Come ti vendo Milano: quartieri e palazzi storici in mano a fondi stranieri

Da Porta Nuova alla Rinascente, passando per il calcio: i proprietari dei gioielli milanesi sono quasi tutti fondi esteri. Arrivano capitali freschi e nuovi servizi, ma affidarsi a capitali stranieri comporta anche dei rischi

Basta passeggiare per le strade di Milano e tenere per un po’ il naso all’insù per accorgersi di quanto sia cambiata la città: nuovi grattacieli, quartieri riqualificati, palazzi storici restaurati. Ciò che i vetri delle torri non riflettono, però, è che molti palazzi storici, o talvolta persino interi quartieri, sono stati venduti a proprietà straniere.

Non siamo ipocriti: i miliardi sonanti che sono arrivati in Italia leniranno il dolore da romanticismo ferito, ma bisogna fare i conti con l’altra faccia della medaglia e con il fatto che i proprietari di Milano, oggi, hanno nomi sempre più esotici e storie che non conosciamo.

Qatar, Azerbaigian, Cina, Stati Uniti: sono decine i fondi internazionali che negli ultimi tempi hanno messo le mani su Milano. Basta prendere una mappa della città e scorrere il dito.

Il caso più emblematico è quello del quartiere Porta Nuova, un complesso di 25 edifici che comprendono la Torre UniCredit e il Bosco Verticale, venduto al fondo sovrano Qatar Investment Authority (Qia) lo scorso anno.

A proposito di Qatar, si parla arabo anche all’Hotel Gallia, lo storico albergo inaugurato in Piazza Duca D’Aosta nel 1932, acquistato direttamente dalla società di famiglia del sovrano di Doha, la Katara Hospitality, nel 2013.

Non è un caso isolato: quasi un anno fa anche l’ex torre dell’Inps a Gioia è stata acquistata da un fondo sovrano, l’Abu Dhabi Investment Authority degli Emirati Arabi Uniti, e stessa sorte è toccata a Palazzo Turati, storico centro congressi in stile neorinascimentale in via Meravigli, nel pieno centro di Milano e a pochi passi dal Duomo. In questo caso il bonifico arriva dall’Azerbaigian: 97 milioni di euro che passano dal fondo sovrano Sofaz a Tecnoholding, società finanziaria partecipata anche da Camere di Commercio.

Spostiamoci più a est. Non nella mappa di Milano, ma in quella degli investitori stranieri: ecco il gruppo Fosun International, colosso privato cinese già alla conquista dell’Europa attraverso investimenti nel turismo (Club Med), nel settore bancario (la tedesca Hauck & Aufhaeuser, per dirne una) e persino nel calcio (nei Wolves Wolverhampton, allenati fino a poche settimane fa da Walter Zenga).

A Milano Fosun ha messo le mani sul Palazzo Unicredit, storico edificio della centralissima Piazza Cordusio ex sede della Borsa e di UniCredit. Offerta d’acquisto: 345 milioni di euro. Ma l’interesse dei cinesi per il bacino milanese è testimoniato anche da una questione molto più pop dei grattacieli e del catasto. Ren Jun, Mi Xin, Liu Jun, Yang Yang; vi dicono niente questi nomi? Fanno parte del consiglio d’amministrazione dell’Inter dallo scorso giugno, quando il gruppo cinese Suning ha acquisito una quota di maggioranza del club. Che ne sarà del Milan, invece, lo scopriremo nel prossimo mese, ma anche per i rossoneri ci sono all’orizzonte investitori cinesi, per il momento frenati soltanto dai tentennamenti lunari del presidente Berlusconi.

La Rinascente è passata in mano ai thailandesi nel 2011, tramite la società Central Retail Corporation, per una cifra vicina ai 205 milioni di euro. Non sorprenderà, allora, che anche il cinema Odeon, il mitico multisala di proprietà della famiglia Berlusconi situato nello stesso complesso immobiliare della Rinascente, sia stato in trattative con il medesimo gruppo thailandese

Piazza Cordusio, l’Inter, magari il Milan, sicuramente Pirelli, acquistata da ChemChina da pochi mesi, ma anche il progetto dei Giardini d’Inverno, un sistema di serre e orti posti in un grattacielo che dovrebbe sorgere in via Pirelli, finanziato da China Investment srl.

Non solo Cina: la Rinascente, uno dei simboli storici dello shopping di lusso milanese, è passata in mano ai thailandesi nel 2011, tramite la società Central Retail Corporation, per una cifra vicina ai 205 milioni di euro. Non sorprenderà, allora, che anche il cinema Odeon, il mitico multisala di proprietà della famiglia Berlusconi situato nello stesso complesso immobiliare della Rinascente, sia stato in trattative con il medesimo gruppo thailandese, oltre che con un fondo del Kazakistan. Per il momento, però, il cinema resta italiano. Sorte diversa toccherà invece al cinema Apollo, altro storico baluardo del settore, il cui fondo è stato venduto ad Apple, che pare debba arrivare entro un anno.

Ma se Apple è un marchio riconosciuto che siamo ormai abituati a vedere per le città, siamo meno avvezzi agli altri investitori americani che hanno fatto affari a Milano negli ultimi anni. Un nome su tutti: Blackstone, uno dei colossi mondiali della finanza e degli investimenti immobiliari, che a Milano si è portata a casa la secolare sede del Corriere della Sera in via Solferino e l’ex sede delle Poste Italiane di piazza Cordusio, proprio dall’altra parte della strada rispetto all’ormai sinesizzata ex sede dell’Unicredit.

Qualche altro esempio? Il nuovo quartiere CityLife deve ancora prender forma, ma tra i nuovi grattacieli c’è già un proprietario straniero. La torre Isokazi, dal nome dell’architetto che l’ha progettata, andrà infatti in mano ai tedeschi di Allianz. O ancora: abbiamo parlato della storica redazione del Corriere della Sera, ora proprietà degli americani, ma anche il quartier generale del gruppo Sole 24 Ore è passato di mano, acquistato assieme alla sede di Pirelli di viale Sarca dagli svizzeri di Partner Groups lo scorso anno.

Ecco che allora il quadro è più completo: la nuova Milano è più ricca e funziona meglio, ma dovrà mantenere negli anni quelle condizioni favorevoli che hanno fatto arrivare i capitali dall’estero, altrimenti un giorno potremmo scoprire che tutto quello che ci siamo raccontati ha una percentuale di rischio che nessuno sta calcolando.

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