Un enorme sbadiglio. Dopo essersi trattenuto per la prima parte del discorso del padre, il mini-Trump (come lo chiama la First Lady) si è lasciato andare ad uno sbadiglio sconfinato e contagioso. Senza nemmeno mettere la mano davanti alla bocca, alla faccia di tutti.
Tutta la prima fila ha sbadigliato di riflesso nel bel mezzo del discorso d’insediamento del nuovo Presidente. E tutti, da casa, mentre imprecavano o esultavano, sono entrati nell’enorme sbadiglio collettivo del golfista più giovane della storia. Barron William Trump che “non è un tipo da tuta”, sempre gellato, incravattato e controllato, si è ribellato alla solita pappa. E la mamma, da brava belva, lo ha seguito con uno strattone al braccio e un rimprovero sussurrato davanti ai riflettori di mezzo mondo.
Mentre il marito ringraziava la Clinton e diceva le cose giuste cercando, con voce bassa e suadente, di entrare nelle case degli americani, mamma e figlio ci sono entrati per davvero. Occhi scocciati, colpi di sonno improvvisi (Barron chiude e riapre gli occhi in continuazione), sospiri, strattoni: una catena di gesti involontari, quotidiani, condivisibili. Per un istante si apre il mondo nascosto di questo principino assonnato che ruba lo schermo e lo buca: mentre Trump senior discute dell’unificazione dell’America, siamo rapiti dall’oscillante Trump junior.
E possiamo pensare al piano tutto suo della Trump Tower, ai cavalli a dondolo, alle massaggiatrici tailandesi, all’uva e alle piume di struzzo. Grazie all’inquadratura geniale dei tecnici (con una piccola zoommata in più si sarebbe persa questa meraviglia, saremmo rimasti schiavi di un noiosissimo close-up), Trump e la sua “family” ce la fanno. La realtà di questa immagine domestica diventa una nuova messa in scena, che smitizza la retorica elettorale e tira più di qualsiasi programma o discorso politico. Perché, in fondo, cosa c’è di più politico della casa?
Margherita, cinque anni, figlia dei regnanti spagnoli ritratta da Velazquez in Las meninas. È la più piccola della stanza ma è l’unica a guardare dritto verso lo spettatore, fuori scena. Con il suo sguardo crea il tramite, l’unione: fa entrare il pubblico in casa, dentro la scena, e lo rende sovrano
Il fenomeno Baby George, tre anni, con tutti i meme, le gif, le pagine Facebook (una su tutte Baby George ti disprezza), lo spiega bene. Il bambino, figura dell’innocenza (e della crudeltà) originaria, nonostante i vestiti e le pettinature posticce, mostra tutto immediatamente: facce schifate, divertite, da bimbo viziato che vuole quello e solo quello, e lo vuole subito.
O, raccontiamola con i classici della pittura, come Margherita, cinque anni, figlia dei regnanti spagnoli ritratta da Velazquez in Las meninas. È in camera, sta per bere un bicchier d’acqua circondata dalle sue damine di corte e dal suo mastino, mentre guarda lo spettatore con fierezza mista a noncuranza (naso arricciato e occhi altezzosi). È la più piccola della stanza ma è l’unica a guardare dritto verso lo spettatore, fuori scena. Con il suo sguardo crea il tramite, l’unione: fa entrare il pubblico in casa, dentro la scena, e lo rende sovrano.
Mentre i suoi genitori, Filippo IV e Marianna d’Austria, lontani sullo sfondo, si riflettono nella mediazione di uno specchio d’argento, non più trasparente.
Lo sguardo di Margherita, come lo sbadiglio di Barron William, sono residui preistorici. Svelano la vittoria della specie nonostante tutto, e ci salvano dal momento.
Lì, allora, olio, tela, specchio e sguardo. Qui, ora, microfoni, telecamere, sonno e sorpresa: cari terrorizzati da The Donald, la ribellione al potere è tutta in uno “yawn”.