Tratto dall’Accademia della Crusca
La parola marciapiede, il cui primo e più comune significato è quello di “parte della strada riservata ai pedoni, generalmente rialzata rispetto al piano viabile” (ZINGARELLI 2016, s.v.), è stata introdotta nell’italiano dopo la metà del Settecento, come calco dal francese marchepied, composto dal V(erbo) marcher ‘camminare’ + il N(ome) pied ‘piede’. La matrice francese spiega la particolarità sintattica del termine rispetto alla grande maggioranza dei composti V + N, nei quali il nome è complemento oggetto del verbo.
Il sostantivo, la cui grafia è sempre univerbata, entra nell’italiano come maschile e variabile, e il suo plurale è marciapiedi, come attesta il seguente contesto di Alessandro Verri, tratto dalla lettera al Conte Gabriele Verri del 19 dicembre 1766 (e anteriore cronologicamente alla data della prima attestazione indicata nel GRADIT: av. 1779): “Le strade sono larghe, dritte la maggior parte e fiancheggiate da due marciapiedi di vivo sasso”. Oggi, come attesta lo stesso GRADIT di De Mauro s.v., marciapiedi viene comunemente adoperato anche come singolare, invariabile.
Ai nostri lettori, quindi, rispondiamo che sia la forma variabile marciapiede (plurale marciapiedi), sia la forma invariabile marciapiedi sono entrambe legittime. Decisamente non ammissibile, invece, è la variante marciappiede, che, pur trovandosi attestata in Internet, è da considerare come fortemente marcata in diatopia, essendo tipica dell’italiano regionale meridionale. La forma con la doppia farebbe presupporre la derivazione del termine dalla locuzione marcia a piedi, visto che la preposizione a preposizione provoca il raddoppiamento fonosintattico, ma la storia della parola quanto e l’assenza della doppia nell’uso toscano smentiscono questa possibile ipotesi.
La questione relativa alla variabilità/invariabilità di marciapiede ci porta anche ad affrontare il problema della variabilità/invariabilità di altri composti V + N, in cui il N indica sempre una parte del corpo e può trovarsi al singolare o al plurale. Vediamo i casi indicati dal nostro lettore di Milano.
Sono invariabili i sostantivi composti maschili con il N al plurale, quali asciugacapelli, paraorecchi/paraorecchie (meno comune la seconda forma), tagliaunghie e lavapiedi (indicante il recipiente usato in passato per lavare le estremità inferiori, quando si era sprovvisti di adeguati impianti sanitari). Sono, al contrario, variabili i composti con il N al singolare: reggiseno → pl. reggiseni; asciugamano → pl. asciugamani. Occorre tuttavia precisare che, come può mostrare una ricerca su Google, oggi asciugamani viene adoperato anche come singolare invariabile, almeno per indicare l’apparecchio elettrico che emette aria calda per asciugarsi le mani in bar, ristoranti, uffici ecc., e quindi, probabilmente, per influsso del termine asciugacapelli, indicante un altro apparecchio elettrico.