Occident Ex-PressLa mafia gestiva un cimitero paleocristiano a Milano senza saperlo

Il depuratore di Nosedo, traffico d'armi, cadaveri che oggi sono laboratori, orti urbani, opere d'arte. La rinascita del Parco Sud di Milano: dal clan Russo di Niscemi alle startup e le piste ciclabili. La prima retata nel '98 quando Finanza e Squadra Mobile a momenti si sparavano addosso

Cosa Nostra e cascine nel Parco Sud di Milano; depuratori e cimiteri paleocristiani; abbazie e coop sociali. Ma anche l’altra faccia della luna: valutazioni d’impatto ambientale e opere d’arte, beni culturali e paesaggistici; piste ciclabili, orti urbani che fioriscono, chilometro zero e case popolari a cui viene data una seconda chance. L’area sud-est del capoluogo lombardo potrà vivere una seconda vita – forse una prima, visti trascorsi. Perché stanno per arrivare i soldi che sciacquano via i peccati di politica e criminalità del passato.

Dalla famiglie mafiose, il traffico di armi, droga alle opera d’arte e le stratup. La seconda vita del Parco Agricolo Sud di Milano

Dove c’è cascina c’è mafia

Il passato sembra meno roseo del futuro. Perché quell’area era terra di malavita e famiglie mafiose. Basta camminare verso sud, 500 metri dal Corvetto, per incontrare Cascina Nosedo e Corte San Giacomo. Per vent’anni umili dimore della famiglia Fermi, beccata a fine anni ’90 a fare affari con i picciotti del clan Russo di Niscemi, di Catania. Il Parco Sud arrivava molto più a sud di quanto la geografia milanese lasciasse pensare. I fratelli Carlo ed Enrico Fermi, subentrati nel 1998 al padre. Che ai figli aveva dato nomi da fisici nucleari ma le passioni erano altre rispetto alla meccanica quantistica: traffico internazionale di armi e stupefacenti, orti in cui esercitare il caporalato nei confronti dei rumeni, che lavoravano in affitto con un canone da 150mila lire al mese da versare al padrone. La vocazione agricola l’avevano mantenuta perché gli uomini della squadra mobile sequestrarono centinaia di piantine rigogliose di marijuana. Che ancora oggi, a cercare bene, esistono. Ma per scopi terapeutici garantiscono i bene informati.

La prima retata nel 1998: rumeni che lavorano a caporalato, 500 piante d’erba e qualche agente di polizia che, forse, ne faceva uso. Finanza e Squadra mobile a momenti si sparavano addosso

Non solo erba, anche oli: sversamento di rifiuti illeciti e oli esausti nei terreni di Cascina Nosedo, 20 ettari sgomberati per l’ennesima volta nel luglio 2015 e riconsegnati al Comune di Milano che li ha affidati alla Cooperativa la Strada e al Consorzio SIR, assieme a polli, mucche, pappagalli e fauna da fattoria. I reati ambientali della vecchia “gestione” hanno già fatto il loro corso: sentenza di patteggiamento per due dei coimputati, Bossi Desideria e Giuseppe Silvestri. Mentre nella famiglia Fermi non ha pagato nessuno, assolti perché il fatto non sussiste. E per il fratello maggiore Fermi oltre al danno la beffa, perché una delle bonifiche indicate dall’urbanistica del Comune di Milano l’ha dovuta pagare lui. Bonifiche che non sono un vero problema, come spiega a Linkiesta, l’architetto Franco Zinna della Direzione urbanistica: «C’è da rifare tutta la parte di impiantistica, suddividere gli spazi interni ed eliminare le barriere architettoniche visto che lì ci finiranno a lavorare anche soggetti con disabilità». Amianto? – che in Corvetto è una delle piaghe delle case popolari – «Qualcosa sulle coperture ma nulla di irrimediabile».

La famiglia Fermi aveva anche un rapporto privilegiato con Dio e con tutti i Santi. I terreni adiacenti sembrano un’inno alla grazia divina: la chiesa di San Michele e Santa Rita, cascina San Bernardo, la già citata Chiesa di San Filippo e Giacomo edificata nel tredicesimo secolo, dentro i confini di borgo Nocetum. E il latino avrebbe dovuto significare qualcosa. Quando si è andati a scavare per bonifiche e riqualificazioni, oltre alla lingua morta sono emerse le testimonianze di morti veri: un’iscrizione funeraria marmorea del 536 d.C., e numerose prove dell’esistenza di una comunità paleocristiana e frammenti pittorici medievali che raffigurano un Cristo benedicente in mandorla. Tesori di cui nessuno sapeva nulla in fattoria, perché il traffico di opere d’arte non era contemplato nel core business d’azienda.

