Tempo di Natale, con tutte le sue amabili cianfrusaglie: le luminarie per strada, il presepe, l’albero, il vischio il freddo e la neve. Poi ci sono i parenti che non si vedono mai, regali, litigi, pacchi, panettoni e compagnia singing. E poi ci sono i babbi natale, cioè un piccolo esercito sparpagliato in tutto il mondo che, nei giorni delle feste, si veste di rosso e si appiccica una lunga barba bianca posticcia e gira per le strade ad agitare campanelli e distribuire cioccolatini.
Un lavoro stagionale per eccellenza, prodromico impiego da gig economy. Ma non un affare semplice: per fare il babbo natale ci vuole esperienza, disponibilità e anche capacità di parlare più lingue. Almeno, questo è quanto insegna una delle scuole per babbi natale londinese, uno studio di produzione che, ogni anno, apre le porte della sua Santa School.
Ci sono vari corsi: memorizzazione dei nomi delle renne, lezioni di gioisità generale, lingue straniere. Ogni apprendista Babbo Natale deve imparare a dire “Buon Natale” in 15 lingue diverse. Non è così semplice come sembra. I Babbi natale devono essere anche creativi, devono riuscire a immaginare nuovi giochi, proporre idee e fabbricare momenti straordinari per i bambini, con impatti genuini.
Come spiegano qui, finora la scuola ha formato 640 Babbi Natale, insieme a 2000 performer di vario genere e due cani. Un grande risultato per portare avanti la magia anglosassone/consumistica/hollywoodiana del Natale.