Gli uomini e le donne sono diversi. E l’uguaglianza dei generi non la vuole nessuno

Vogliamo il diritto a qualsiasi identità sessuale, vogliamo superare gli stereotipi. Solo che alla fin fine, vuoi o non vuoi, cerchiamo sempre gli archetipi: maschio e femmina

Il matrimonio si dissolve, la coppia si apre, la famiglie si stringe, il divorzio si accorcia, il sesso si mescola. Eppure, non c’è lui senza lei. Vediamo crescere e avvampare il femminismo maschile e il sessismo specista. Siamo liquidi. Siamo bisessuali, trisessuali, F to M, M to F, vogliamo i bagni per chi non è maschio e non è femmina, vogliamo il riconoscimento di un terzo genere in cui navigare quando il nostro ci annoia, vogliamo il diritto alla sessualità culturale e vogliamo ripartire dalla sessualità indifferenziata. Vogliamo abolire (è accaduto a Oxford e in molti college anglofoni) Chaucer e Milton e inserire testi di donne al loro posto (senza considerare che di donne scriventi a loro contemporanee ce ne sono pochine e assai poco rilevanti).

Eppure, sempre di più, non c’è lui senza lei. Obama non sarebbe stato Barack Obama, il presidente degli americani e dei sogni di tutti gli altri, senza Michelle. I quarant’anni di Totti non sarebbero stati ricorrenza nazionale senza Hillary. Il discorso di commiato di Matteo Renzi, quando è caduto il governo, non ci avrebbe commosso se non avesse contenuto il saluto speciale ad Agnese.

Di Renato Brunetta non si parla quasi mai senza citare la moglie Tommasa Titti Giovannoni e i suoi tweet, spesso insultanti, contro Renzi, inoltrati da un account finto e poi smascherato, che il capogruppo di Forza Italia definì poi un gesto di “impegno civile”. I giornali scrissero “attenti a quei due”. Cinzia Sasso Pisapia, moglie dell’ex sindaco di Milano, Giuliano Pisapia, ha pubblicato un (meraviglioso) libretto, Moglie (UTET, 2016) in cui confessa di aver ceduto, dopo anni di reticenza, al matrimonio e di aver voluto lasciare il lavoro (era una firma di Repubblica) per dedicarsi alla vita familiare: “la sera ciò che voglio fare è aprire la porta a mio marito”. Lo sfascio tra Brad Pitt e Angelina Jolie non ci avrebbe turbato tanto se non fosse apparso come il tracollo dell’ultimo baluardo di un istituto che crediamo estinto e che, invece, vive un momento di complessa ridefinizione, ma pure di inaspettata energia.

Lo sfascio tra Brad Pitt e Angelina Jolie non ci avrebbe turbato tanto se non fosse apparso come il tracollo dell’ultimo baluardo di un istituto che crediamo estinto e che, invece, vive un momento di complessa ridefinizione, ma pure di inaspettata energia

La coppia accusava una stanchezza linguistica e aveva preso a rimandare a una barriera: ci siamo sbarazzati del nome e abbiamo preso a indicare le unioni come fossero addizioni. Romeo e Giulietta, nella trasposizione cinematografica di Baz Luhrmann (1996) era diventato “Romeo + Juliet”, ma non ci facemmo troppo caso, perché non c’era bisogno di ribadire che maschio + femmina = energia vitale. Oggi, però, è diverso: oggi non solo serve, ma è assai urgente.

Per questo, fa giubilare il titolo, perfetto, del nuovo libro di Franco Bolelli e Manuela Mantegazza, + donna + uomo (Tlon, 2017), marito e moglie, lui scrittore e lei sceneggiatrice, alla loro seconda, esplosiva, pubblicazione a quattro mani (la prima era Tutta la verità sull’amore, Sperling&Kupfer). Ben lungi dall’essere un’invocazione al ripristino del matrimonio o comunque dal muoversi all’interno della dialettica tra l’istituire e il demolire, finendo col propinare un manuale d’auto aiuto (come è in voga in questi tempacci), il libro di Bolelli e Mantegazza è un manifesto (e infatti il sottotitolo è proprio “un manifesto vitale”). Un bombastico, effervescente, inno alla differenza che aggiunge colore e vitalità a un filone che pure esiste – quello dell’esaltazione della differenza tra uomini e donne – ma che è rimasto sottotono perché i suoi prodotti non hanno saputo smarcarsi da una riflessione angosciata, perché è davvero difficile, oggi, scrivere di maschile e femminile senza risultare paternalisti e, soprattutto, perché non si offrivano, come in questo caso, esempi viventi, gioiosi, riusciti. “Crediamo alla differenza biologica fra femminile e maschile e crediamo la si debba valorizzare. Crediamo a un femminile e maschile capaci di ricollegarsi coi grandi archetipi e di reinventarli”, si legge nell’incipit.