Le prove di una civiltà cristiana sotto i terreni di borgo Nocetum: un’iscrizione funeraria marmorea del 536 d.C., e un Cristo benedicente in mandorla

La benedizione di Cristo servì sopratutto agli agenti delle forze dell’ordine nella prima retata in Cascina, sul finire dello scorso secolo, nel filone milanese di un’inchiesta nata dalle indagini di Dia e Dda di Catania. Da una parte agenti della Squadra Mobile che sorvegliano il perimetro. Dall’altra uomini del GOA – il nucleo operativo antidroga della Guardia di Finanza. Un’azione coordinata fra corpi dello Stato? Proprio per niente. Esce una Mercedes. La Polizia di Stato accerchia la vettura con i fucili spianati. All’interno qualcuno estrae i mitra. E, per fortuna, il bardo delle Fiamme Gialle. Mancata comunicazione, si dice in questi casi. Si sfiora la tragedia ma finisce tutto per il meglio.

Del resto non era l’unica mancata comunicazione di quegli anni. Il Consorzio del canale navigabile Milano-Cremona-Po aveva tentato in più occasioni di liberarsi degli scomodi inquilini. Anche perché sull’area c’era da realizzare il Depuratore di Nosedo, il primo per capacità di Milano, entrato in funzione nel 2003 dopo 30 anni di ritardi sulla tabella di marcia. Finito più volte nelle aule di tribunale: dai contenziosi legali, con richieste di danni al Comune di Milano per 110 miliardi di lire da parte della società costruttrice Siba, fino alle inchieste per una presunta mazzetta a Dc e Pci nel 1993.

Il depuratore di Tangentopoli, fra cause legali e minacce telefoniche recapitate al Pirellone

Oggi funziona, ripulisce 150 milioni di metri cubi di acque all’anno e li distribuisce a oltre 90 cascine per l’irrigazione di 3.700 ettari di terreni. Dovrà essere restituito alla città in perfetto stato entro il 2020. Un bel business. E al Consorzio Milano-Po-Mantova lo sapevano e cercarono di cacciare chi era d’impiccio per la sua realizzazione. Ma al Pirellone, subito dopo, arrivano altre telefonate minacciose. E di sgomberi, per un bel po’ di anni non si è parlato.

La seconda vita del Parco Vettabbia

Oggi ci sono i soldi – il 50 per cento già stanziato dalla Comunità Europea, il resto a scadenze rispettate. 6.2 milioni di euro del Fondo europeo di sviluppo regionale, vinti dalla città per il progetto OpenAgri tramite il bando “Urban Innovative Actions”, che serviranno a realizzare, fra il Parco Agricolo Sud e Porto di Mare – Quartiere Mazzini, un centro per l’innovazione, un polo agricolo mettendo in rete le decine di borghi e cascine dell’area e un percorso ciclo-pedonale turistico e gastronomico che attraversa la Valle dei Monaci. Fare lontano da Expo quello che forse ad Expo non verrà mai fatto – dopo che in comune a Milano si è discusso, fra vari malumori, di lavorare con multinazionali come Bayer, Roche e Novartis per il futuro dell’area di Rho Fiera. Le big della farmaceutica hanno fatto bella mostra di una “manifestazione d’interesse” come la chiamano ad Arexpo. Interessi che che con il tema dell’agenda alimentare e la famosa eredità di Expo, non c’azzeccano nulla.

Ci sono i soldi: 6.2 milioni di Fondi europei vinti da Milano con il progetto OpenAgri. Ci sono le idee. ostelli, agriturismi, orti urbani, laboratori sociali, startup, percorsi ciclo-pedonali lunghi 50 chilometri. C’è tempo fino a febbraio per discuterne

Nel Parco Vettabbia è un’altra musica. Più ancora dei soldi ci sono le idee: ostelli, agriturismi, alberghi, orti urbani, laboratori sociali, startup, percorsi ciclo-pedonali lunghi 50 chilometri. Entro febbraio 2017 bisogna chiudere il tavolo di confronto fra realtà delle coop sociali, associazioni e Comune, per poter reclamare in Europa la seconda parte della torta da 6 milioni di euro. Sono coinvolti anche nomi noti del terzo settore milanese, come Mare Srl, i creatori di Mare Culturale Urbano, considerati vicini all’assessore Majorino e da tutti in città presi come esempio virtuoso di inclusione sociale e riqualificazione dopo l’esperienza “autonomista” della scorsa estate alla scuola Manara di via Fratelli Zoia, Quarto Cagnino. Una scuola che ha un grosso valore simbolico per Milano. Fu il primo edificio in cui vennero accolti i siriani transitanti in fuga dalla guerra civile.

Nel progetto di riqualificazione coinvolti nomi noti del terzo settore milanese, come Mare Culturale Urbano, dopo l’esperienza virtuosa e della “dichiarazione d’indipendenza” di Quarto Cagnino e della Scuola Manare. Fu il primo edifico dove accogliere i siriani in fuga

Qui non si tratta di siriani. Ma di italiani. Con la possibilità di far lavorare chi è in difficoltà. Nei pressi del Parco Vettabbia – casa del jogging per molti abitanti, dove sono in parecchi che le energie per correre da soli non le hanno più. Il Quartiere Mazzini è uno degli storici sobborghi popolari di Milano e anche una manciata di ore di lavoro a settimana possono aiutare a sbarcare il lunario.

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