Se c’è una cosa che va riconosciuta a Pippo Civati, leader e segretario di Possibile, è la coerenza. Oggi nel centrosinistra va di moda parlare di scissione, ma lui è uno dei pochissimi ad aver fatto davvero un passo indietro. Il deputato lombardo ha lasciato il partito un paio di anni fa, in opposizione alla linea renziana. Fondando un movimento che oggi conta più di 200 comitati in tutta Italia.
Onorevole Civati, onore al merito. Anticipando di quasi due anni il dibattito in corso nel centrosinistra, lei è stato tra i primi a lasciare il Pd.
Purtroppo sono stato anche l’unico, o quasi. Peccato che nel frattempo, da dentro e da fuori il partito, nessuno sia riuscito a fermare il percorso avviato da Matteo Renzi a Palazzo Chigi. Non lo dico con presunzione, ma con amarezza. I segnali andavano dati prima. Ormai forse è tardi. E anche il dibattito sulla lista D’Alema e sulla leadership di Emiliano rischia di non interessare più nessuno.
Lei ha lasciato il Pd nel maggio 2015. Ricorda cosa è successo? All’epoca qualcuno cercò di fermarla?
No, nessuno. Hanno preferito occultare la situazione, negare qualsiasi legittimità al dissidente. Scherzando l’avevo detto: “Vado via da solo, ma sarò il vostro senso di colpa”. E invece non c’è stata alcuna riflessione. Non solo sul mio caso, però. Nel Pd si sono dimenticati anche di un sacco di elettori. E non è difficile capire dove sono andati, visto che ormai i Cinque Stelle sono arrivati al 30 per cento.
Non ha mai sentito neppure Renzi? Un tempo eravate molto vicini…
No. Da quando ha fatto fuori Enrico Letta a Palazzo Chigi non ci siamo mai sentiti.
Oggi ovviamente lei conferma la scelta fatta quasi due anni fa, o ci ha ripensato?
La mia profezia purtroppo si è avverata. Ma a essere sincero non pensavo che finisse così male. Mi riferisco alla sconfitta referendaria del 4 dicembre. Alle valutazioni che sono state fatte dopo quella vicenda. Anche a quello che Renzi continua a dire…. Si sono superate persino le peggiori aspettative. Di sinistra cosa è rimasto? Niente.
«Quando ho lasciato il Pd, scherzando l’avevo detto: “Vado via da solo, ma sarò il vostro senso di colpa”. E invece nel partito non c’è stata alcuna riflessione. Non solo sul mio caso, però. Si sono dimenticati anche di un sacco di elettori. E non è difficile capire dove sono andati, visto che ormai i Cinque Stelle sono arrivati al 30 per cento»
Intanto il segretario del Pd si prepara al voto anticipato. Secondo lei quando si torna alle elezioni?
Il problema vero è che dopo quattro anni c’è ancora chi chiede di fare in fretta una legge elettorale. È il colmoL’ex presidente Napolitano ammette che in un Paese civile si voterebbe solo al termine della legislatura. Quindi lei è sulla stessa posizione?
Io non sono mai sulle posizioni di Napolitano, sono per la ragionevolezza. Bisogna dare al Paese uno strumento serio ed efficace.Se si andasse al voto anticipato, nel giro di una sola legislatura il Pd archivierebbe il terzo governo guidato da un esponente del partito. È un primato.
Ricordate quando in campagna elettorale Renzi si lamentava che in Italia si sono succeduti 63 governi in 70 anni? Ecco, lui in tre anni è riuscito a battere tutti i record. È diventato come i peggiori segretari della Dc. In questi giorni, però, assicura con grande leggerezza che quando tornerà a Palazzo Chigi abbasserà l’Irpef. Ma perché, adesso chi c’è al governo, un alieno?La riforma costituzionale è stata bocciata, l’Italicum archiviato. Cosa resterà dell’esperienza di governo renziana?
Qualcuno cantava: “Cosa resterà di questi anni Ottanta”? Gli ottanta euro, appunto. Quella era un’intuizione giusta, per aiutare le fasce più deboli. Ma non controllata, visto l’esito. Per il resto rimangono ricette molto vecchie, di un tardoliberismo straccione, tipo i bonus. Ma da parte mia non c’è alcun compiacimento, lo ripeto. Abbiamo sprecato un’occasione.Lo scenario a sinistra resta frammentato. Fuori dal Pd, come il suo movimento, c’è Sinistra Italiana.
Adesso ci sarà un congresso, anche loro devono chiarire dove vogliono posizionarsi. Noi di Possibile siamo a disposizione per lanciare insieme una sfida politica.Nelle scorse settimane qualcuno ha ipotizzato la nascita di un altro soggetto politico guidato da Giuliano Pisapia. Esterno ma dialogante con il Partito democratico.
Quello sarebbe un controsenso. Non mi sembra ci sia molto spazio.«In questi giorni Matteo Renzi assicura con grande leggerezza che quando tornerà a Palazzo Chigi abbasserà l’Irpef. Ma perché, adesso chi c’è al governo, un alieno?»
E allora anche lei è pronto a seguire la suggestione di una lista D’Alema, in uscita dal Partito democratico?
Più che seguirla, nel mio caso mi sembra di averla anticipata. Guardi, va benissimo che D’Alema diventi il punto di riferimento di chi vuole uscire dal Pd. Segnalo, però, che al momento sono ancora tutti dentro. Facciamo le cose seriamente. Noi di Possibile proponiamo di ritrovarci e discutere. Definiamo un progetto di governo, una cultura politica. Cosa chiediamo agli elettori, cosa promettiamo? Discutiamo di fisco, economia, Europa. Se si trova una direzione di marcia non servirà nemmeno fare un partito. Noi siamo aperti e disponibili, ma per fare cose serie.In questi giorni si parla di Michele Emiliano come leader anti-renziano. Le piace?
Anche con Emiliano, se dovesse uscire dal Pd, faccio lo stesso discorso. Serve un progetto, bisogna definire una cultura politica. Ricordo quando al congresso mi mollò per stare con Renzi… Io non ho alcuna preclusione nei suoi confronti, sono pronto a confrontarmi . Ma bisogna decidere cosa vogliamo fare.Non si sa ancora quando si tornerà al voto, forse è presto per immaginare uno scenario. Ma a quale sinistra pensa per il futuro?
L’obiettivo è avere solo una sinistra. È da sempre un progetto di Possibile, spero che lo sia anche di Sinistra Italiana. Una sinistra che sia composta da una squadra di persone, prima di essere ossessionata da un leader. Una sinistra che faccia cose radicali in risposta alle necessità del Paese, ma che le sappia spiegare. Ci vedo dentro anche le realtà attive per il No al referendum, il mondo dell’ambientalismo… Bisogna aprire a persone comuni, non solo al ceto politico. Cerchiamo candidati nella società, non solo tra gli iscritti.