E il libro mantiene la promessa di spiegare perché e come. Sfiduciare la differenza di genere, osservano gli autori, ha confuso archetipi con stereotipi, finendo con l’indebolire il motore del mondo, che è l’unione degli opposti per eccellenza: gli uomini e le donne. Opposti che non devono assorbirsi, ma temersi in quel modo quasi religioso che consente il mantenimento del senso di sé e del proprio ruolo. In una struttura sociale liquida come la nostra, la ferma consapevolezza di essere anche il frutto di un istinto, di una specificità biologica da cui deriva un preciso sguardo sul mondo e una precisa attitudine alla vita, è fondamentale per mantenere efficace l’intervento sulla realtà della nostra generazione. “Sbiadire la differenza biologica porta inesorabilmente a un definitivo errore antropologico”: una frase del genere, anche solo due anni fa, sarebbe stata probabilmente additata come slogan da sentinella in piedi.

Sfiduciare la differenza di genere, osservano gli autori, ha confuso archetipi con stereotipi, finendo con l’indebolire il motore del mondo, che è l’unione degli opposti per eccellenza

Oggi, forse, è diverso: siamo ancora sepolti nel solco del politicamente corretto, ma Mantegazza e Bolelli hanno intercettato un tempo maturo per la loro riflessione. Il maschio e la femmina di Mantegazza e Bolelli sono fieri (non orgogliosi) perché insieme sono tanto più forti quanto più rimangono diversi. “Insieme, moltiplicarsi, questo è il senso”. Anche fuori dall’unione, tuttavia, uomo e donna hanno da agganciarsi al proprio sesso come bussola della propria identità personale.

Totalmente bocciata e respinta, dunque, l’idea di un sesso come costruzione culturale, spintonata a forza nel femminismo di Judith Butler (una delle teoriche più importanti degli gender studies) che, in verità, ha più semplicemente sempre parlato di una definizione del sesso biologico non auto-evidente (questo per dire che il femminismo c’entra molto poco con le derivazioni succedanee che lo hanno mortificato e forzato: dopotutto, è stata una femminista, Camille Paglia, a scrivere che “senza modelli di uomini da abbracciare o a cui resistere, le donne non arriveranno mai a un centrato e profondo senso di sé stesse”). Attenti a quei due, hanno scritto di Brunetta e Titti Giovannoni: è esattamente a questo che “+ donna + uomo” auspica che signori e signore arrivino. A essere imprevedibili, trascinanti, creativi, misteriosi e accattivanti.

La fusione di donna e uomo non è solo un atto creativo, fondativo e generativo: è anche il momento in cui si genera quella differenza dalla quale dipanarsi e che è la benzina del motore della nuova condotta verso la riappropriazione di “archetipi virtuosi”. Sono necessarie donne più donne e uomini più uomini. Donne che rivoltino gli stereotipi con spirito di gioco, che non si imbarazzino ad appaltare il proprio tempo alla cura, all’introspezione e che, soprattutto, non si ostinino a misurarsi sui campi maschili: la prova che le competenze non hanno genere, non si attua mascherando il proprio. Donne che non trattengano gli eccessi e, anzi, li benedicano come espressione della propria specificità. E sono necessari, atresì, uomini che non abbandonino il “senso epico”, che ancora si sentano in dovere di proteggere, garantendo alle proprie compagne di accudire e accettando che quelle possano non avere bisogno del loro aiuto.

E chissà che questo sentire comune di riappropriazione e fedeltà al proprio genere, tanto negli uomini quanto nelle donne, non sia stato affatto neutralizzato dalle gender theories

Luisa Muraro, filosofa e femminista della differenza, nel suo ultimo libro L’anima del corpo, contro l’utero in affitto (La Scuola, 2016), scrive: “un aspetto importante del mio impegno politico è cambiare la realtà non con l’organizzazione ma a partire da quella che sono e che sto diventando con la fedeltà al mio essere donna”.

E chissà che questo sentire comune di riappropriazione e fedeltà al proprio genere, tanto negli uomini quanto nelle donne, non sia stato affatto neutralizzato dalle gender theories e non sia, invece, pronto a sbocciare prima del previsto come avvio, in fondo naturale e vibrante, verso il miglior mondo possibile. Le cronache mondane – scusate se è poco – sembrano già in pole position.

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