sinistra e quelli di sinistra lo vedranno troppo a destra, sono i luoghi comuni su cui si basano i Comuni.

La seconda?
La seconda cosa è stato un meccanismo un po’ squallido, che è quello dell’ammutinamento dal notaio. Preferire un commissario al proprio sindaco, anche se avversario, non rende onore politico a chi pratica questa strada, non va dimenticato che un sindaco è pur sempre votato dai cittadini e non si può passar sopra a questo a cuor leggero.

Nello stesso giorno della caduta di Bitonci, a Padova c’era Parisi per rilanciare un’idea di centrodestra senza Lega. Secondo lei il Veneto può essere il laboratorio politico da cui uscirà una nuova leadership?
Delle leadership me ne sbatto gli zebedei, è la base che m’interessa e la base è confusa. Uno dei motivi per cui in Italia c’è una pessima sinistra è il fatto che c’è una destra di merda. Sarebbe il caso di cominciare a ragionare sui temi della politica e non sul fatto che se al popolo stanno sulle balle i marziani, allora io devo dire che i marziani puzzano. Salvini sta alla politica come la nafta sta al budino, ma mi piacerebbe capire da dove vorrebbe partire Parisi, mi sembrano mosse da prima repubblica.

Anche sul tema referendum gli esponenti politici veneti sono divisi: da un lato Zaia per il No, dall’altro Tosi e Brugnaro per il Sì. Semplice dialettica politica?
La risposta è molto semplice: Zaia vuole che Renzi se ne vada, Tosi e Brugnaro sono per una continuità al governo. La Costituzione non c’entra nulla con questo referendum, lo dimostra il fatto che nemmeno la parte del Sì si è premurata di sottolineare i cambiamenti – a livello programmatico ovviamente, perché la costituzione non è una legge, è un indirizzo – che avrebbero fatto breccia, come ad esempio che con la nuova proposta si richiedono leggi che in sede di elezioni promuovano un giusto livello di rappresentanza tra maschi e femmine. Il referendum è su Renzi.

Lei è da sempre un artista molto attivo sui social. Dopo quanto è accaduto negli Usa con la vittoria (sottostimata dai media tradizionali e pompata sugli altri canali) di Donald Trump quale pensa sia il peso attuale di social network e piattaforme digitali nel dibattito pubblico-politico?
In realtà faccio un video ogni tre, quattro mesi e scrivo qualcosa ogni due, tre giorni. Sembro molto presente perché molti condividono quello che faccio e i giornali riportano i miei post. Questo avviene perché in Italia è difficile leggere cose intelligenti su un social.

Mentre per quanto riguarda i sondaggi? Cosa ne pensa?
Le vittorie sono sottostimate quando ai sondaggi la gente si vergogna di dire per chi vota, e se ti vergogni di dirlo, vuol dire che sai di fare una stronzata. Ma voglio dire qui una cosa scabrosa.

Prego.
I giornali dovrebbero tornare a investire pesantemente sulle versioni cartacee e sulle versioni online a pagamento. Se si misureranno solo sui social spariranno in una montagna di spazzatura, tra finte testate e opinionisti random. Ma c’è bisogno di approfondimenti seri scritti da gente che lo sa fare.

Non a caso lei è in scena con Smith & Wesson, spettacolo scritto da Baricco in cui si racconta la storia di una giovane giornalista in cerca dello scoop anche a costo di fabbricarlo. Cosa non va del sistema mediatico italiano?
Mi vien da dire “gli italiani”. Il sistema mediatico, come lo chiama lei, non è altro che il megafono dei pensieri della nazione, se la nazione non sa pensare, il sistema mediatico amplificherà il nulla. Un problema dei giornali è quello dell’equilibrio tra la sintesi e il significato: spesso i media non usano molto spazio per approfondire, perché la gente fondamentalmente si stufa a leggere, perciò si finisce per sintetizzare troppo. Lei, ad esempio, ha appena definito Smith & Wesson “la storia di una giovane giornalista in cerca dello scoop”, ma questo travisa la trama che è molto più complessa. Sarebbe come dire che il Vangelo è la storia del figlio di un falegname che fa cose strane. Questa sintesi può valere per il Vangelo ma anche per Pinocchio.

Allora si potrebbero usare le parole del regista Gabriele Vacis: «Smith & Wesson tratta un sentimento molto contemporaneo: la pochezza degli uomini e la loro incapacità di vedere un futuro». Cosa è venuto meno?
Io non vedrei una parabola, non penso cioè che qualcosa sia venuto meno, non credo che in passato avessero una grande capacità di vedere un futuro e credo che anche nel passato il popolo abbia avuto interessi “prosaici”, ora è tutto più amplificato perché il popolo è cronista delle sue stesse gesta, ma è chiaro che ci sono epoche nelle quali si guarda al futuro perché si viene da un passato distrutto. E c’è un altro grande tema in questo spettacolo: il meccanismo vampiresco per cui i vecchi si mangiano la forza vitale dei giovani, quello lo vediamo tutti i giorni.

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