Oltre novantamila italiani convivono con l’Hiv. Eppure nel nostro Paese ci sono almeno altri 30mila connazionali che hanno contratto l’infezione, ma non ne sono consapevoli. Il dato allarmante arriva da alcune mozioni depositate in Parlamento nelle scorse settimane. I numeri raccontano il dramma di una malattia di cui si discute sempre meno. E che invece, in assenza di informazione e consapevolezza, continua ad essere largamente presente. Ormai si parla poco di Aids. Eppure negli ultimi 35 anni, dall’inizio dell’epidemia, in tutto il mondo ci sono stati 70 milioni di contagi, e l’infezione ha causato la morte di 35 milioni di persone.
Ogni anno in Italia vengono registrate circa 4mila nuove diagnosi di infezione da Hiv. Nel 2017 sono attese circa 3.800 nuove diagnosi: 6,1 casi ogni 100mila residenti. «Oltre la metà – si legge in un documento presentato al Senato dalla dem Donata Lenzi – è diagnosticata quando l’infezione è già in uno stadio avanzato». Ecco uno dei problemi principali. Due giorni fa il senatore di Forza Italia Andrea Mandelli ha depositato a Palazzo Madama una mozione sottoscritta da oltre 60 parlamentari di tutti gli schieramenti. Nel testo si sottolinea il livello di conoscenza “drammaticamente basso”, soprattutto da parte dei più giovani, in merito ai rischi di contagio. Troppo spesso manca la consapevolezza dei comportamenti da tenere per evitare l’infezione. E così, negli ultimi anni, «è aumentata la proporzione delle persone che arrivano allo stadio di Aids conclamato ignorando la propria sieropositività». È un problema drammatico, perché in questo modo le probabilità di risposta positiva alle cure diminuiscono sensibilmente. Oggi in Italia oltre la metà delle nuove diagnosi avviene molto tempo dopo l’infezione. Troppo tardi. «Quando essa – scrive la senatrice Alessandra Bencini – ha creato danni importanti al sistema immunitario, tali da consentire la comparsa di infezione e tumori talvolta letali».
Ogni anno in Italia vengono registrate circa 4mila nuove diagnosi di infezione da Hiv. Quasi 120mila italiani convivono con la malattia. Ma almeno 30mila non ne sono consapevoli
Difficilmente una persona scopre di essere sieropositiva a seguito di un volontario accesso al test dell’Hiv. «Nel 26,4 per cento dei casi – si legge nella mozione Mandelli – il test è stato eseguito per la presenza di sintomi correlati all’Hiv». Ma nel 12,9 per cento dei casi l’infezione viene scoperta solo in seguito ad accertamenti per altre patologie. Intanto le modalità di diffusione dell’infezione sono cambiate nel tempo. Ormai in Italia quasi l’85 per cento dei casi sono attribuibili a trasmissione sessuale. Nel 1985 rappresentavano solo l’1,7 per cento. Una difficoltà in più, nel Paese all’ultimo posto in Europa per l’uso del profilattico. Tra giovani, e non solo, c’è ancora una diffusa inconsapevolezza dei rischi. E l’idea che l’Hiv sia ormai un problema risolto non aiuta. «La malattia è ancora presente e fortemente in crescita in alcune popolazioni» spiegano i parlamentari. «Semmai non è più all’attenzione dell’opinione pubblica – scrive la senatrice Lenzi – con gravi conseguenze anche sul piano della prevenzione».
Talvolta la disinformazione diventa ignoranza. «Ancora oggi – si legge in uno dei documenti presentati al Senato – il 20 per cento delle persone crede che l’Aids sia la malattia di gay e tossicomani». Potenzialmente l’infezione riguarda gran parte della popolazione, eppure viene vista come qualcosa di distante. Il 37 per cento degli italiani non si è mai sottoposto al test Hiv. «Pesante – si legge nella mozione Lenzi – rimane lo stigma contro chi ha contratto la malattia». Il 40 per cento delle persone che convivono con l’Hiv non rivela ai familiari di avere il virus. E la discriminazione non guarda in faccia nessuno. È il caso dei figli contagiati durante la gravidanza. «Oggi ci sono 656 tra giovani e adolescenti che hanno acquisito l’Hiv dalla madre negli anni Ottanta e Novanta, che continuano ad essere emarginati dalla comunità e dalle istituzioni – si legge ancora – proprio perché manca informazione e consapevolezza sulla trasmissione del virus, che non impedisce le normali relazioni con gli altri».