Caro Adinolfi, la vita senza porno è un’utopia bigotta

Se Adinolfi andasse al governo vorrebbe «una blacklist di siti pornografici da bloccare e rendere inaccessibili dall'Itala». Alla sua ispirazione cristiana sarebbe da obiettare che il sesso può essere anche concepito come piacere puro e fiotto liberatorio

Quando Mario Adinolfi ha messo al mondo delle edicole il primo numero del suo amato giornale “La Croce”, spinto da vera ammirazione, non ho potuto fare a meno di complimentarmi pubblicamente con lui e il suo genio. Il mio tweet augurale diceva pressappoco così: “Finalmente in Italia c’è un giornale di satira: La Croce”. Credo che Mario abbia perfino apprezzato quel mio sostegno morale, forse perfino retwittando l’augurio davvero mio sincero. Fino a quel momento infatti, nella storia della carta stampata di un certo peso morale nessuno si era spinto così avanti sul calvario della fantasia, fatta eccezione per lo scrittore assai cattolico francese Léon Bloy che, nel remoto 1885, seppe ordire un periodico chiamato “Le Pal”, nel senso del palo, inteso come tortura per gli empi, dove un tronco ben temperato viene introdotto nell’ano del reo per fuoriuscire dalla spalla, un supplizio lento e lancinante, così “per criticare duramente i vizi di una società conformista e imborghesita, ormai sull’orlo del precipizio” (sic).

Non disperiamo che pure Mario Adinolfi possa rendere sempre più perfettibile il suo grande estro giornalistico e comunicativo, come ha dimostrato fin dal tempo in cui era un “giovane blogger” e in seguito quando ottenne, con nostra immensa soddisfazione, il seggio in Parlamento con il PD, ovvero ciò che gli spettava di diritto. Dimenticavo, sempre di Mario Adinolfi è la creazione del vivace movimento Popolo della Famiglia, con tanto di simbolo – papà-mammà-bimbo-bimba a tenersi per mano – e motto: “No gender nelle scuole”.

Qualora Adinolfi “andasse al governo del Paese” è sicuro che con il suo esecutivo realizzerebbe “una modesta proposta”, cioè, parole sue, «una blacklist di siti pornografici da bloccare e rendere inaccessibili dall’Italia, va varata una legge ad hoc che stabilisca l’orizzonte normativo con cui se ne vieta la consultazione dal territorio del nostro Paese». Questo perché “i danni che l’industria della pornografia produce sui nostri figli” sarebbero a suo dire incalcolabili. «Già nella pre-adolescenza grazie al consumo gratuito via web l’immaginario sessuale dei nostri figli si forma su stereotipi dettati da quell’industria. L’oppressione sessuale secondo alcuni dettata dai comandamenti delle autorità religiose, si è trasformata in liberazione sessuale perché i comandamenti ora li detta il porno ai dodicenni? A farne le spese per prima, come sempre, la donna. Costretta ad avere rapporti sessuali precoci sempre più spinti, delimitata dentro il diktat estetico proposto dal porno, capace di promiscuità che diventa valore: darla via subito, darla a tutti. Il sesso torni ad essere anche mistero e seduzione, scoperta dell’altro e, udite udite, amore».

Effettivamente, di fronte al trisillabo Amore, perfino il peggiore Franti, ripensando magari alla celeberrima medaglietta d’oro di un tempo – “più di ieri, meno di domani” – trova l’obbligo morale di arrendersi, cadere in ginocchio ai piedi del crocifisso; certo, volendo non sottilizzare, ci sarebbe anche da obiettare che il sesso può essere anche concepito come piacere puro, fiotto liberatorio, e che perfino l’attività onanistica, cioè le “seghe” e i “ditalini” appartengono da sempre alla più felice e spensierata avventura del genere umano (e qui non c’è neppure bisogno di citare Gianna Nannini con “America” o Dalla con “Disperato erotico stomp”), la stessa che neppure il gran cordone chiodato o il dito ammonitore di tutte le chiese riunite sono mai riusciti a smontare e sottomettere, o no? Adinolfi sa però il fatto suo, infatti di questa sua impresa disperata ciò che va laicamente apprezzato è proprio il suo carattere utopico, l’apparente bizzarria, se non l’improponibilità dell’assunto stesso di partenza.

Se Adinolfi andasse al governo del Paese realizzerebbe una modesta proposta: «una blacklist di siti pornografici da bloccare e rendere inaccessibili dall’Italia». Ci tiene davvero alla sua ispirazione cristiana, e crede che l’industria pornografica crei danni irreversibili sui nostri figli. Si potrebbe obbiettare che il sesso può essere anche concepito come piacere puro

A coloro che dovessero dubitare della determinazione di Mario Adinolfi, ritenendo magari che l’uomo, il politico, il polemista, il giocatore di poker (è un asso della specialità, partecipa perfino ai tornei di Las Vegas), il padre e marito esemplare (la sua compagna, Silvia Pardolesi, è pittrice e un vero splendore di ragazza già campionessa di ginnastica artistica) “più che esserci, ci fa” (cit.), siamo costretti a consegnare un dettaglio autobiografico: sarà stato il 2007 quando insieme ci trovammo ospiti di Gianfranco Funari in televisione, con noi c’era anche, bellissima salvo quelle sopracciglia da “muppet”, Ilona Staller. A parte quel dettaglio secondario, rammento che non ho potuto fare a meno di commentare la perfezione somatica di Cicciolina, dissi testualmente «che pochi visi riescono ad accogliere la luce come il suo, così da dare un’impressione mariana». Nel senso della Vergine, dell’Assunta. A quel punto, assai garbatamente, Mario aggiunse che forse stavo esagerando, si scosse sulla poltrona lì in studio e tuttavia sorrise, così compresi che l’uomo, il marito, il blogger tiene davvero alla sua ispirazione cristiana, cattolica, apostolica, romana, tridentina, preconciliare, giansenista, ecc.

Così sia!

Ciononostante, come laicità pretende, qualora Adinolfi, facendo ritorno alle soluzioni prospettate dall’irreprensibile Léon Bloy, chiedesse d’essere aiutato a portare un palo al Circo Massimo in occasione del prossimo “Family Day” non potrei esimermi da farmi trovare sotto casa sua con la mia Opel “Agila” per dargli una mano, così sul far della sera.

Lo farei un po’ con la morte nel cuore, così gli occhi starebbero incollati alle facciate delle case, alle finestre illuminate, immaginando in ciascun appartamento l’ultima notte in cui le pupille poterono godere dei servizi di YouPorn o di Tube Galore. E addio per sempre, come recitava un celebre ignobile poema da vespasiano, a “snudare il banano con l’agile mano”.

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